Perché Israele non è stato escluso dal calcio internazionale
La UEFA continua a non decidere, e intanto l'Italia deve giocarci contro, tra molte proteste
di Valerio Moggia

Martedì 14 ottobre alle 20:45 si gioca a Udine la discussa partita delle qualificazioni ai prossimi Mondiali di calcio tra Italia e Israele. Nelle ultime settimane si era parlato di una possibile esclusione della nazionale israeliana dalle competizioni internazionali, ma alla fine nessuna decisione è stata presa né dalla UEFA né dalla FIFA, le due organizzazioni che controllano il calcio a livello europeo e mondiale.
Il 25 settembre il giornale britannico Times aveva scritto che nel giro di pochi giorni si sarebbe dovuto tenere un voto interno alla UEFA sulla possibile sospensione di Israele, a causa dei massacri commessi negli ultimi due anni nella Striscia di Gaza, in modo simile a quanto avvenuto con la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. La notizia era stata confermata anche da Associated Press, dall’Independent e da Sky News, che tuttavia avevano dato meno certezze su una possibile data del voto. Gabriele Gravina, il presidente della federazione calcistica italiana e vice presidente della UEFA, aveva poi detto a Domani che non era previsto nessun incontro del comitato esecutivo della UEFA nei giorni successivi.
Alla fine non c’è stato nessun voto, forse anche a causa di pressioni degli Stati Uniti, i principali alleati di Israele. La maggior parte delle federazioni calcistiche europee sarebbe però stata a favore dell’esclusione di Israele dalle competizioni, anche se è possibile che il recente cessate il fuoco possa cambiare le cose.
Si sono già dette favorevoli all’esclusione la Turchia e la Norvegia. La federazione spagnola non ha fatto dichiarazioni ufficiali, ma a settembre il primo ministro Pedro Sánchez aveva chiesto l’esclusione di Israele dalle competizioni internazionali, e Patxi López, il portavoce in parlamento del Partito Socialista, il principale partito di governo, aveva ipotizzato un ritiro della Spagna dai Mondiali in caso di qualificazione di Israele. La nazionale spagnola però è campione d’Europa in carica e tra le favorite per vincere i Mondiali, ed è improbabile che si arrivi a un suo ritiro dai prossimi Mondiali.
C’è un’altra cosa da considerare. È difficile che Israele riesca a qualificarsi per il Mondiale della prossima estate: se anche vincesse martedì con l’Italia, non sarebbe certo del secondo posto nel girone (quasi di sicuro la Norvegia arriverà prima), e anche nel caso in cui ci arrivasse dovrebbe comunque giocare i playoff.

Tifosi di Israele a Oslo durante la partita contro la Norvegia di sabato scorso (Mateusz Slodkowski/Getty Images)
La prossima partita con l’Italia, e quella giocata (e persa 5-0) da Israele in Norvegia sabato scorso, sono state precedute da grosse discussioni. Anche per questo la Norvegia aveva deciso un mese fa che avrebbe donato l’incasso della partita a Medici Senza Frontiere. La FIGC farà invece una donazione a Médecins du Monde, una ong che opera a Gaza e in Cisgiordania, attraverso la UEFA Foundation for Children.
Martedì pomeriggio, prima della partita, a Udine ci sarà un corteo di protesta che si prevede molto partecipato, come molte delle manifestazioni in favore della Palestina che si sono tenute in Italia nelle scorse settimane. L’allenatore dell’Italia Gennaro Gattuso ha riassunto la situazione dicendo che «dentro lo stadio ci saranno 5mila persone e fuori 10mila». L’affluenza prevista allo stadio è molto bassa, dato che risultano venduti circa 5mila biglietti, mentre alla manifestazione hanno aderito 300 associazioni.
Già un anno fa, il 14 ottobre del 2024, Italia e Israele si erano affrontate in Nations League, sempre a Udine (la Nations League è la competizione per nazionali europee che da qualche anno ha sostituito la maggior parte delle partite amichevoli). Questa volta la FIGC avrebbe voluto giocare la partita a Bari, ma l’amministrazione cittadina ha negato l’utilizzo dello stadio proprio per la presenza della nazionale israeliana. Così si è deciso di tornare a Udine, una città abbastanza scomoda da raggiungere (per i tifosi, ma anche per i manifestanti).
Decisivo per la scelta è stato soprattutto il fatto che lo stadio di Udine è in concessione esclusiva alla squadra locale, l’Udinese, che ha l’ultima parola sull’organizzazione degli eventi. La partita è stata quindi confermata nonostante l’opposizione del sindaco di Udine, Alberto Felice De Toni, che si era detto contrario a ospitare Israele già un anno fa e di nuovo nei mesi scorsi.
Per contro, le istituzioni italiane non hanno mai avuto dubbi sull’incontro. Il governo della presidente del Consiglio Giorgia Meloni è sempre stato ambiguo e riluttante nel condannare i massacri di Israele a Gaza, e già a inizio agosto il ministro dello Sport Andrea Abodi aveva confermato che la partita si sarebbe giocata. Lo stesso Gattuso e alcuni suoi giocatori hanno detto di non essere favorevoli al boicottaggio. Secondo un recente sondaggio di YouGov, commissionato dall’ong Ekō, il 69 per cento degli italiani sarebbe favorevole all’esclusione di Israele dal calcio internazionale.

