Potreste non voler sapere chi non fece andare l’Italia ai Mondiali del 1958
L'Irlanda del Nord, proprio lei: ma quella volta erano più forti, e giocavano in casa

La prima volta che l’Italia non riuscì a qualificarsi ai Mondiali di calcio fu nel 1958. Non ci riuscì perché perse la partita decisiva per andarci contro l’Irlanda del Nord, che i Mondiali non li aveva mai giocati prima e che – da allora e per ora – li ha giocati solo altre due volte. Il prossimo 26 marzo Italia e Irlanda del Nord si affronteranno nella semifinale degli spareggi per qualificarsi ai Mondiali del 2026.
Ai Mondiali del 1958, giocati in Svezia e vinti dal Brasile di Pelé, parteciparono 16 squadre, 11 delle quali dall’Europa. Per qualificarsi bisognava vincere un girone da tre squadre. L’Italia arrivò seconda nel suo, davanti al Portogallo ma dietro all’Irlanda del Nord: nella partita di casa aveva vinto l’Italia; in quella in trasferta – decisiva e giocata allo stadio Windsor Park di Belfast – vinse l’Irlanda del Nord.
Nel 1958 l’Italia del calcio arrivava da due Mondiali piuttosto deludenti. Dopo due vittorie durante il ventennio fascista – nel 1934 e nel 1938 – ai Mondiali del 1950 e del 1954, la Nazionale era uscita al primo turno in entrambe le occasioni. Erano passati quasi dieci anni dall’incidente di Superga, in cui morirono quasi tutti i giocatori del Grande Torino (e della Nazionale); la Coppa dei Campioni, il torneo europeo per squadre di club che esisteva da un paio di anni, lo aveva vinto sempre il Real Madrid.
L’allenatore della Nazionale era Alfredo Foni. Nato nel 1911, Foni era stato terzino alla Juventus e vincitore di un oro olimpico nel 1936 e dei Mondiali nel 1938. Da allenatore si fece notare all’Inter dei primi anni Cinquanta, dove vinse per due anni di fila il campionato (i primi per l’Inter nel dopoguerra). L’Inter di Foni giocava un calcio difensivo, basato sul cosiddetto “catenaccio”, puntando anzitutto a minimizzare i rischi, con l’obiettivo di annullare quanto più possibile il gioco degli avversari.
«Foni veniva dalla gavetta, e aveva importato in una grande squadra il gioco di provincia», ha scritto Valerio Moggia su Pallonate in faccia, «vincendo due Scudetti ma venendo bersagliato di critiche sulla stampa: in un’Italia ancora in cerca degli eredi del Grande Torino, il tecnico friulano era visto come un iconoclasta».
In Nazionale, Foni cercò di bilanciare questo suo approccio con l’arrivo di giocatori piuttosto estrosi e creativi, di quelli a cui si tendeva (e ancora si tende) a lasciare più libertà rispetto agli altri. In un periodo di generale scarsità di talenti calcistici nati in Italia, alcuni di loro erano “oriundi”, calciatori stranieri che avevano acquisito la nazionalità italiana grazie a lontani antenati o al tempo passato giocando in Italia. Tra loro c’era per esempio il 32enne Juan Alberto Schiaffino, che giocava al Milan dal 1954. Da giocatore dell’Uruguay, paese in cui era nato e cresciuto, nel 1950 Schiaffino era stato protagonista del Maracanazo, come è nota l’ultima partita di quei Mondiali, giocata in Brasile nello stadio Maracanã, in cui il suo Uruguay vinse 2-1 contro il Brasile.
Nel girone per i Mondiali l’Italia vinse in casa contro l’Irlanda del Nord e il Portogallo e perse, in trasferta a Lisbona, 3-0 contro il Portogallo. L’Irlanda del Nord vinse in casa con il Portogallo, perse in trasferta 1-0 contro l’Italia e pareggiò in trasferta con il Portogallo. Insomma, l’ultima partita, tra Irlanda del Nord e Italia, era quella decisiva: per qualificarsi l’Italia poteva vincere o anche pareggiare; all’Irlanda del Nord serviva invece vincere.
