Spostare la campagna elettorale dalle Marche non è stata una buona idea per il centrosinistra

Matteo Ricci ha provato a farlo per rimontare su Francesco Acquaroli alle elezioni regionali: non ha funzionato

Matteo Ricci, con Alessandra Todde e Stefania Proietti, sul palco di Ancona, nel comizio finale della campagna elettorale del candidato del centrosinistra alle regionali delle Marche, il 25 settembre 2025 (foto dal profilo Facebook di Ricci)
Matteo Ricci, con Alessandra Todde e Stefania Proietti, sul palco di Ancona, nel comizio finale della campagna elettorale del candidato del centrosinistra alle regionali delle Marche, il 25 settembre 2025 (foto dal profilo Facebook di Ricci)
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Le foto del comizio di chiusura della campagna elettorale per le regionali nelle Marche mostrano il candidato del centrosinistra Matteo Ricci su un palco in piazza Roma ad Ancona mentre sventola una bandiera palestinese. Accanto a lui ci sono le presidenti di centrosinistra della Sardegna e dell’Umbria, Alessandra Todde e Stefania Proietti, e alle spalle suonano i Modena City Ramblers.

È un’immagine piuttosto significativa: mostra da un lato la volontà di movimentare la sfida elettorale puntando su un argomento di politica internazionale, e dall’altro quello di mostrare un modello vincente di governo regionale basato sulla collaborazione tra PD e Movimento 5 Stelle, com’è avvenuto in Sardegna e in Umbria. Il tutto in un contesto di grande richiamo identitario di sinistra, con uno storico gruppo musicale militante come i Modena City Ramblers, per una chiusura di comizio sulle note di Bella ciao.

Col senno di poi, è facile dire che quella scelta non ha funzionato, visti i risultati delle elezioni regionali nelle Marche: Ricci ha perso con un distacco notevole, di 8 punti percentuali. Sono tanti, parecchi di più di quelli che mettevano in conto nello staff di Ricci, nonostante ci fosse un certo pessimismo da settimane.

Per Ricci dare un rilievo nazionale al voto è stata per certi versi una scelta obbligata. È un esponente di rilievo del PD da anni, è stato per due volte sindaco di Pesaro, uno dei capoluoghi marchigiani, e a giugno del 2024 ha ottenuto l’elezione al Parlamento Europeo con oltre 106mila preferenze: nel PD c’era la convinzione di poter far valere questo profilo su quello del presidente uscente Francesco Acquaroli, che ha una personalità tutt’altro che carismatica e non ha mai avuto alcun incarico nel suo partito, Fratelli d’Italia.

Poi però a luglio Ricci è stato coinvolto in un’inchiesta giudiziaria per fatti di rilievo locale, legati alla sua amministrazione a Pesaro, e questo gli ha sottratto il fattore di gradimento personale su cui il PD pensava di poter puntare. L’inchiesta ha offuscato un po’, almeno secondo il racconto che è stato fatto sui giornali locali, l’immagine di Ricci come buon amministratore.

Era stata poi anche Giorgia Meloni a dare una caratura nazionale a questa competizione regionale. Temendo un risultato negativo che avrebbe messo un po’ in affanno la coalizione di destra anche a livello nazionale, il 4 agosto è andata ad Ancona per annunciare l’inclusione delle Marche (e dell’Umbria) nell’area della cosiddetta ZES (Zona Economica Speciale) unica, una zona cioè in cui le imprese hanno sgravi e agevolazioni fiscali significativi: finora questa possibilità era stata data dal governo solo a regioni del Sud. Da quel momento in poi, vari esponenti del governo sono andati più volte a settimana nelle Marche a promettere, inaugurare, promuovere, come sempre avviene in questi casi. E dunque per Ricci è diventato inevitabile dare un rilievo politico nazionale al voto.

Il tema che lui e il suo staff hanno deciso di usare per polarizzare il confronto a livello ideologico, nelle ultime settimane di campagna elettorale, è stato quello della Palestina. Erano convinti di poter mobilitare il proprio elettorato di riferimento, sottraendolo dall’astensionismo e spingendolo a votare, con un argomento che in effetti è di grande impatto emotivo, tanto più dopo le partecipate manifestazioni del 22 settembre scorso e l’accalorarsi del dibattito intorno alla Global Sumud Flotilla.

Così Ricci ha annunciato che, se avesse vinto, il primo atto da presidente delle Marche sarebbe stato il riconoscimento della Palestina (una decisione dal puro valore simbolico, soprattutto per una regione). Si è mostrato in più occasioni con le bandiere palestinesi. Ha ricevuto e rilanciato i messaggi di Arturo Scotto, un deputato del PD che è a bordo di una delle navi della Flotilla. Il confronto, in questo senso, era piuttosto notevole: mentre gli esponenti della destra parlavano di infrastrutture, di trasporti e di sgravi fiscali, nel centrosinistra si parlava molto di Gaza, e si rimproverava ad Acquaroli, e più in generale al governo, di essere troppo accomodante nei confronti del premier israeliano Benjamin Netanyahu.

