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  • Lunedì 8 dicembre 2025

A Chernobyl bene, ma non benissimo

Le notizie sui danni dello scorso febbraio allo scudo per contenere le radiazioni hanno generato qualche preoccupata incomprensione

Personale di soccorso intorno allo scudo di Chernobyl il 14 febbraio 2025 dopo il danno subìto a causa di un drone, Ucraina (Artem Derkachov/Frontliner/Getty Images)
Personale di soccorso intorno allo scudo di Chernobyl il 14 febbraio 2025 dopo il danno subìto a causa di un drone, Ucraina (Artem Derkachov/Frontliner/Getty Images)
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Le dichiarazioni di venerdì del direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), Rafael Grossi, hanno generato qualche confusione sulle effettive condizioni dello scudo che protegge la centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina. Come ha detto Grossi, la capacità protettiva della grande struttura ad arco in acciaio è stata compromessa lo scorso febbraio da un drone che l’aveva colpito, ma questo non significa che le radiazioni provenienti dal reattore danneggiato nel 1986 abbiano iniziato a propagarsi nell’ambiente. Domenica, le autorità ucraine hanno confermato che non sono stati registrati aumenti nei livelli di radiazioni nell’ampia area intorno alla centrale, dove non vive più nessuno da quasi quarant’anni.

Lo scudo era stato danneggiato lo scorso 14 febbraio da un drone. L’Ucraina aveva accusato la Russia, che aveva invece negato ogni responsabilità. La notizia dell’attacco aveva suscitato apprensione, soprattutto per un incendio che si era sviluppato intorno alla breccia dove si era schiantato il drone, con danni a una guaina protettiva al di sotto della struttura in acciaio. La membrana aveva continuato a bruciare per circa tre settimane, fino a quando alcuni operai avevano scalato lo scudo per raggiungere l’area danneggiata e per raffreddarla con acqua.

In seguito era stata aggiunta una protezione temporanea per chiudere la breccia, ma secondo gli esperti dell’AIEA sarà necessario un intervento più approfondito per rinforzare la struttura e assicurarsi che possa contenere le radiazioni, nell’eventuale circostanza in cui dovessero fallire gli altri sistemi di protezione costruiti intorno alla centrale. Ed è a questa necessità che aveva fatto riferimento Grossi alla fine della scorsa settimana, segnalando che se ci dovessero essere problemi al di sotto dello scudo, si potrebbe verificare una perdita di radiazioni.

L’esplosione del 26 aprile 1986 del reattore quattro alla centrale atomica di Chernobyl, causata per lo più da una serie di errori umani, portò alla produzione di una nube di materiale radioattivo che si diffuse in buona parte dell’Europa. Inizialmente l’Unione Sovietica – di cui l’Ucraina faceva parte al tempo – minimizzò le dimensione del disastro, ma stabilì l’evacuazione di tutti gli abitanti in un’area di 2.600 chilometri quadrati e fece costruire in tempi rapidi un “sarcofago”, una struttura di cemento e acciaio per isolare il reattore danneggiato. Pochi anni dopo l’Unione Sovietica si dissolse e per molto tempo si discusse di quale potesse essere il sistema migliore per rendere meno precaria la situazione a Chernobyl.

La parte della centrale atomica di Chernobyl danneggiata dall’esplosione, maggio 1986 (Igor Kostin/Laski Diffusion/Getty Images)

Il confronto internazionale alla fine portò alla costruzione di un enorme scudo mobile in acciaio, costato circa 1,5 miliardi di euro e finanziato da una cinquantina di paesi. Dopo anni di lavoro, nel 2016 l’imponente struttura larga 165 metri e alta 110 metri fu fatta scorrere sopra al reattore quattro e al precedente scudo di epoca sovietica, usando alcuni binari. La scelta di rendere mobile lo scudo permise di poterlo costruire a debita distanza dal reattore, riducendo i rischi per gli operai dovuti alle radiazioni.

Lo scudo posizionato sopra all’area della centrale danneggiata (Brendan Hoffman/Getty Images)

Grazie allo scudo, in una nuova fase ancora da definire si sarebbe potuto iniziare lo smantellamento del reattore quattro, con la rimozione del materiale radioattivo e la messa in sicurezza dell’impianto. Non c’erano ancora piani certi su queste attività, molto costose e la cui progettazione era stata sospesa a causa dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ma il danno subìto a febbraio dallo scudo potrebbe comportare un ulteriore allungamento dei tempi.

Oltre a non avere rilevato livelli di radiazioni anomali, l’AIEA non ritiene ci siano stati danni permanenti alle strutture portanti dello scudo. Non è però chiaro come potrà essere riparato il danno causato dal drone, né se sarà necessario spostare l’intera struttura per intervenire in sicurezza e chiudere meglio la breccia, ripristinando anche la guaina isolante che impedisce il passaggio dell’acqua e contribuisce a proteggere il “sarcofago” sottostante.