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  • Giovedì 18 dicembre 2025

Una vita tra le guerre della seconda metà del Novecento

È morto Peter Arnett, che fu tra i giornalisti più influenti della sua epoca e raccontò le guerre in Vietnam e in Iraq come pochi altri

Peter Arnett (sinistra) in Vietnam, 11 novembre 1965 (AP Photo)
Peter Arnett (sinistra) in Vietnam, 11 novembre 1965 (AP Photo)
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È morto a 91 anni Peter Arnett, corrispondente di guerra tra i più influenti della sua epoca. Ha avuto una carriera da inviato e corrispondente lunga e di successo, seppure non esente da critiche. Visse e raccontò le principali guerre della seconda metà del Novecento, dal Vietnam all’Iraq, rimanendo spesso l’ultimo giornalista occidentale sul campo, e fu uno dei pochissimi a intervistare persone come Saddam Hussein e Osama bin Laden. Nel 1991 il New York Times gli dedicò un articolo intitolato: «Se c’è una guerra, lui c’è».

Arnett era neozelandese ma visse e lavorò a lungo negli Stati Uniti, paese di cui ottenne la cittadinanza alla fine degli anni Settanta. Tra gli anni Sessanta e Ottanta lavorò per l’agenzia di stampa Associated Press, occupandosi principalmente di sudest asiatico e della guerra in Vietnam. Fu tra i pochi giornalisti occidentali a rimanere a Saigon, nel Vietnam del Sud, anche dopo la rovinosa fuga statunitense, e da lì raccontò la transizione verso il Vietnam unificato. Nei giorni finali della guerra Associated Press gli ordinò di distruggere tutti i documenti dell’ufficio locale dell’agenzia. Al contrario, Arnett li spedì alla sua casa di New York, ritenendo che un giorno avrebbero avuto un valore storico. Aveva ragione: oggi si trovano nell’archivio storico dell’agenzia.

Spesso Arnett viaggiava sul campo e stava sulla linea del fronte al fianco dei soldati. In un suo articolo rimasto celebre raccontò di quando un giorno, nel gennaio del 1966, era insieme al colonnello statunitense George Eyster intento a guardare una mappa: a un certo punto, raccontò Arnett, dei proiettili bucarono la mappa e colpirono il colonnello al petto, uccidendolo. Nell’incipit del necrologio su di lui il giornalista scrisse: «Potrebbero essere state le spille per i gradi militari, la mappa che teneva in mano o l’imprevedibile fortuna a fare in modo che il cecchino dei Vietcong scegliesse Eyster tra i cinque di noi che erano in piedi in quel sentiero polveroso nella giungla».

Per la sua copertura della guerra nel 1966 vinse il premio Pulitzer, il più prestigioso dei premi giornalistici.

Peter Arnett, al centro, dopo aver saputo di aver vinto il premio Pulitzer, nella redazione di AP a Saigon, Vietnam. Accanto a lui ci sono altri due vincitori del premio Pulitzer, il giornalista Malcolm Browne, a sinistra, e il fotografo Horst Faas. (AP Photo)

Quando arrivò ad Associated Press Arnett lavorava come giornalista già da qualche tempo, dato che diversi anni prima aveva lasciato la scuola prematuramente e aveva iniziato a scrivere per un giornale locale neozelandese. Nelle sue biografie racconta che all’inizio degli anni Sessanta decise di trasferirsi nel Regno Unito, ma che durante il viaggio in nave fece tappa in Thailandia, si innamorò di quel paese e decise di restare in Indocina, dove fu prima corrispondente dall’Indonesia e poi dal Vietnam. Per Associated Press realizzò fotografie e servizi scritti, con la sua inseparabile macchina da scrivere Olivetti.

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Marines statunitensi appena sbarcati si fanno strada tra la sabbia di Red Beach, Da Nang, Vietnam, 10 aprile 1965 (AP Photo/Peter Arnett)

Elicotteri dell’esercito statunitense decollano dopo aver sbarcato ranger sudvietnamiti per un assalto ai soldati comunisti a sud di Vi Thanh, Vietnam, 27 marzo 1965 (AP Photo/Peter Arnett)

Un paracadutista statunitense si preme l’elmetto sulla testa mentre è a terra durante un attacco nordvietnamita, 21 novembre 1967 (AP Photo/Peter Arnett)

Nel 1981 iniziò a lavorare per CNN, che all’epoca era appena stata fondata. Per l’emittente Arnett coprì la prima guerra del Golfo, iniziata nel 1990, diventando di nuovo uno dei pochi giornalisti occidentali a restare in una città da cui tutti stavano scappando: Baghdad, in Iraq.

