I Laburisti vogliono sostituire Keir Starmer?
Una soffiata ai media ha portato allo scoperto le divisioni nel partito del primo ministro britannico, invece di sedarle

In questi giorni il governo britannico dei Laburisti si è creato da solo un grosso problema che poteva risparmiarsi, dato che ne ha già molti altri. Si è trovato a dover smentire sia il contenuto di una soffiata che molto probabilmente aveva fatto ai media, sia di avergliela fatta arrivare. L’obiettivo era consolidare la leadership del primo ministro Keir Starmer, screditando i suoi avversari interni: è successo il contrario.
I media britannici hanno definito il caso «la guerra del briefing», per la sua origine. Martedì un gruppo di giornalisti ha ricevuto un’imbeccata, in gergo un brief, secondo cui il ministro della Salute Wes Streeting stava organizzando un piano per sostituire Starmer come leader dei Laburisti, ma Starmer l’avrebbe impedito. Non si sa da chi sia arrivata: le fonti sono rimaste anonime e i media hanno usato la formula «Starmer’s allies», con cui di solito si riferiscono ai fedelissimi di Starmer, che siano funzionari, consiglieri o parlamentari.
La voce era trapelata poco prima di un giro di interviste in tv di Streeting, già previsto. Sulla carta poteva finire lì, ma il caso ha sconcertato vari parlamentari Laburisti. Streeting ha parlato di un clima tossico e Starmer, anche se ha promesso un’indagine interna, è apparso come un leader ansioso di sedare il dissenso interno.
Il governo infatti ha preso le distanze dal brief ai giornali, sostenendo che non provenisse dallo staff del primo ministro. Molti parlamentari non la pensano così e sono convinti invece che il responsabile sia l’influente capo di gabinetto di Starmer, Morgan McSweeney. Gli hanno chiesto di licenziarlo: Starmer per ora non l’ha fatto, ma non si è neppure speso troppo per difenderlo (è noto per il cinismo con cui ha sacrificato gli esponenti del partito, anche vicini a lui, che riteneva un problema).
Il post dei Conservatori prende in giro Starmer sostenendo che quelli dietro di lui siano pronti a prendere il suo posto: registrare un dominio internet è propedeutico a una candidatura a leader (sono di fantasia, però uno esisteva davvero)
Mercoledì sera Starmer ha parlato con Streeting e ci si è riappacificato, ma il caso ormai aveva danneggiato la sua credibilità.
Poche ore prima Starmer aveva sostenuto in parlamento, tra le risate dell’opposizione, che la sua «squadra» fosse unita e che gli attacchi a mezzo stampa non fossero una pratica del governo. Il paradosso non è sfuggito ai commentatori politici: «Il primo ministro ha dovuto negare che il suo partito lo voglia spodestare: una storia che sono stati i suoi stessi alleati a rendere aggressivamente di pubblico dominio», ha scritto per esempio il Times.
La modalità con cui è stato attaccato Streeting, tra l’altro, ha scontentato persino quelli tra i Laburisti che erano d’accordo con la necessità di maggiore disciplina interna. Secondo loro, il tempismo è stato sbagliato: ha messo Streeting, che è ritenuto un buon comunicatore, nelle condizioni di difendersi nelle ospitate televisive, presentandosi come la vittima di una macchinazione contro di lui.
Streeting ha detto che chi ha fatto uscire le voci su di lui «guarda troppo Celebrity Traitors», un reality show in cui bisogna scoprire il traditore, appunto
Streeting insomma ne è uscito bene, ricavandone visibilità. Per adesso la sostituzione di Starmer come leader dei Laburisti, e quindi anche come primo ministro, non è un’ipotesi concreta ma tutto questo dibattito sulla possibilità che avvenga l’ha resa meno remota, o quantomeno un tema nel dibattito pubblico e non solo nei retroscena dei cronisti parlamentari.
Per i Laburisti non è un buon momento per impelagarsi in liti interne, anche se la fase difficile che stanno attraversando contribuisce a spiegarle. Dopo aver stravinto le elezioni del luglio 2024, in poco più di un anno hanno dimezzato i consensi: in uno degli ultimi sondaggi, dell’istituto YouGov, sono appaiati sulle stesse percentuali di Conservatori, Libdem e Verdi, cioè gli altri tre partiti che si giocano insieme a loro il secondo posto dietro alla destra populista del partito Reform UK di Nigel Farage.
Un pezzo del partito attribuisce la perdita dei consensi a Starmer e lo ritiene un leader poco efficace. Ha senz’altro grossi problemi di popolarità: secondo l’istituto Ipsos è già più impopolare di quanto fossero i suoi predecessori alla fine dei loro mandati (quando tradizionalmente i tassi d’approvazione sono ai minimi).
Sostituire Starmer ora, però, è irrealistico. Da un lato non ci sono le condizioni politiche. Per sfiduciarlo, secondo le regole dei Laburisti, servirebbe che lo chiedesse il 20 per cento dei 405 parlamentari del partito, cioè almeno 81 di loro, e oggi questi numeri non ci sono (a quel punto ci sarebbe una votazione aperta ai tesserati). In 125 anni di storia i Laburisti non hanno mai sfiduciato un primo ministro in carica, a differenza dei Conservatori, che ne hanno cambiati quattro nei loro ultimi cinque anni al potere.
Dall’altro ci sono anche ragioni di calendario. Tra meno di due settimane il governo presenterà la sua seconda legge di bilancio, e sarà un passaggio sofferto. Secondo le anticipazioni dei media potrebbe aumentare le imposte sul reddito, contraddicendo la promessa della campagna elettorale di non alzare le tasse. La destra sta attaccando molto su questo i Laburisti, che non possono permettersi di mostrarsi indecisi o divisi.
Inoltre a maggio dell’anno prossimo ci sarà un’importante tornata di elezioni: oltre a quelle locali, si voterà per i parlamenti di Scozia e Galles. In Galles i Laburisti potrebbero venire superati per la prima volta da Plaid Cymru, un partito progressista tiepidamente indipendentista, ma in generale ci si aspetta che sia una tornata nefasta per loro. Cambiare leader prima della legge di bilancio, o prima delle elezioni, non migliorerebbe la situazione.
Da mesi nel partito si discute di come recuperare consensi: un pezzo crescente dei Laburisti, seppure non ancora maggioritario, vede in Starmer una delle principali cause della crisi. In questo senso, se McSweeney resterà al suo posto, la vera conseguenza della «guerra del briefing» sarà che la leadership di Starmer non è più così indiscutibile. Oggi a molti commentatori non pare più così lunare che il partito possa scegliere un altro leader per le prossime elezioni del 2029, oppure prima.
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