La partita si sarebbe dovuta giocare il 4 dicembre del 1957, ma fu rinviata per assenza dell’arbitro, che dall’Ungheria non era riuscito ad arrivare per tempo. I nordirlandesi proposero di giocarla lo stesso, con un loro arbitro; gli italiani comprensibilmente si opposero. Già che erano lì giocarono comunque una partita di allenamento, senza che contasse però per la qualificazione. Secondo le cronache di alcuni giornalisti al seguito fu una partita piuttosto dura, oltre che con un arbitro di parte. «Che il nostro gioco fosse migliorato o meno non si poté capire in quell’incontro amichevole, che seppe più di rugby che di calcio».
La vera partita – che nel frattempo era diventata anche l’ultima e decisiva – si giocò quindi il 15 gennaio del 1958. Foni schierò quattro oriundi e Goal ha riassunto così la sua scelta di formazione prima di quella partita: «Accusato spesso di difensivismo, l’ex tecnico dell’Inter fa scelte coraggiose e al contempo discutibili, pescando in casa nerazzurra». Fece quello che ancora oggi fanno spesso gli allenatori nei momenti decisivi: si affidò a chi conosceva di più, ai giocatori magari non migliori, ma che lui considerava più fedeli, e il cui gioco conosceva meglio.
In una partita giocata al freddo e col brutto tempo l’Irlanda del Nord fece due gol nel primo tempo. Nel secondo tempo Dino Da Costa, oriundo brasiliano della Roma, fece il gol del 2-1 e a circa 20 minuti dalla fine Alcides Ghiggia, anche lui oriundo (campione del mondo con l’Uruguay) e anche lui della Roma, fu espulso. Finì 2-1, in una partita da allora nota come la “disfatta di Belfast”, (ma anche “il disastro di Belfast”).
Alla disfatta seguirono le polemiche. Nella sua Storia critica del calcio italiano, pubblicata nel 1975, il giornalista Gianni Brera scrisse: «Lo smacco è cocente per tutti noi. Le parti in causa si accusano a vicenda». Da un lato c’era chi diceva che si sarebbe dovuto puntare ancora più sulla difesa, sul catenaccio rodato e noioso, ma efficace. Dall’altro c’era chi difendeva la scelta di schierare quattro oriundi – estrosi seppur un po’ attempati e forse non granché affezionati alle sorti dell’Italia – e sosteneva anzi che sarebbe servito giocare ancora più all’attacco per prevalere sulla fisicità nordirlandese.
Sembrò prevalere la critica agli oriundi. In radiocronaca si disse, con riferimento soprattutto a loro: «Tengono troppo la palla, fanno passaggetti inutili, ricamano invece di tessere». Per alcuni oriundi, tra cui Schiaffino, fu la fine della carriera in Nazionale. Foni invece restò, ma dopo una nuova sconfitta (contro l’Austria) fu esonerato.
In realtà l’Irlanda del Nord era una squadra niente male. Non c’era il miglior giocatore nordirlandese di sempre (George Best, che ancora aveva 12 anni), ma diversi nordirlandesi giocavano nelle migliori squadre d’Inghilterra (un paio di loro erano dei Busby Babes, come erano noti i giocatori del Manchester United allenato da Matt Busby, una squadra a sua volta coinvolta in un incidente aereo). Come ha scritto Moggia, «col senno di poi si nota facilmente che l’Irlanda del Nord non era la squadretta che l’opinione pubblica italiana dell’epoca credeva».
L’Irlanda del Nord andò ai Mondiali. Arrivò seconda nel suo girone e fu eliminata ai quarti di finale dalla Francia. Il torneo, come detto, lo vinse il Brasile di Pelé, che ancora doveva compiere 18 anni. Fu la prima e per ora unica volta in cui Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord, le quattro federazioni del Regno Unito, furono tutte ai Mondiali.