Peter Arnett durante una diretta per la CNN durante la Guerra del Golfo, 21 febbraio 1991 (Kaveh Kazemi/Getty Images)

In un’intervista del 2019 ha raccontato che all’epoca era corrispondente da Gerusalemme, ma che quando divenne chiaro che qualcosa stava per succedere aveva iniziato a guardare con invidia i colleghi selezionati per partire per Baghdad. Inaspettatamente, qualche giorno dopo venne contattato da Eason Jordan, all’epoca capo della sezione Esteri di CNN, che si era trovato a fare i conti con i ripensamenti dell’ultimo minuto di alcuni giornalisti. Arnett raccontò di aver accettato subito anche perché l’emittente aveva a disposizione alcune tra le tecnologie più avanzate per la trasmissione di dati in tempo reale dell’epoca, tra cui una delle prime stazioni terrestri mobili per la trasmissione di video in diretta televisiva.

Peter Arnett con l’equipaggiamento che porta con sé per documentare la guerra in Vietnam, Saigon, Vietnam, 1963 (AP Photo)

Non a caso quella del Golfo venne spesso definita la prima guerra trasmessa “in diretta TV”, proprio perché le sue immagini vennero mostrate per la prima volta sugli schermi dei televisori di tutto il mondo. Quell’anno ottenne anche una delle sue interviste più celebri, con il dittatore iracheno Saddam Hussein.

Probabilmente però la sua intervista più nota fu quella a bin Laden, nel 1997, condotta in un nascondiglio mai rivelato tra le montagne dell’Afghanistan. Fu la prima del leader di al Qaida con una rete televisiva internazionale, quando era già uno degli uomini più ricercati al mondo. In quell’intervista Arnett gli chiese quali fossero i suoi piani in futuro, e bin Laden rispose: «Li vedrai e ne sentirai parlare sui media». Quattro anni dopo due aerei si scontrarono contro le Torri Gemelle, a New York, l’11 settembre del 2001.

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Arnett Lasciò CNN nel 1999, dopo un grosso scandalo che coinvolse anche giornalisti del Time Magazine e che costrinse l’emittente a scusarsi per aver diffuso una storia poi rivelatasi falsa. In sintesi, Arnett collaborò alla realizzazione di un servizio andato in onda nel 1997 nella puntata di esordio di NewsStand, un programma di giornalismo di inchiesta annunciato con grande enfasi e molto atteso nel mondo del giornalismo. Attraverso interviste con fonti militari e testimoni diretti, il servizio sosteneva che nel 1970 in Vietnam l’esercito statunitense avesse utilizzato del gas sarin (un gas nervino molto potente, in grado di causare in poco tempo la morte per arresto cardiocircolatorio dopo episodi di vomito e diarrea) sui civili di un villaggio vietnamita e anche sui propri soldati, accusati di essere dei disertori.

Peter Arnett, a sinistra, e il fotografo Nick Ut a Saigon, Vietnam, 8 maggio 1973 (AP Photo)

La gravità dell’accusa sollevò molti dubbi e critiche, che spinsero CNN e il Time ad aprire delle indagini interne. Queste infine conclusero che i giornalisti avevano distorto le informazioni, usato fonti non attendibili, e che molto probabilmente avevano scambiato il gas sarin con un gas lacrimogeno che era in grado anch’esso di causare vomito, ma che non era un’arma chimica. Fu uno dei più gravi errori della storia del giornalismo statunitense.

Dopo CNN Arnett lavorò per altre testate, tra cui National Geographic e NBC, da cui però venne licenziato per un’intervista data a una televisione irachena in cui criticava la strategia dell’esercito statunitense. Negli ultimi anni della sua lunga carriera lavorò per varie testate all’estero, a Taiwan, negli Emirati Arabi Uniti e in Belgio, e poi ottenne una cattedra di giornalismo all’Università di Shantou, in Cina. Tra le persone che lo hanno ricordato c’è anche il collega fotoreporter di Associated Press Nick Ut, a cui è stata a lungo stata attribuita una delle fotografie più famose della guerra del Vietnam, con cui era stato amico per molti anni.

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