L’Unione Europea non riesce a semplificarsi
Nel tentativo di ridurre la sua burocrazia sta complicando ancora di più le cose

Da settimane l’Unione Europea è bloccata su una discussione molto europea, ossia come diminuire l’enorme mole di pratiche burocratiche e norme che le aziende devono rispettare, e che secondo vari esperti sono una delle principali ragioni per cui l’economia europea è sostanzialmente in stallo.
Semplificando un po’ il dibattito, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e i singoli stati membri si stanno scontrando con il Parlamento Europeo (e specialmente con i gruppi di sinistra e centrosinistra, come i Verdi e i Socialisti e Democratici), perché non sta seguendo le loro indicazioni in materia di semplificazione. Si è lamentato persino il cancelliere tedesco Friedrich Merz, a capo di uno stato noto per la sua abbondante e complicata burocrazia. Dall’altra parte, molti eurodeputati sostengono che questa semplificazione sia stata progettata in modo disordinato e irresponsabile, e che nel lungo periodo l’Unione Europea ci rimetterà.
Tra il 2019 e il 2024 l’Unione ha prodotto quasi 14mila atti giuridici. Si stima che ogni anno le aziende europee spendano 150 miliardi di euro in costi amministrativi: molte si lamentano di dover dedicare troppo tempo e risorse alla compilazione di moduli che testimonino la loro aderenza ai regolamenti sulla filiera produttiva o sul rispetto dei diritti umani e delle pratiche ambientali, che tra l’altro cambiano rapidamente.
Per questo quando è stata rieletta presidente della Commissione Europea, a luglio del 2024, von der Leyen aveva promesso che avrebbe snellito questi processi. Come segnale di impegno in questo senso aveva cambiato il nome del commissario europeo per l’Economia in commissario per l’Economia, Produttività, Attuazione e Semplificazione: il ruolo è stato assegnato al politico lettone Valdis Dombrovskis, che in passato era già stato commissario in ambito economico. Dombrovskis ha sostenuto che l’Unione debba mantenere «i suoi elevati standard ambientali e sociali», ma anche che negli ultimi anni le norme europee abbiano gravato in modo eccessivo sulle imprese, colpendo in particolare quelle più piccole.

Il commissario europeo Valdis Dombrovskis a novembre del 2025 (Nicolas Landemard/Le Pictorium Agency via ZUMA Press)
A febbraio la Commissione aveva presentato, in accordo con gli stati membri, diversi progetti di leggi cosiddette “omnibus”, ossia che eliminano, accorpano o semplificano una lunga serie di norme diverse sullo stesso tema, con l’obiettivo di snellire i processi burocratici un po’ in tutti gli ambiti. Nella pratica però a risentirne più di tutti sarebbe stato quello della sostenibilità ambientale: fra le norme che più venivano soppresse o modificate c’erano quelle istituite attraverso il Green Deal europeo, l’ambizioso insieme di leggi sul clima simbolo del primo mandato di von der Leyen (2019-2024). Lo stesso Green Deal nell’ultimo anno è stato ripensato e annacquato per via delle pressioni che hanno esercitato sulla Commissione sia i gruppi politici di estrema destra sia il Partito Popolare Europeo, il principale gruppo di centrodestra, di cui fa parte anche von der Leyen.
Come detto, questo ha provocato molte critiche da parte degli eurodeputati più progressisti che, pur riconoscendo la necessità di una semplificazione delle pratiche burocratiche, hanno accusato von der Leyen di rinnegare gli obiettivi che si era data durante il suo primo mandato per accontentare la destra e le imprese. L’hanno accusata anche di star attuando una deregolamentazione che assomiglia a quella adottata negli Stati Uniti da Donald Trump, e di mettere fretta al Parlamento Europeo per approvare queste leggi solo per evitare che gli eurodeputati si concentrino troppo sul contenuto.
Questa è stata anche l’impressione della Mediatrice europea Teresa Anjinho, che esercita un controllo amministrativo (non esecutivo) sull’Unione. Dopo tre segnalazioni provenienti dalla società civile, la scorsa settimana Anjinho ha riscontrato che c’era stata «una serie di carenze procedurali» che costituivano «un caso di cattiva amministrazione» nel modo in cui la Commissione aveva preparato le proposte di legge “omnibus”. Secondo Anjinho, i settori che ne avevano risentito di più erano stati quelli dei finanziamenti agricoli, della migrazione e della trasparenza della catena di approvvigionamento dei materiali.
Giovedì questa opinione è stata sostenuta anche da un membro interno della Commissione Europea: la vicepresidente Teresa Ribera ha detto di avere la sensazione che in molti casi «non si tratti di semplificazione, ma di [una] combinazione disordinata di cose che finiscono nell’incertezza», e che quello che sta avvenendo fra la Commissione, il Parlamento e i governi degli stati membri sia «un terribile spettacolo politico».