I tifosi della Norvegia con le bandiere della Palestina prima della partita di sabato scorso contro Israele (Robbie Jay Barratt – AMA/Getty Images)
Le campagne per escludere Israele dal calcio internazionale vanno avanti da tempo. La richiesta fu fatta già nel maggio del 2024 dalla federazione calcistica palestinese PFA alla FIFA, ma senza successo. In seguito fu ripresa dalla campagna Show Israel the red card (mostra a Israele il cartellino rosso), promossa dalla Green Brigade, il principale gruppo di tifosi del Celtic di Glasgow, a partire dal febbraio del 2025. Nei mesi seguenti ha coinvolto centinaia di tifoserie in tutto il mondo.
Il 17 settembre è stata promossa una seconda campagna, chiamata Game Over Israel, coordinata dall’American-Arab Anti-Discrimination Committee, organizzazione statunitense che si occupa di diritti civili, soprattutto in relazione alla comunità arabo-americana e alle questioni palestinesi.
Sospendere una federazione per ragioni politiche e umanitarie non sarebbe una novità assoluta nel calcio. Era già successo nel 1976 con il Sudafrica dell’apartheid; poi nel 1992 con la Jugoslavia, per via della guerra in Bosnia-Erzegovina, e infine tre anni fa con la Russia. In tutti questi casi le pressioni politiche internazionali erano state decisive per indirizzare la FIFA verso le sanzioni: il Sudafrica era stato già espulso dalla confederazione africana CAF nel 1958, mentre nel caso della Russia diverse federazioni, tra cui quella inglese, avevano minacciato di ritirarsi dai Mondiali in Qatar.
L’atteggiamento nei confronti di Israele è stato invece molto diverso, e gli iniziali accordi di pace di questi giorni potrebbero indebolire ancor di più le richieste di boicottaggio sportivo. Inoltre, la probabile mancata qualificazione della nazionale israeliana ai prossimi Mondiali comporterà la sua assenza da partite internazionali fino a settembre del 2026, quando inizierà la nuova Nations League. In poche parole, la UEFA e la FIFA non dovrebbero più affrontare la questione per quasi un anno, e nel frattempo la situazione internazionale potrebbe essere cambiata.
Resterebbe in ogni caso il problema delle squadre di club israeliane, che continuano a partecipare alle coppe europee.
In questa stagione il Maccabi Tel Aviv gioca l’Europa League: il 6 novembre sarà a Birmingham per giocare contro l’Aston Villa, e sono già state presentate petizioni per chiedere l’annullamento della partita. Il 29 gennaio il Maccabi affronterà il Bologna sul campo neutro di Bačka Topola, in Serbia, ma negli scorsi giorni il Centro Bologna Clubs, che coordina circa 6.000 tifosi della squadra emiliana, ha invitato i suoi iscritti a disertare la trasferta come forma di protesta.



