Bargnani, Belinelli, Gallinari
Sono stati i tre cestisti italiani più forti degli ultimi vent'anni e i migliori in NBA, ma con l'Italia non hanno vinto nulla

Martedì 2 dicembre Danilo Gallinari si è ritirato dal basket. Anche se non giocava più ad alti livelli da un anno, il suo ritiro è significativo perché era l’ultimo dei tre giocatori italiani più importanti degli ultimi vent’anni ancora in attività. Gli altri due sono stati Andrea Bargnani (ritiratosi nel 2018) e Marco Belinelli (che ha smesso la scorsa estate). Sono stati, a oggi, gli unici cestisti italiani ad aver avuto una carriera lunga e notevole in NBA, il campionato nordamericano di basket e il più competitivo al mondo.
Tuttavia, nonostante in Italia ci fossero sempre state grandi aspettative su questo trio, la Nazionale non è riuscita mai a essere competitiva con loro, e non ha mai raggiunto finali o vinto tornei. L’ultimo successo importante dell’Italia nel basket rimane l’Europeo del 1999, quando nessuno dei tre ancora giocava.
Era legittimo aspettarsi che l’Italia andasse bene con Gallinari, Bargnani e Belinelli, perché prima di loro gli italiani in NBA erano stati molto pochi: per una generale mancanza di talento, ma anche perché fino al 1989 la FIBA (la federazione internazionale di basket) non permetteva a chi giocava in NBA di partecipare alle sue competizioni, come gli Europei o i Mondiali. Per questo nel 1970 Dino Meneghin – che è considerato uno dei migliori italiani di sempre e che con l’Italia vinse un Europeo, nel 1983 – decise di non giocare in NBA, pur essendo stato selezionato dagli Atlanta Hawks.
Quando nel 2006 Bargnani si trasferì in NBA, fu il primo italiano a giocarci dal 1996, e il modo in cui ci arrivò alzò ancora di più le aspettative. Al draft di quell’anno – il momento in cui le squadre di NBA scelgono i nuovi giocatori per la stagione successiva, dalle università statunitensi o dagli altri campionati del mondo – Bargnani fu preso dai Toronto Raptors come prima scelta assoluta. Non era mai successo a un cestista europeo, e voleva dire che persino per il campionato più competitivo del mondo Bargnani era il giocatore più promettente di tutti. Per dare un’idea, nel 2003 la prima scelta del draft era stata LeBron James.

