Lo scudo protettivo del reattore di Chernobyl non blocca più le radiazioni

L'agenzia dell'ONU per l'energia atomica l'ha detto dopo un'ispezione del danno causato da un drone lo scorso febbraio

Una foto del danno causato dal drone a febbraio 2025 (AP Photo/Efrem Lukatsky)
Una foto del danno causato dal drone a febbraio 2025 (AP Photo/Efrem Lukatsky)
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L’Agenzia internazionale dell’ONU per l’energia atomica (AIEA) ha detto che lo scudo protettivo costruito sopra alla ex centrale di Chernobyl, in Ucraina, non è più in grado di impedire la fuoriuscita di radiazioni da quando è stato colpito da un drone lo scorso febbraio. Lo scudo, costruito nel 2016, è una grossa struttura di acciaio e cemento che copre il reattore numero 4 dell’ex centrale nucleare, quello che nel 1986 esplose causando il più grave incidente nucleare della storia e che tuttora è radioattivo e pericoloso.

Lo scorso 14 febbraio lo scudo era stato colpito da un drone: l’Ucraina aveva accusato la Russia, che invece aveva come al solito negato di esserne responsabile. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky aveva pubblicato un video che mostrava l’attacco, i danni provocati allo scudo dall’esplosione, e l’incendio che era stato spento poco dopo. Ai tempi l’AIEA aveva detto che i livelli di radiazioni erano rimasti stabili.

Dopo un’ispezione della scorsa settimana però il direttore generale dell’AIEA Rafael Grossi ha dichiarato che la funzione principale dello scudo, quella di proteggere dalla diffusione delle radiazioni, è stata compromessa, anche se non ci sono «danni permanenti alle sue strutture portanti o ai sistemi di controllo». Questo significa che se dovesse esserci una perdita di radiazioni negli strati di protezione più interni lo scudo esterno non riuscirebbe a contenerle. Ha detto anche che sono già state fatte alcune riparazioni ma che altre sono necessarie per garantire la sicurezza nucleare nel lungo periodo.

Nell’aprile del 1986 l’Ucraina faceva parte dell’Unione Sovietica. L’esplosione di uno dei quattro reattori della centrale di Chernobyl fu tale da scoperchiare il tetto in cemento dell’edificio e proiettare materiale radioattivo nel raggio di molti chilometri. Decine di persone morirono nell’incidente e altre centinaia furono contaminate dalle radiazioni: ancora oggi non esiste una stima precisa dei morti. Nelle settimane successive all’esplosione decine di migliaia di operai, spesso impegnati in turni che duravano pochi minuti per limitare l’esposizione alle radiazioni, costruirono una struttura di cemento per contenere il reattore esploso, il cosiddetto “sarcofago”. Dopo trent’anni dall’incidente, questa struttura era però oramai gravemente danneggiata e fu sostituita da un’altra chiamata “New Safe Confinement” (NSC): lo scudo che c’è ora.

L’NSC è una sorta di gigantesco hangar pesante 36mila tonnellate, che fu costruito in prossimità dell’impianto nucleare e successivamente fatto scorrere sopra il vecchio involucro di cemento del reattore. Era costato circa 2 miliardi di euro, donati da 40 paesi e organizzazioni, e aveva richiesto quasi 16 anni di lavoro per essere progettato e costruito. Nei piani sarebbe dovuto durare per 100 anni.

All’inizio della guerra in Ucraina, a febbraio del 2022, l’esercito russo aveva conquistato la centrale e l’aveva occupata per più di un mese, durante il quale aveva reso molto complesso lo svolgimento di tutte le necessarie operazioni di manutenzione.