so

Altri articoli su questo argomento

Procrastinare tutto, anche il capodanno

«Noi rimandatori a fine anno siamo ancora più vulnerabili del solito: per questo, l’insensato balenare dell’opzione rinvia, riferita al capodanno, mi turba tanto. Perché, fosse per me, lo rinvierei eccome, come amo rinviare qualsiasi cosa. Lo rinvierei, ma so bene che non posso, perché il tempo fugge tutto in una direzione, e dimenticarlo è impossibile, anche per una procrastinatrice professionista che vorrebbe abolire le date, anzi proprio i calendari, dato che il tempo non si può abolire, perché è la forma stessa dell’esperienza»

Procrastinare tutto, anche il capodanno

I videogiochi barano

«Capire se gli sviluppatori mi mentivano è stata la reazione a una frustrazione sedimentata fin dall’infanzia. Il momento in cui ho avuto per la prima volta la netta impressione di essere preso in giro risale a “Street Fighter II”. Oggi so che nei videogiochi il computer è sia l’avversario che il banco che tiene le carte. E l’obiettivo di un buon game design è darti le carte giuste per farti vincere, ma non troppo, oppure spremere ogni soldo che hai in tasca. Barando»

I videogiochi barano

Dinamiche dei menu dei ristoranti

«Anni fa avevo cominciato a collezionarli. Poi ho capito che frequentavo sempre gli stessi posti e ho rinunciato. Adesso passo il tempo a guardare la collezione digitale della New York Public Library per vedere come sono cambiati. Quello che so per certo è che i “tris” non vanno più da un pezzo, e neanche il cocktail di gamberi in salsa rosa. L’impaginazione, i formati, la carta, i caratteri, la consistenza della copertina sono sempre stati più numerosi di quelli dell’editoria dei libri. Eppure in questa infinità virtuale, di ieri e di oggi, è forse possibile individuare tre macro categorie: i grafici/tipografici, gli illustrati e gli scritti a mano, come quello dell'Oyster Bar di New York»

Dinamiche dei menu dei ristoranti

In morte di Lorenzo Appiani

«È difficile immaginare davvero cosa significhi perdere un figlio, la mente rigetta l’idea. La lingua stessa sembra rifiutarsi di esprimere il concetto: abbiamo “orfano” per chi perde i genitori ma non c’è parola, in italiano, per il contrario. So che esiste un termine in ebraico e in arabo, ma non voglio cercarlo, mi fermo al sanscrito che prende a prestito la parola "vilomah", “contro l’ordine naturale”. Sul dopo c’è una pausa di silenzio. Poi Alberta mi racconta che ad affrontare il lutto l’ha aiutata un libro di Thornton Wilder, "Il ponte di San Luis Rey"»

In morte di Lorenzo Appiani

La mia vita letta al contrario

«Non ne so quasi nulla di matematica ma i numeri piccoli, facili, esercitano su di me un fascino indomabile: le targhe delle macchine, prima del tragico sopravvento delle lettere, erano una delizia. E i palindromi mi affascinano da sempre. Chissà che questa passione per i vocaboli rivoltati non derivi da un sogno di circolarità: far tornare la parola, la frase, e quindi per certi versi il tempo, al suo punto di partenza, ottenendo la chance di un nuovo inizio, per l’illusione di poter risistemare ciò che nel passato si è rotto»

La mia vita letta al contrario