Andrea Bargnani parla con alcuni giornalisti il giorno prima del draft del 2006, 27 giugno 2006 (Andrew Savulich/NY Daily News Archive via Getty Images)
Nei due anni successivi entrarono in NBA anche Belinelli, scelto nel 2007 dai Golden State Warriors come diciottesima scelta assoluta, e Gallinari, che nel 2008 fu selezionato dai New York Knicks come sesta scelta assoluta. Entrambi arrivarono con aspettative più contenute rispetto a Bargnani, al punto che Gallinari fu persino fischiato dai tifosi dei Knicks durante il draft. Alla fine però andarono meglio di Bargnani; tutti e tre comunque ebbero una carriera che finora nessun altro giocatore italiano ha eguagliato.
Bargnani giocò in NBA fino al 2016, con tre squadre diverse, andando molto bene soprattutto all’inizio. Gli infortuni lo limitarono parecchio, così come un’attitudine difensiva non eccezionale, ma riuscì comunque a ottenere risultati importanti: in totale giocò 550 partite di NBA e in nove stagioni su dieci mantenne una media di almeno 10 punti a partita. Furono particolarmente notevoli i 41 punti che nel 2010 segnò contro i Knicks al Madison Square Garden, un palazzetto dove giocare così bene da avversario è molto complicato.
Belinelli e Gallinari giocarono un po’ di più e ottennero anche risultati più notevoli. Belinelli in particolare è tuttora l’unico italiano ad aver vinto l’NBA (nel 2014, con i San Antonio Spurs) e la gara dei tre punti dell’All-Star Weekend. In quell’occasione, sempre nel 2014, batté Steph Curry, il miglior tiratore da tre della storia. Belinelli rimase in NBA fino al 2020, giocando 860 partite (tuttora il record italiano).
Gallinari invece, nonostante numerosi infortuni, riuscì a giocare in NBA per 17 stagioni, come nessun altro cestista italiano. Giocò per nove squadre diverse e quella in cui rimase più a lungo furono i Denver Nuggets, dal 2011 al 2017. Fu con loro che, nel 2015, fece 47 punti in una sola partita: un record per un giocatore italiano in NBA.
È quindi comprensibile che, dieci anni fa, Gianni Petrucci, allora presidente della Federazione Italiana Pallacanestro (FIP), definisse la Nazionale composta da Belinelli, Gallinari e Bargnani come la «più forte di sempre». Erano tre giocatori eccezionali, soprattutto in attacco, e tra loro molto complementari: Belinelli era una guardia, Gallinari un’ala grande, mentre Bargnani faceva l’ala grande o il centro. Tutti e tre erano ottimi tiratori da tre punti e giocavano bene anche lontano dal canestro, nonostante Gallinari e Bargnani siano entrambi alti più di 2 metri e 10 centimetri.
Esemplari delle grandi potenzialità e delle grandi delusioni di quella Italia furono gli Europei del 2015. In quell’occasione la Nazionale passò il girone anche grazie a una vittoria contro la Germania ai tempi supplementari, ottenuta con un canestro di Gallinari e uno di Belinelli nei secondi finali. La Germania non era una squadra così forte come oggi, ma era sicuramente tra le più forti d’Europa: ci giocava Dirk Nowitzki, campione di NBA del 2011, e c’era già Dennis Schroder, l’attuale capitano della Germania e giocatore dei Sacramento Kings.
«DANILO STEP BACK!»
Quegli Europei, però, finirono male per l’Italia, che fu eliminata ai quarti di finale dalla Lituania. Fu una delusione, perché era la prima volta che l’Italia aveva nello stesso momento Belinelli, Gallinari e Bargnani in grande forma, e anche perché attorno a loro c’erano altri ottimi cestisti come Gigi Datome e Nicolò Melli, anch’essi ex giocatori di NBA. Nel 2017 il giornalista Luca Serafini definì quell’Italia una «generazione di (presunti) fenomeni» ormai al «tramonto».
In parte fu una questione di sfortuna, perché Belinelli, Gallinari e Bargnani si infortunarono a momenti alterni e raramente si trovarono a giocare tutti insieme per l’Italia. E quando capitava, il gioco della Nazionale non era comunque brillante. Secondo lo stesso Bargnani fu anche colpa della loro immaturità: pensavano troppo «al proprio orticello» e parlavano poco tra loro. Furono insomma incapaci di creare una squadra vera e propria.
Secondo Serafini, però, il vero problema fu che la FIP (Federazione Italiana Pallacanestro) non riuscì a capitalizzare su un’occasione unica per il basket italiano, quella di aver tre giocatori così forti nel campionato più prestigioso del mondo. Belinelli, Gallinari e Bargnani non bastavano da soli per vincere partite o tornei importanti, perché loro tre non erano stati solo «il prodotto […] di una fortunata congiunzione astrale, ma anche della naturale evoluzione dei tempi». Dall’inizio degli anni Duemila, infatti, entrarono in NBA altri fortissimi giocatori europei, come il francese Tony Parker o lo spagnolo Pau Gasol.
L’Italia, insomma, non era l’unica Nazionale europea ad avere i suoi “campioni di NBA”, e – a differenza di Francia e Spagna, che vinsero rispettivamente gli Europei del 2013 e del 2015 e 2022 (la Spagna pure i Mondiali del 2006 e del 2019) – non fu capace di sfruttarli costruendo attorno a loro una squadra ben strutturata.

Da destra: Andrea Bargnani, Andrea Cinciarini, Danilo Gallinari e Marco Belinelli durante Italia-Lituania agli Europei di basket 2015, 16 settembre 2015 (Catherine Steenkeste/Getty Images)
Se non per la Nazionale in sé, in Italia gli anni di Bargnani, Belinelli e Gallinari ebbero lo stesso un grande impatto, perché furono i primi a dimostrare che anche un italiano poteva affermarsi in NBA. Lo riconosce anche Gigi Datome, uno dei cestisti italiani andati in NBA dopo di loro. Al Post ha detto che sono stati loro tre a cambiare «il modo di vedere l’NBA [in Italia]: prima gli italiani che cominciavano a giocare potevano avere il sogno della Serie A e della Nazionale, oggi anche dell’NBA».
In questo momento c’è un solo giocatore italiano in NBA, il 29enne Simone Fontecchio. Da quest’anno gioca nei Miami Heat e ha iniziato bene la stagione, facendo parlare di sé pure negli Stati Uniti. È probabile che nei prossimi anni ce ne saranno altri. Nella Virtus Bologna gioca il 21enne Saliou Niang, decisivo per la Nazionale agli ultimi Europei e che è stato scelto al draft del 2025 dai Cleveland Cavaliers (dovrebbe andare in NBA la prossima stagione, o forse quella dopo ancora). Nelle università statunitensi ci sono molti altri giovani italiani promettenti, come il 19enne Dame Sarr, che fino alla stagione scorsa giocava nel Barcellona.



