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  • Giovedì 21 ottobre 2010

Lasciate perdere Hitler

I tea party continuano a paragonare Obama a Hitler, lo Spiegel chiede loro di darci un taglio

Raccontando il fenomeno politico dei tea party – il movimento ultra conservatore che guida l’opposizione repubblicana all’amministrazione Obama, negli Stati Uniti – molti commentatori in questi mesi ne hanno evidenziato i tratti più folcloristici, i complottismi di ogni genere, i personaggi bizzarri. Una delle candidate sostenute dai tea party, Christine O’Donnell, a un certo punto ha dovuto fare un spot televisivo la cui prima frase era: “Non sono una strega”. Per dire del livello, insomma.

Il tono surreale dei tea party si accompagna sempre a una critica feroce verso Barack Obama e la sua amministrazione, espressa con un continuo paragonare il presidente americano un giorno ai socialisti sovietici e un giorno ai nazisti tedeschi, un giorno a Vladimir Lenin e un giorno ad Adolf Hitler. Si tratta evidentemente di una rozza deformazione della realtà: del noto artificio retorico della reductio ad hitlerum trasformato in argomento di campagna elettorale. Il paragone tra Obama e Hitler in questi mesi non è stato confinato a un gruppetto di esagitati estremisti: è finito sui cartelli alle manifestazioni, è stato ripetuto sui talk show di Fox News, è stato urlato alla radio, è stato affisso sui poster elettorali.

Ora, se la questione vista dagli Stati Uniti è stata molto discussa e analizzata, fino a questo momento non c’era stata altrettanta attenzione nei confronti della reazione della Germania e dei tedeschi relativamente all’utilizzo di un pezzo dolorosissimo della loro storia per finalità così pretestuose. Specie considerato che quanto successo negli anni Trenta e Quaranta è per la Germania tutt’altro che una ferita chiusa: per dire, solo pochi mesi fa raccontavamo delle reticenze che hanno i tedeschi a cantare l’inno nazionale prima delle partite di calcio, visti i brutti ricordi evocati dall’esaltazione dello spirito patriottico. Insomma, la questione è interessante e oggi è affrontata da un lungo articolo sulla versione in inglese dello Spiegel, il maggiore settimanale tedesco.

La destra americana ha sviluppato l’abitudine a inserire un po’ di storia tedesca nei propri discorsi. I paragoni con Hitler abbondano, e di recente ha fatto la sua comparsa persino una citazione del muro di Berlino. Ora siamo addirittura ai riferimenti all’Olocausto, ignoranti e offensivi. E quindi è meglio che si fermino qui.

L’articolo dello Spiegel è molto severo, e ricorda che in Germania simili paragoni per un politico sono praticamente radioattivi: chi li tocca muore. Nel 2002 l’allora ministro della giustizia tedesco Herta Däubler-Gmelin criticò Bush dicendo che le guerre in Afghanistan e in Iraq servivano “per distrarre la gente dai problemi interni” e che si trattava di “un metodo molto diffuso: Hitler fece la stessa cosa”. Successe un pandemonio, e Däubler-Gmelin fu costretta a dimettersi.

L’estrema destra statunitense ha evidentemente tutt’altra sensibilità per l’argomento. A giugno l’editorialista Thomas Sowell ha sostenuto che la sanzione comminata dall’amministrazione Obama alla BP per il disastro petrolifero era una decisione di stampo hitleriano, le sue dichiarazioni furono sostenute da Sarah Palin e dal deputato repubblicano Louie Gohmert. I poster con le facce di Hitler e Obama non si contano, alle manifestazioni dei tea party. Glenn Beck non riesce a concludere una puntata del suo show se prima non paragona il presidente statunitense al Führer. Sarah Palin ha detto che la riforma sanitaria promossa da Obama istituisce “le commissioni di morte”. La settimana scorsa, come dicevamo, ha fatto capolino anche il muro di Berlino. Joe Miller, un candidato al senato per l’Alaska, ha detto che per risolvere il problema dell’immigrazione clandestina dal Messico gli Stati Uniti dovrebbero tirar su un bel muro lungo il confine. “La Germania Est riuscì a ridurre del tutto il flusso degli immigrati: se l’hanno fatto loro, possiamo farlo anche noi”.

Probabilmente è normale che i tedeschi siano più sensibili degli americani, nell’utilizzo di queste espressioni. E la stessa Seconda guerra mondiale rappresenta un evento fondamentale nella percezione che gli americani hanno di se stessi. Ma c’è una ragione fondamentale per cui i politici tedeschi del presente evitano di fare paragoni con i nazisti o i comunisti, e se lo fanno ci rimettono il lavoro. Non puoi parlare di Hitler senza far riferimento al massacro sistematico e unico che è stato l’Olocausto. Allo stesso modo, non puoi parlare del muro di Berlino e della Germania Est senza dimenticare la spaventosa oppressione con cui il regime vessava i suoi cittadini.

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Sapete perché la Germania Est “riuscì a ridurre del tutto il flusso degli immigrati”?, chiede lo Spiegel agli americani. Non solo a causa del muro: d’altra parte diversa gente riuscì a scappare (tra l’altro scappavano via dalla Germania Est, non volevano entrarci). È perché molti non avevano il coraggio di provare: se venivano presi, venivano uccisi. E insieme al muro arrivarono i cani addestrati a sbranare gli uomini, le guardie armate con l’ordine di sparare per uccidere, le mine e un sistema di spionaggio violento e invasivo che sorvegliava ogni aspetto della vita dei cittadini.

Finita l’invettiva, l’editoriale dello Spiegel tenta di spiegare persino con pazienza che per la maggior parte dei tedeschi simili affermazioni sono un colpo violento.

In Germania è impossibile non aver visitato almeno un campo di concentramento prima della fine degli studi: e non sono bei posti da visitare. Non tanto per i luoghi in sé, ormai ridotti in vuoti e diroccati stanzoni, bensì per gli orrori mostrati nei musei, nelle documentazioni esposte. Immagini di camion pieni di corpi emaciati, immagini di centinaia di migliaia di cadaveri bruciati, plotoni di fucilazione, gas tossici.

Lo scorso 5 ottobre, Glenn Beck ha detto che le preoccupazioni della Casa Bianca per la sovrappopolazione del pianeta e il riscaldamento globale sono espressione “della stessa filosofia che portò ai programmi di sterminio e all’Olocausto”. A giugno, invece, Glenn Beck disse che le foto di bambini con i cartelli per Obama “venivano dall’album di famiglia del Terzo Reich, la Gioventù hitleriana”.

Ora, scrive lo Spiegel, si può certamente perdonare a Glenn Beck e i tea party il loro odio per Barack Obama. Molti democratici, d’altra parte, odiavano visceralmente e rumorosamente George W. Bush. Ma è difficile credere che persino il più esagitato sostenitore dei tea party possa sostenere che Obama possa uccidere deliberatamente sei milioni di persone così come fece Adolf Hitler. Le parole contano, diceva quello là, e il punto non è solo che è il paragone è offensivo e sbagliato, scrive lo Spiegel. Il punto è che l’utilizzo pretestuoso e vigliacco del “più orribile capitolo della storia del genere umano” finisce per relativizzarlo, per sminuirlo, per farlo diventare parte del contesto. Finisce che chi non ne sa abbastanza pensa che non era poi così male, il nazismo, se era come Obama. “È una strada molto pericolosa e tutti i politici, a prescindere dalla loro appartenenza, dovrebbero evitarla. I tea party dovrebbero mettere giù le loro mani dalla storia della Germania”.