Evidentemente, non ha funzionato. E non è servito neppure a mobilitare l’elettorato: l’affluenza è stata del 50 per cento, una decina di punti in meno rispetto al 2020.

Nell’ultima elezione in cui il centrosinistra aveva sottratto il governo di una regione agli avversari, e cioè in Umbria nel novembre del 2024, la rimonta finale e decisiva da parte di Proietti nei confronti della presidente uscente Donatella Tesei era stata ottenuta soprattutto alla grande enfasi data dal PD al tema della sanità. Proietti, Schlein e altri esponenti della coalizione progressista avevano passato le ultime settimane di campagne elettorali facendo iniziative davanti agli ospedali di cui denunciavano il ridimensionamento o di cui paventavano la chiusura, parlando di liste di attesa e di mancanza di personale medico. Stavolta, nelle Marche, si è tentata una tattica diversa, meno “locale”.

Giorgia Meloni insieme agli leader del centrodestra nazionale ad Ancona, per la chiusura della campagna elettorale del centrodestra per Francesco Acquaroli, il 17 settembre 2025 (Filippo Attili/ANSA)

La foto finale della campagna elettorale di Ricci mostra anche un altro paradosso che, a risultato ormai acquisito, sembra molto significativo: sul palco del suo comizio finale non c’erano leader nazionali, cosa che stride col fatto che si volesse dare un rilievo nazionale e addirittura internazionale a un’elezione regionale. La destra invece aveva organizzato per due volte, nell’ultimo mese e mezzo, due eventi pubblici a cui avevano partecipato i leader nazionali della coalizione, compreso un comizio tenutosi nella stessa piazza Roma di Ancona, conclusosi emblematicamente con un selfie scattato da Meloni, in cui Acquaroli era circondato dalla presidente del Consiglio e dai due vicepresidenti del Consiglio, Matteo Salvini e Antonio Tajani.

Non è un caso che Ricci abbia fatto questa scelta. La coalizione di centrosinistra è riuscita a presentarsi compatta in tutte le elezioni regionali di questo autunno, ed è di per sé un dato non scontato, visto il recente passato. A questa unità ha lavorato molto Elly Schlein, la segretaria del PD. Sia nelle Marche sia in Toscana, così come in Campania e in Puglia, anche l’impegno di Giuseppe Conte per garantire la lealtà del M5S alla coalizione è stato più determinato che in altre occasioni.

Ci sono però ancora grosse divergenze tra i leader dei vari partiti della coalizione progressista, e soprattutto tra i rispettivi elettorati di riferimento: e quindi proprio mentre il centrosinistra diceva di voler rendere questi turni di elezioni regionali un momento per dare un segnale politico al governo nazionale, non riusciva a far salire su uno stesso palco Schlein e Conte insieme a Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli e Matteo Renzi.

Anche i risultati mostrano come la sconfitta di Ricci sia molto politica. Lui come candidato ha ottenuto quasi due punti in più rispetto alla somma delle liste che lo sostenevano. Significa dunque che gli elettori marchigiani gli hanno riconosciuto una certa credibilità personale, maggiore a quella della sua coalizione. Per Acquaroli invece è successo esattamente il contrario.

Il risultato dei partiti è stato particolarmente deludente. Il PD ha preso circa il 22 per cento, un dato inferiore a quello delle elezioni europee del 2024 e a quello delle regionali del 2020 (in entrambi i casi era stato più del 25 per cento). Pur tenendo conto del fatto che la lista civica di Ricci ha ottenuto un ottimo 7 per cento (cioè, praticamente, quasi quanto la Lega di Matteo Salvini), e che ha dunque verosimilmente raccolto una parte dei consensi del PD, il risultato è comunque negativo.

Il M5S ha preso circa il 5 per cento, che è quasi la metà di quanto fece alle europee del 2024 (9,6 per cento) e molto meno anche rispetto alle regionali del 2020, quando presentando un proprio candidato in solitaria prese l’8,6 per cento dei voti. Anche Alleanza Verdi e Sinistra ha perso un punto rispetto alle europee, ottenendo poco più del 4 per cento. La lista che fa riferimento a Renzi, Progetti Marche Vive, non è andata oltre il 2 per cento. La spinta politica che avrebbe dovuto consentire a Ricci di rimontare su Acquaroli evidentemente non c’è stata.

Al contrario, nella destra il risultato più confortante è stato proprio quello delle liste. Si è consolidata grosso modo una situazione analoga a quella del voto delle politiche del 2022: dopo tre anni di governo è un dato piuttosto notevole. Fratelli d’Italia ha perso 2 punti percentuali (dal 29 al 27), mentre Lega e Forza Italia, sulla cui tenuta c’erano parecchi dubbi, si sono confermate sui loro livelli abituali di questo periodo. Anzi hanno fatto anche un po’ meglio: sopra al 7 per cento la Lega, intorno all’8,6 Forza Italia. Il distacco tra le coalizioni nel loro complesso è stato ampio: 43 per cento per il centrosinistra, 54 per il centrodestra.