La versione di Marrazzo

Concita De Gregorio intervista su Repubblica l'ex presidente del Lazio, che spiega com'erano andate le cose due anni fa

Oggi su Repubblica c’è un’intervista di Concita De Gregorio a Piero Marrazzo, giornalista ed ex presidente della Regione Lazio, dimessosi negli ultimi mesi del 2009 in seguito a una vicenda che lo aveva visto ricattato da alcuni carabinieri, oggi sotto processo, che lo avevano sorpreso e filmato a casa di una transessuale.

Nel corso di questa intervista, iniziata la sera del primo turno delle amministrative di maggio con le proiezioni che continuamente irrompevano dai cellulari e finita ad agosto a Monterano, borgo abbandonato dove è nata una quercia dentro una chiesa disegnata dal Bernini, Piero Marrazzo ha detto ventiquattro volte “perché io sono il figlio di Joe Marrazzo”.

L’ultima volta – era il giorno del congedo di Paolo Ruffini dall’azienda – lo ha detto a proposito della Rai: “Perché io sono entrato per la prima volta alla Rai da bambino per mano a mio padre”. Nei primi due incontri, segnati dalla sua estrema diffidenza e in definitiva dal tentativo reciproco di capire se saremmo riusciti a parlare della “cosa”, ha raccontato solo della sua famiglia.

Del padre, del padre e poi ancora del padre, per ore. Della madre americana, la cui vita è un romanzo. Delle figlie ragazze, i loro studi. Con grandissima prudenza della moglie Roberta, “certo che la amo ancora, come sempre”. In ultimo della loro figlia bambina. Il secondo incontro è finito così, con una lunga pausa alla domanda “come ha raccontato quello che è successo a sua figlia di dieci anni?”. Dopo un paio di minuti ha risposto: “Le ho detto che papà è andato alla festa sbagliata”. Poi due mesi di silenzio, come se quella frase fosse stato tutto quel che c’era da dire.

Al suo ritorno da un viaggio in Armenia – ha ricominciato a girare documentari per la Rai – ci siamo incontrati di nuovo. Grotta romana di Stigliano, il luogo dove i soldati feriti andavano a recuperare le forze e a curarsi. Catacombe da cui si esce risorti. “Magari funziona”, sorride. Una settimana prima otto persone, tra cui tre carabinieri, erano state rinviate a giudizio per tentata estorsione ai suoi danni.

Soddisfatto?
“Come potrei essere soddisfatto? Sono due anni che vivo solo, che non parlo di questo con nessuno, che provo a ritrovare il bandolo della vita. Sono il figlio di Joe Marrazzo, ce la farò. Ce l’ho fatta già. Ma la soddisfazione, mi creda, in questa storia non è contemplata”.

Un paio d’ore più tardi ne abbiamo parlato. Avrei solo sei o sette domande, gli ho detto. Cos’è successo davvero quella sera, perché, cosa non si perdona, a chi attribuisce le responsabilità, cosa le è successo nella vita politica e privata in quei mesi, come pensa il futuro, se la politica la tenta ancora o se è una storia finita. Va bene? “Va bene. Ma solo perché in cima o in coda a queste domande c’è una sola cosa che sento di dover dire. Pubblicamente, alle persone che si sono fidate di me”.

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