• Mondo
  • Lunedì 10 maggio 2010

Rewind (reuàind!)

Ancora niente accordo tra Cameron e Clegg, dopo una giornata di incontri e riunioni

Prime Minster Gordon Brown prepares to add a message of thanks to a tribute to British servicemen, watched by his wife Sarah and Conservative Party leader David Cameron, at Horse Guards Parade, Westminster, London Saturday May 8, 2010. The event recalled the moment that Second World War hostilities in Europe ended on May 8 1945. (AP Photo/Dominic Lipinski, Pool)
Prime Minster Gordon Brown prepares to add a message of thanks to a tribute to British servicemen, watched by his wife Sarah and Conservative Party leader David Cameron, at Horse Guards Parade, Westminster, London Saturday May 8, 2010. The event recalled the moment that Second World War hostilities in Europe ended on May 8 1945. (AP Photo/Dominic Lipinski, Pool)

La giornata di oggi è cominciata con le indiscrezioni su un accordo imminente tra conservatori e liberaldemocratici e si è conclusa in modo diametralmente opposto, con i liberaldemocratici che annunciano l’inizio dei negoziati ufficiali con i laburisti e Gordon Brown che annuncia di essere pronto a dimettersi dal leader del Labour (rinunciando quindi a guidare un’eventuale coalizione rosso-gialla).

Nel corso della mattinata Danny Alexander, capo dello staff di Nick Clegg, aveva parlato di “buoni progressi”; William Hague, ministro ombra degli esteri conservatore, aveva detto che “i due staff stanno lavorando molto bene”. Nel pomeriggio i colloqui sono continuati, si è discusso dell’esistenza di una bozza di accordo, Clegg e Cameron hanno riunito gli organi dirigenti dei loro partiti – ma non sono arrivati a niente. Il nodo della riforma elettorale è ancora irrisolto: per i libdem è la priorità fondamentale, i conservatori non vogliono saperne.

Brown ha giocato le sue carte con un discorso davanti Downing Street, alle 18. Ha confermato le intenzioni dei liberaldemocratici di cominciare un negoziato ufficiale col Labour (diversi incontri non ufficiali si erano già succeduti nel corso del weekend), ha enfatizzato le similitudini tra il suo programma e quello dei libdem – soprattutto, manco a dirlo, sulla riforma elettorale – e ha detto di essere pronto a dimettersi da leader del partito laburista e, quindi, da primo ministro britannico.

Non voglio restare in questa posizione un minuto di più di quanto sia necessario per mettere al sicuro la situazione del paese. Chiederò quindi al mio partito di aprire la corsa per la sua leadership: una corsa in cui io non giocherò alcun ruolo e che darà al Labour un nuovo segretario a settembre.

Brown si propone quindi come figura di transizione, e pone ai liberaldemocratici un’offerta ben più cospicua di quella garantita loro dai conservatori: un referendum sulla riforma elettorale e un leader fresco di nomina che renda l’alleanza politicamente sostenibile, per chi ha sostenuto la necessità di cambiamenti radicali. La guerra di successione è già cominciata: il Telegraph mette insieme una lista di potenziali successori di Brown, David Miliband potrebbe candidarsi ufficialmente già questa sera.

Ora si attendono le mosse di Clegg e Cameron. Il leader dei liberaldemocratici non ha sospeso i negoziati con i conservatori ma deve prendere una decisione definitiva sul futuro del suo partito. Il leader dei conservatori, invece, rischia di trovarsi protagonista di un incubo: tre anni da primo ministro designato e dopo il voto la possibilità concreta di trovarsi nuovamente all’opposizione. A meno di non proporsi come leader di un governo di minoranza, come appare sempre più probabile.