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  • Domenica 10 ottobre 2010

In Francia parte “Hadopi”, ma un provider fa ostruzione

Sono partite le prime mail di avvertimento dell'Hadopi, la legge francese per la protezione del copyright su Internet; i trasgressori, colpevoli di download illegale, saranno puniti con il blocco della connessione

di Francesca Barca

Venerdì 1 ottobre sono partite le prime mail di avvertimento legate a Hadopi, la legge che favorisce la diffusione e la protezione della creazione su Internet (Loi favorisant la diffusion et la protection de la création sur Internet). Creata nel maggio del 2009 dal Governo francese, l’Hadopi ha dato anche il nome all’autorità che si occupa, appunto, della protezione del copyright e della regolazione del controllo degli accessi a Internet. Da quasi due anni, ormai, si discute della legge, da più parti considerata liberticida: al terzo avvertimento (una mail e due lettere raccomandate) all’utente «sarà bloccata la connessione web».

L’opposizione di un Internet provider

Lunedì 4 ottobre scorso l’autorità ha confermato la partenza delle prime mail di avvertimento. Secondo il sito francese PcImpact i primi fornitori di accesso ad Internet (Fai) ad aver inviato le mail in questione sono Numericable e Bouygues Telecom. Martedì dovrebbero essere partite anche quelle di Sfr e di Orange. Free, altro grosso operatore telefonico francese, ha fatto sapere attraverso il suo servizio stampa, che non invierà le mail. Perché? Secondo Rue89 si tratta di una ragione morale, ma con un tornaconto economico. Free sostiene di aver mandato all’Hadopi e al Ministero della Cultura una lettera chiedendo, nel rispetto dei dati personali degli utenti, la firma di una convenzione tra i Fai e l’Hadopi. Effettivamente, l’articolo 8 del decreto del marzo 2010 relativo al trattamento automatizzato dei dati pervede, appunto, la firma di una convenzione con gli operatori che garantisca «la sicurezza e la garanzia dei dati raccolti». Il decreto non è mai stato firmato e Free temporeggia.

Ma dov’è il tornaconto economico? Un decreto del luglio 2010 impone, infatti, ai Fai di inviare i dati (leggi nomi) degli indirizzi Ip “pirati” entro otto giorni dalla “scoperta” all’Hadopi. Tutto questo lavoro, secondo i Fai, è estremamente lungo e dispendioso. Motivo per il quale i fornitori Internet hanno chiesto, ancora senza successo, dei contributi statali per sostenere queste spese. Inoltre, se i dati arrivano in ritardo, è prevista una multa di 1500 euro. Visto che il decreto non precisa come questi dati debbano arrivare, anche qui Free sta facendo ostruzionismo: i dati che invia sono tutti in forma cartacea. «Se gli altri hanno deciso di collaborare, noi ci accontentiamo di rispettare la legge», ha dichiarato lunedì scorso Xavier Niel, fondatore di Free. La risposta di Hadopi a Free non si fa attendere: secondo l’Autorità Free non sta rispettando la legge, sulla base della convezione adottata – ma non firmata secondo Free – quest’estate. Inoltre, secondo Hadopi, Free «tiene in ostaggio i suoi abbonati» perché non inviando le mail non informa la persona di essere stata “trovata”. Ma il  “pirata” ricevera poi il secondo avvertimento, questo inviato per via postale, riporta La Tribune.

Degli atelier di riflessione Hadopi

Entro la fine dell’anno l’Hadopi organizzerà cinque laboratori o «atelier di ricerca, affidati a degli esperti». Perché lo scopo dell’Autorità non è solo controllare, ma anche proporre soluzioni alternative. L’intento degli atelier è produrre delle analisi su cinque tematiche: Network e Tecnica, Economia digitale della creazione, Utilizzazione on line, Proprietà intellettuale e Internet e Società. Il budget di questi laboratori si aggirerà tra i 900mila e il milione di euro: i lavori di questi “lab” permetteranno all’Hadopi di crearsi una legislazione “ad hoc”, che vada di pari passo con la realtà e di anticipare i tempi. Secondo Jéremie Zimmermann, portavoce dell’associazione La Quadrature du Net, questi Lab sono «un alibi per dare all’Autorità una facciata di “utilità”. In realtà sarà Hadopi a deciderne la composizione ed è facile che i prodotti e le ricerche che ne usciranno saranno orientate all’industria che ha presieduto alla sua creazione».