L’Organizzazione Mondiale della Sanità serve ancora a qualcosa?

Foreign Policy fa il punto sulla sua crisi, e su cosa dovrebbe fare per recuperare un ruolo incisivo

L’epidemia di colera che negli ultimi tre mesi ha fatto oltre tremila morti ad Haiti è tornata a far discutere del ruolo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – l’agenzia specializzata dell’ONU per la salute – e delle sue reali capacità d’intervento in situazioni d’emergenza.

Foreign Policy ha affrontato l’argomento in un lungo articolo intitolato “L’OMS sta diventando irrilevante?”, in cui analizza i motivi dell’inefficacia della sua azione e quello che dovrebbe fare per tornare a esercitare un ruolo decisivo nella lotta contro le malattie.

L’organizzazione mondiale della sanità oggi è antiquata, sottofinanziata e politicizzata. In un mondo di rapidi cambiamenti tecnologici, l’OMS si muove con la velocità della burocrazia. I suoi consigli alle autorità sanitarie sono troppo spesso infangati dal bisogno di consenso. Le promozioni sono inseguite alla stregua di premi politici. Povera di risorse, l’organizzazione è stata spesso accusata di essere troppo influenzata dalle grandi case farmaceutiche. In un mondo in cui fondazioni, ong e il settore privato stanno trasformando la sanità globale, l’OMS semplicemente non si è saputa adattare. E non si tratta semplicemente del fatto che l’OMS sta perdendo il suo smalto. Nell’insieme, questa miriade di disfunzioni la stanno rendendo sempre più irrilevante nell’ambito della sanità mondiale.

Secondo l’analisi di Foreign Policy, la crisi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è da attribuire principalmente alla sua incapacità di adattarsi a una realtà politica e storica completamente diversa da quella degli anni in cui fu istituita: l’OMS fu fondata il 7 aprile del 1948.

Nuove medicine, nuovi vaccini e nuovi metodi diagnostici hanno irrobustito la professione medica. I governi nazionali non sono più gli unici amministratori della sanità pubblica, nuovi soggetti sono entrati a far parte dello scenario, sia pubblico che privato. Il Global Fund per la lotta contro Aids, tubercolosi e malaria, per esempio, ha soltanto otto anni eppure guida la lotta a queste malattie. La fondazione di Bill Gates ha rivoluzionato la sanità globale, investendo tredici miliardi di dollari nella ricerca su vaccini per malaria, AIDS e  trattamenti per la tubercolosi. Perfino il governo degli Stati Uniti è entrato a far parte di questo cambiamento, avviando un programma per la lotta all’AIDS che in dieci anni ha permesso di curare 3,2 milioni di persone grazie a un investimento complessivo di 25 miliardi di dollari. Quello che differenzia questi sforzi pionieristici dall’OMS è che si tratta di interventi agili, ben finanziati e meno frenati dalla burocrazia. È difficile vedere come l’OMS potrebbe competere. Con le sue risorse limitate, è rimasta intrappolata: non sta più dettando l’agenda della sanità mondiale, sta faticosamente cercando di sopravvivere.

Un altro problema poi è quello del personale, che non sarebbe più così preparato come una volta.

La più grande risorsa dell’OMS era la sua oggettiva competenza, la sua capacità di trarre conclusioni e disseminarle velocemente in modo apolitico. Sfortunatamente, questa competenza sta iniziando a sparire. Oggi l’organizzazione scarseggia di esperti su cancro e diabete, due delle malattie più diffuse in un mondo che invecchia. Il suo network di esperti di AIDS è a rischio a causa della mancanza di fondi, e anche se i fondi arrivassero ci sarebbero comunque ostacoli. Le Nazioni Unite costringono l’organizzazione a mantenere un equilibrio linguistico e geografico, che può ostacolare e rallentare l’assunzione di esperti chiave. E quelli che non vengono assunti dall’OMS vengono rapidamente inglobati dai nuovi soggetti che operano nel campo della sanità globale.

C’è poi un problema strutturale, che tende a rallentare tutte le attività e le decisioni prese dall’OMS, che è governata da 193 stati membri attraverso l’Assemblea mondiale della sanità (WHA), convocata annualmente in sessioni ordinarie nel mese di maggio.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità non è una singola entità, ma funziona come una federazione composta da sei uffici regionali, ognuno guidato da un direttore eletto dai paesi che appartengono a quella regione geografica, come Africa o Sud-est Asiatico. Questi sei direttori esercitano la loro autorità all’interno delle loro aree di competenza e a volte in conflitto e in competizione con il direttore della sede centrale dell’organizzazione a Ginevra, complicando le relazioni e il coordinamento.

Per questo, secondo Foreign Policy, l’OMS dovrebbe cercare di andare verso un approccio che privilegi di più l’indipendenza d’azione dei singoli paesi. Al momento, infatti, lo staff dell’OMS si limita a far parte dei vari ministeri della sanità. Se invece rafforzasse l’azione del suo personale a livello locale, potrebbe distribuire consigli tempestivi, accurati e praticabili dove ce n’è più bisogno. E invece di limitarsi a dare consigli ai vari ministeri della sanità su come combattere il colera ad Haiti o l’ebola in Africa, potrebbe consigliare con molta più efficacia le ong, sia locali che internazionali, che operano già sul campo e che stanno già combattendo quelle epidemie. Il che gli consentirebbe anche di creare relazioni più forti con associazioni private come Medici Senza Frontiere o Partners in Health, che già lavorano allo sviluppo di programmi sanitari d’avanguardia. In questo modo, invece di rischiare di essere messa fuori gioco dall’arrivo di nuovi soggetti, potrebbe riuscire a portarli sotto la sua ala e quindi a rafforzarsi.

Foto: MASSOUD HOSSAINI/AFP/Getty Images