“Una lunga serie di programmi di partito”

Gabanelli spiega perché la proposta di alternare i conduttori dei talk show è una pericolosa sciocchezza

Alessio Butti è un senatore del PdL, membro della Commissione parlamentare di vigilanza sulla RAI. Negli ultimi giorni si è parlato di una sua discutibile proposta per tutelare il pluralismo nei talk show politici. Per quanto sballata, non si può fare a meno di prendere la proposta sul serio: Butti è il relatore di maggioranza in commissione e la proposta della rotazione per i conduttori è stata inserita nella bozza del nuovo atto di indirizzo sul pluralismo attualmente in discussione. Oggi il Corriere della Sera pubblica una lettera di Milena Gabanelli, conduttrice di Report, che spiega perché si tratta di un’idea che non sta in piedi.

Caro direttore, la politica sembra ossessionata dalla televisione. Alessio Butti, con il suo nuovo testo di indirizzo, intende mettere ordine nell’informazione Rai e normare i palinsesti, i giorni in cui mandare o non mandare in onda un programma, gli ospiti da invitare, i temi da trattare o non trattare. Fra i vari provvedimenti c’è quello di alternare i conduttori perché parte dal presupposto che non abbiano un pensiero indipendente e che siano quindi portatori della propaganda di partito. Se il presupposto è questo, allora occorre andare fino in fondo e non limitarsi a Santoro, Floris o alla sottoscritta, ma completare il progetto ed estenderlo a tutta l’offerta informativa Rai: dall’Annunziata a Vespa, da Paragone ai direttori del Tg1, Tg2, Tg3, delle Tribune, di Rainews, Rai International, fino ai Tg regionali, dove la rotazione andrebbe estesa anche ai caporedattori regionali. Una settimana o un mese a testa. Certo, sarà un po’ complicato fare tutto questo «mantenendo le stesse risorse esistenti» , come dice Butti. Se Sallusti si alterna con Santoro, si terrà Ruotolo e Formigli? Non credo, si porterà ovviamente il suo team di vedute opposte. Se Belpietro sostituisce Floris, dovrà almeno cambiare la disposizione dello studio, trovare un nome diverso da «Ballarò» , altri autori, un’altra sigla. Quindi, bisogna mettere in conto il raddoppio dei costi. Il risultato sarà una lunga serie di programmi di partito che, secondo il Butti-pensiero, si chiama pluralismo informativo.

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