Il piano di Trump per la fine della guerra nella Striscia di Gaza
È molto favorevole per Israele ed è di fatto un ultimatum per Hamas: se non lo accetterà, Netanyahu avrà via libera per «finire il lavoro» a Gaza

L’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump ha diffuso un piano per mettere fine alla guerra nella Striscia di Gaza. Trump l’ha presentato in una conferenza stampa a Washington assieme al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ha detto di sostenerlo. Le condizioni proposte da Trump sono molto favorevoli per Israele, e Netanyahu ha detto che il piano «realizza i nostri obiettivi di guerra». Al contrario, prevede varie imposizioni che Hamas ha finora considerato irricevibili.
Trump e Netanyahu non hanno però lasciato nessuno spazio per il negoziato, e il piano di pace è di fatto un ultimatum: il presidente americano ha detto che se Hamas lo rifiuterà, Israele avrà il «pieno sostegno» degli Stati Uniti per «finire il lavoro», proseguendo con la guerra e i massacri nella Striscia di Gaza.
Il testo prevede che se entrambe le parti (Israele e Hamas) lo accettassero ci sarebbe un cessate il fuoco immediato. Hamas avrebbe a quel punto 72 ore per rilasciare tutti gli ostaggi israeliani, sia vivi sia morti. In cambio, Israele rilascerebbe 250 prigionieri palestinesi, più 1.700 persone di Gaza detenute dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023.
Il piano parla di un ritiro graduale dell’esercito israeliano dalla Striscia di Gaza, ma non dei tempi. Inoltre Israele manterrebbe un’ampia “zona cuscinetto” occupando tutto il perimetro lungo i confini della Striscia, cosa che permetterebbe di separare il confine tra Israele e la Striscia e di mantenere una sorveglianza continua.
La parte più peculiare riguarda il futuro governo della Striscia, che dovrebbe essere affidato a una «commissione palestinese tecnocratica e apolitica» la quale a sua volta sarebbe supervisionata da un «Consiglio della Pace» guidato da Trump stesso. A giudicare dalle dichiarazioni di Trump, sarebbe questo Consiglio a detenere il vero potere decisionale. Del Consiglio farebbero parte leader palestinesi e internazionali, tra cui l’ex primo ministro britannico Tony Blair, che ha partecipato alla stesura del piano. Il compito del Consiglio sarebbe quello di governare Gaza finché l’Autorità palestinese, cioè l’ente che già governa parte della Cisgiordania, non si sarà «riformata» e sarà pronta a prendere il controllo anche della Striscia.
Hamas non dovrebbe avere alcun ruolo nel governo di Gaza, né diretto né indiretto. I membri del gruppo che accettassero una «coesistenza pacifica» e il disarmo potrebbero ottenere un’amnistia e la possibilità di emigrare in modo sicuro verso altri paesi. La Striscia di Gaza dovrebbe essere demilitarizzata. Nel frattempo il piano prevede la creazione di un altro organismo, chiamato Forza di stabilizzazione internazionale, con il compito di gestire la sicurezza a Gaza nel lungo termine collaborando con rappresentanti di Israele, dei palestinesi e dei paesi arabi.
È prevista anche la creazione di un «piano Trump per lo sviluppo economico» che dovrebbe ricostruire e valorizzare Gaza attraverso «razionali proposte di investimento ed eccitanti idee di sviluppo». Da tempo Trump, un ex imprenditore immobiliare, parla delle possibilità di business che la «riviera» di Gaza garantirebbe: lo scorso febbraio aveva proposto per esempio che gli Stati Uniti prendessero il controllo della Striscia di Gaza per trasformarla in una sorta di località turistica.
Durante la ricostruzione i civili palestinesi potrebbero andarsene dalla Striscia se lo volessero, ma non sarebbero obbligati a farlo. Questo passaggio è piuttosto delicato e controverso, perché molti gazawi temono che l’abbandono apparentemente volontario delle loro terre potrebbe finire per essere forzato, e il diritto al ritorno non garantito, come vorrebbero molti membri estremisti del governo di Netanyahu.
Con il cessate il fuoco riprenderebbe in modo immediato la distribuzione su larga scala di beni essenziali nella Striscia, che Israele controlla, limita e blocca in molti modi, e si procederebbe al recupero delle infrastrutture (rete idrica, elettrica, fognaria), degli ospedali e di alcune attività commerciali distrutte durante la guerra.
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L’accordo è stato generalmente ben accolto dalla comunità internazionale, consapevole che potrebbe essere l’unico modo per forzare Israele a interrompere i massacri. Tra le prime reazioni positive ci sono state quelle del presidente francese Emmanuel Macron e della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. I ministri degli Esteri di Arabia Saudita, Giordania, Emirati Arabi Uniti, Indonesia, Pakistan, Turchia, Qatar ed Egitto hanno diffuso una dichiarazione congiunta in cui hanno detto di apprezzare gli «sforzi sinceri» del presidente Trump per far finire la guerra a Gaza.
Mentre Israele ha immediatamente accettato un piano così favorevole, non è chiaro cosa farà adesso Hamas. Il piano imporrebbe al gruppo varie condizioni ritenute precedentemente inaccettabili. Al tempo stesso, la pressione militare di Israele è diventata così forte, e Hamas è così indebolito, che i suoi leader potrebbero quanto meno prenderlo in considerazione, con la speranza di rinegoziarne alcuni elementi.



