Il giornalismo secondo Andrew Sparrow

Europa ha intervistato l'uomo che fa i liveblogging sul Guardian, premiato come giornalista britannico dell'anno

Andrew Sparrow è un giornalista del Guardian ed è l’uomo che per il Guardian cura i liveblogging. Sparrow si occupa soprattutto di quelli politici, molto seguiti soprattutto a ridosso delle elezioni politiche in Gran Bretagna e apprezzati per la loro precisione e per la loro rapidità. Il metodo del liveblogging, più volte utilizzato anche qui sul Post, permette infatti di coprire con efficacia i grossi eventi caratterizzati da un grosso flusso di notizie in tempo reale. Sparrow è stato premiato come giornalista britannico dell’anno, Filippo Sensi lo ha intervistato per il quotidiano Europa.

Il giornalista politico dell’anno sotto il Big Ben non è un passista da Transatlantico o un retroscenista dall’agendina chilometrica, ma un tipo affilato, quasi monacale, che raramente lascia il tavolo da lavoro e il computer sempre acceso. Si chiama Andrew Sparrow ed è l’uomo che per il Guardian ha inventato (o meglio reinventato) il liveblogging, la copertura in diretta online dell’attualità politica, utilizzando le fonti più diverse, da Facebook a Twitter, da documenti e convegni istituzionali ai pettegolezzi dei corridoi. Westminster, un tempo cerchio magico per pochi iniziati con le sue liturgie e le sue leggi, viene quotidianamente squadernato come un rullo di notizie senza fine dalla abilità del quarantaquattrenne Sparrow che raccoglie e sottolinea, scopre e scava, prendendo attimo per attimo il battito cardiaco della politica britannica.

Ora che ha vinto il Pulitzer del giornalismo inglese, un successo che segna un cambio di stagione importante nel mondo dell’informazione europea, Sparrow e il suo liveblog viene visto anche da noi come un modello giornalistico originale, da imitare, riprendere e capire.

Quando hai cominciato a seguire in diretta su Internet la politica parlamentare?
Sono entrato al Guardian nel 2008 come giornalista per Internet. All’epoca seguivamo con il liveblog solamente il question time del premier o le nottate elettorali, tutto qui. Poi ho cominciato ad andare in diretta con maggiore regolarità – per le audizioni in commissione, i rimpasti di governo, le finanziarie, i discorsi – ma si trattava sempre di occasioni speciali. Soltanto durante la campagna elettorale dell’anno scorso ho iniziato a tenere un liveblog ogni giorno, seguendo tutte le notizie politiche. Pensavamo sarebbe tornato utile solo sotto elezioni, ma è andato così bene che da allora siamo andati avanti quotidianamente.

Come ti dividi nell’arco della giornata? Il tuo liveblogging dà un’idea di ubiquità. Sembri arrivare dappertutto…
La maggior parte delle mie informazioni le ricavo in maniera digitale, attraverso Twitter, gli RSS (gli aggiornamenti, ndr), la posta elettronica, la tv e le agenzie di stampa. Passo perciò la maggior parte del mio tempo al desk. Capita di portarmi appresso un laptop e di postare direttamente da una conferenza stampa o da un incontro, ma di solito preferisco stare alla mia scrivania, perché il computer è più veloce. Non mi capita più di portare a pranzo i politici. Però lavoro nella sala stampa della House of Commons, e spesso incontro politici e spin doctor che si aggirano per “briefare” i giornalisti. Vado anche alle conferenze a Westminster.

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