In Grecia una riforma per estendere l’orario lavorativo sta facendo molto discutere
Lo porterebbe a un massimo di 13 ore al giorno: non piace ai sindacati e agli attivisti, ma probabilmente verrà approvata

Mercoledì il parlamento greco ha iniziato a discutere un’importante proposta di riforma della legge sul lavoro, che secondo il governo serve a rendere le regole più flessibili e a ridurre gli effetti della crisi demografica. Alcune misure sono state molto criticate: quella di cui si sta discutendo di più prevede di estendere gli straordinari per permettere di lavorare fino a 13 ore al giorno nel settore privato.
Al momento in Grecia la durata di un giorno lavorativo è tipicamente di otto o nove ore. La legge permette già di fare tre ore di straordinario, e la riforma vorrebbe aggiungerne una quarta, arrivando quindi a 13 ore in un giorno. Il totale di ore lavorative settimanali dovrebbe però rimanere uguale: in pratica se si lavora di più un giorno, per compensare si lavorerà meno in un altro. Rimarrebbe uguale anche il numero totale di ore di straordinario che si possono fare in un anno, che sono 150. Anche in Italia la legge permette di fare 13 ore di lavoro giornaliero, tenendo conto degli straordinari, ma il limite annuale è molto più alto: sono 250.
Da quando è entrato in carica, nel 2023, il primo ministro Kyriakos Mitsotakis (del partito di centrodestra Nuova Democrazia) sta apportando varie modifiche alle regole sul lavoro, che sono state criticate da attivisti e associazioni per i diritti dei lavoratori. L’anno scorso per esempio aveva introdotto la settimana lavorativa di sei giorni, una scelta opposta rispetto a quelle di altri paesi europei, che stanno provando a ridurne la durata con la “settimana corta”. Secondo il governo queste modifiche servono per rispondere alla mancanza di lavoratori causata dalla crisi demografica, che Mitsotakis ha definito una «minaccia nazionale».

Il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis (AP/Markus Schreiber)
La nuova legge non intende rendere le giornate di 13 ore la norma. Ci sono anzi diversi limiti: per esempio, si potrà lavorare 13 ore per un massimo di tre giorni lavorativi ogni mese. Inoltre le giornate di 13 ore lavorative dovranno essere decise con un accordo tra lavoratore e datore di lavoro. Tra le altre cose, la riforma introduce anche una maggiore flessibilità nelle assunzioni a breve termine e nelle regole per le ferie annuali nel settore privato.
In Grecia le ispezioni sul lavoro non vengono condotte con regolarità, e i partiti dell’opposizione e i sindacati hanno criticato la riforma sostenendo che ridurrà i diritti dei lavoratori e aumenterà il potere dei datori di lavoro, rendendo più frequenti gli abusi. A ottobre ci sono già stati due scioperi generali contro la riforma.

Un uomo cammina nella stazione ferroviaria di Atene, deserta durante lo sciopero nazionale del 14 ottobre 2025 contro la riforma del lavoro (AP/Petros Giannakouris)
Il principale sindacato greco ha criticato la legge sostenendo che questa danneggi la salute e la sicurezza dei lavoratori, impedendo il riposo minimo giornaliero di 11 ore previsto anche da una direttiva europea. Le 13 ore infatti non includono pause, né il tempo del tragitto tra casa e lavoro. Nikos Androulakis, il leader del principale partito di sinistra PASOK, ha detto che la riforma è «lo smantellamento sistematico» dei diritti dei lavoratori.
Nonostante le critiche è praticamente certo che la riforma passerà, dato che Nuova Democrazia controlla da sola la maggioranza del parlamento e quindi ci si aspetta che riesca ad approvarla senza problemi.
La Grecia è già il paese dell’Unione Europea dove si lavora il maggior numero di ore a settimana. Dopo la grande crisi finanziaria del 2011, che aveva quasi portato al fallimento del paese, l’economia è progressivamente migliorata: il Prodotto Interno Lordo è cresciuto più che nel resto dell’Unione Europea, e la disoccupazione è all’8,1 per cento, un dato molto più basso rispetto agli ultimi dieci anni, in cui spesso è stata sopra al 20 per cento (ma comunque alto rispetto alla media dell’Unione Europea e anche al dato italiano, entrambi circa al 6 per cento). Tanti greci, però, non ne hanno beneficiato: i salari mediani sono tra i più bassi dell’Unione Europea. Più di un greco su quattro è a rischio di povertà o di esclusione sociale.



