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Milano, Stefano Boeri si spiega

Il Post ha parlato con l'architetto candidato alle primarie del centrosinistra per il sindaco

«Nel campo della politica pura sono abbastanza un dilettante»

Il 14 novembre si svolgeranno a Milano le primarie del centrosinistra per scegliere il candidato alle elezioni per il sindaco previste per la primavera 2011. I candidati alle primarie sono quattro: Giuliano Pisapia, Stefano Boeri, Valerio Onida e Marco Sacerdoti. Stefano Boeri, architetto, 53 anni, ha parlato col direttore del Post Luca Sofri della sua candidatura, di sé, di Milano e di altro. Il video integrale della conversazione (52 minuti) è visibile qui. Questa è una selezione delle cose dette da Boeri.

Expo
«A Milano ho visto cose indecenti. L’Expo è una vicenda davvero triste che mi ha fatto capire da vicino i meccanismi della politica»

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Architettura e politica
«Ho sempre cercato di non cedere un millimetro sulla qualità e sul senso dell’architettura che facevo, però c’è un rapporto tra l’architettura e la politica che, oltre un certo livello, ti pone in una condizione in cui sei comunque costretto a fermarti»

Perché io
«Conosco molto bene la città, ho l’età giusta — cinquantatrè anni —, la consapevolezza che sto abbandonando qualcosa di importante, il che mi dà una forza e il furore necessario in una battaglia come questa. E credo di conoscere molto bene le anime e i corpi di Milano»

Le reti strette
«A Milano incontri reti di quartiere abbastanza incredibili. Hai la parrocchia che è legata al circolo ARCI, che è legata all’associazione dei giovani imprenditori, che è legata all’associazione commercianti, legata a chi si occupa di integrazione o di assistenza agli anziani. Questa cosa è il meglio di Milano, ed è l’anima che oggi è anche meno visibile»

Le reti larghe
«L’altra anima sono le eccellenze appariscenti, che sono fortissime nelle reti larghe, quindi sono a contatto con New York, Shangai, Rio de Janeiro ma poi sono debolissime qua. Sono egoiste, non hanno una buona politica che le metta in rete»

La bellezza di Milano
«La bellezza fisica di Milano è la discrezione. È una città che non ostenta, che non ti sorprende quasi mai, ha una specie di tono medio. Però se la conosci le sorprese ci sono, ed è intrigantissima»

Il degrado della politica
«Il degrado della politica è iniziato a Milano, ed è un degrado che riguarda anche la sinistra. Sono perfettamente consapevole che il problema dell’egemonia culturale e politica del centrodestra è legato a un problema di una profonda perdita di contatto con la realtà di tutto il sistema della sinistra politica e intellettuale milanese»

La borghesia illuminata
«Il mondo da cui vengo, quello dei professionisti illuminati della borghesia bene, fino a vent’anni fa aveva un ruolo importante nell’utilità sociale, nel creare connessioni. Sono sempre i soliti esempi, ma il Piccolo Teatro, la Triennale, un tempo l’Umanitaria, erano luoghi dove c’erano reti di una borghesia colta che aveva una visione riformista, aperta, umanitaria. Quella roba lì non c’è più. I circuiti intellettuali si sono inariditi»

I cambiamenti di Milano
«Milano è cambiata continuamente. È cambiata coi sottotetti — 500mila sottotetti —, è cambiata quando negli anni Ottanta hanno trasformato gli appartamenti della prima cintura in uffici, è cambiata con la chiusura delle corti trasformate in parcheggi. Milano cambia con una moltitudine di piccoli gesti, sussulti. Che raccontano bene questa società molecolare, individualista, molto forte, con tutti i problemi che questa cosa comporta»

I Grandi Progetti
«Con un ritardo di vent’anni sono arrivati anche a Milano i Grandi Progetti che hanno cambiato Berlino, Londra, e stanno cambiando Francoforte e Barcellona. E nonostante il ritardo, o proprio per quello, sono stranamente arrivati con un’arroganza maggiore di quella che li ha visti protagonisti in altre città. Molti di questi grandi progetti li abbiamo subiti, anche se non tutti. Io sono sostanzialmente favorevole al fatto che Milano cambi e si modernizzi, e credo che uno dei più grandi difetti di una sinistra che ha perso il contatto con la realtà sia questa dimensione nostalgica di chiusura rispetto al futuro. Dobbiamo essere aperti alle novità, ma l’arroganza di alcuni di questi progetti deriva dal fatto che non sono stati resi un elemento di comunicazione e i cittadini si sono visti catapultare addosso delle cose senza conoscerle»

Una città vuota
«Milano è una città vuota. Ci sono 80mila appartamenti vuoti, 900mila metri quadri di uffici vuoti, cioè l’equivalente di circa 30 Pirelloni vuoti. Attorno a piazza Duomo ci sono per la gran parte uffici dismessi e nell’ultimo anno si sono chiusi 800 negozi. Il piano terra di una città è l’elemento vitale che mette in relazione la vita privata e la vita pubblica»

I cantieri
«Ci sono più di 60 parcheggi, di cui una buona parte bloccati, che hanno creato dei buchi neri in giro per la città. Ed è la durata di questi cantieri che rende inaccettabile il cambio di senso di uno spazio. Per sette, otto, dieci anni perdi il rapporto con un pezzo di città»

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