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  • Sabato 3 luglio 2010

La Mavi Marmara ora è un problema per Israele

Gli Stati Uniti premono affinché Israele recuperi i rapporti diplomatici con la Turchia

Che l’attacco alla Mavi Marmara avrebbe creato non pochi problemi a Israele sul fronte mediorientale era stato chiaro fin dall’inizio. Gad Lerner, in un articolo su Repubblica del 1 giugno scrisse che quell’arrembaggio dilentattesco e cruento aveva segnato una delle pagine più buie nella storia dell’esercito israeliano, spezzando inavvertitamente l’equilibrio strategico mediorientale in cui la Turchia rivestiva una preziosa funzione di stabilità, e coalizzando una vasta ostilità internazionale contro lo Stato ebraico.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu volerà a Washington la prossima settimana per incontrarsi con il presidente americano Barack Obama e dovrà assolutamente cercare di recuperare i rapporti con il governo americano, alleato strategico in Medio Oriente ma molto infastidito dall’oltranzismo della destra israeliana al governo e dalla sua gestione sventata del caso Freedom Flotilla.

Allo stesso tempo le conseguenze dell’attacco alla Mavi Marmara sembrano avere ripercussioni anche sul fronte interno per il governo israeliano. L’ultima settimana ha visto la rottura tra il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo ministro degli esteri Avigdor Lieberman, arrabbiatissimo perché tenuto all’oscuro dell’incontro a Bruxelles tra il ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu e il ministro del lavoro e del commercio israeliano Benjamin Ben-Eliezer. Ieri Netanyhau ha assicurato che la frattura con Lieberman è stata sanata e che la coalizione di governo non è in pericolo, eppure secondo la CNN Netanyahu potrebbe avere serie difficoltà nella gestione della crisi diplomatica con la Turchia:

Netanyahu e Lieberman erano stati vicini in passato, Lieberman era stato vice primo ministro durante il primo mandato di Netanyahu tra il 1996 e il 1999. In seguito, Lieberman costituì il suo partito spostandosi ancora più a destra del Likud di Netanyahu. Il partito di Lieberman è diventato sempre più forte in parlamento e con le ultime elezioni è diventato il terzo partito israeliano. Lieberman è stato quindi in grado di imporre le condizioni per entrare a far parte della coalizione, costringendo Netanyahu ad assegnargli l’incarico di ministro degli esteri. Da quel momento Lieberman ha iniziato a chiedere una linea dura nei confronti della Turchia, invitando costantemente il governo a non “prostarsi ai suoi piedi”. Questo spiega perché la Turchia avrebbe preferito incontrare un altro rappresentante del governo israeliano.

L’incontro era stato fortemente voluto proprio dagli Stati Uniti, che stanno facendo pressioni sul governo israeliano affinché recuperi i rapporti con la Turchia – il più importante paese islamico della Nato – per evitare che il governo di Erdogan si lasci attrarre dai contatti con Siria e Iran, lasciando Israele isolato in Medio Oriente. Ma ieri Netanyahu ha smentito le dichiarazioni del governo turco, secondo le quali in seguito all’incontro di Bruxelles Israele avrebbe accettato di scusarsi ufficialmente con la Turchia per quanto accaduto sulla Mavi Marmara.

Israele non può scusarsi per il fatto che i nostri soldati sono stati costretti a difendersi contro un’aggressione che stava per massacrarli. Chiaramente ci dispiace che delle persone siano morte, ma non ci saranno scuse per l’intervento né risarcimenti per le famiglie delle vittime.

Nell’insieme uno scenario estremamente delicato per Netanyahu, diviso tra la necessità di ripristinare i rapporti diplomatici con Turchia e Stati Uniti e i ricatti della destra al governo. Una “leadership fragile”, come l’hanno definita alcuni analisti, ora costretta a fare i conti con il disastro geopolitico che lei stessa ha provocato.