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  • Mercoledì 17 settembre 2025

Andarsene dalla città di Gaza, di nuovo

Con l’inizio dell’occupazione israeliana centinaia di migliaia di palestinesi si stanno spostando per l’ennesima volta, portando con sé tutto ciò che hanno

Una bambina palestinese su un'auto che lascia il nord della Striscia di Gaza verso sud, martedì 16 settembre (AP Photo/Abdel Kareem Hana)
Una bambina palestinese su un'auto che lascia il nord della Striscia di Gaza verso sud, martedì 16 settembre (AP Photo/Abdel Kareem Hana)
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Decine di migliaia di civili palestinesi stanno continuando a lasciare la città di Gaza, dopo che martedì l’esercito israeliano è entrato via terra nella città con l’obiettivo di conquistarla e occuparla interamente.

Gaza è la città più popolosa della Striscia. Dall’inizio della guerra, a ottobre del 2023, è stata bombardata costantemente, ma finora Israele aveva in buona parte evitato di entrarci per timore che lì fossero detenuti gli ostaggi israeliani (secondo le stime israeliane a Gaza ci sarebbero ancora circa 50 ostaggi, di cui 20 in vita). Prima della guerra era abitata da circa un milione di persone, più o meno la metà dell’intera popolazione della Striscia: il 9 settembre l’esercito israeliano ha ordinato a tutti di andarsene, e secondo le sue stime circa 400mila persone l’hanno fatto.

Oltre all’operazione di terra, l’esercito israeliano sta continuando i bombardamenti sulla città, che hanno causato anche l’interruzione della connessione a Internet, rendendo ancora più difficili le comunicazioni sia tra i palestinesi che sono nella Striscia, sia con l’esterno. Tra le altre cose, un drone ha colpito l’ospedale pediatrico Rantisi, vicino alla costa: nessuno è stato ucciso, ma secondo il ministero della Salute di Gaza circa la metà degli 80 pazienti ha dovuto lasciare la struttura. Tra coloro che sono rimasti ci sono pazienti in terapia intensiva e bambini nati prematuri, oltre al personale sanitario.

L’esercito israeliano ha ordinato alla popolazione locale di andare ad al Mawasi, nel sud della Striscia, che Israele definisce una “zona sicura” ma che in realtà l’esercito aveva bombardato più volte uccidendo civili e distruggendo strade ed edifici. Molti palestinesi avevano già lasciato la città di Gaza dopo l’inizio della guerra per rifugiarsi a sud ed erano tornati a viverci a gennaio, dopo il cessate il fuoco tra Israele e Hamas (poi violato da Israele a marzo).

Di fatto per i palestinesi che lasciano la città di Gaza al momento non c’è un posto sicuro dove rifugiarsi. Anche volendo farlo, è molto complicato, per l’assenza di mezzi, per i costi proibitivi e perché non esiste una strada sicura da percorrere.

Mercoledì l’esercito ha detto di aver aperto temporaneamente un corridoio sicuro lungo la strada Salah al Din, la più importante della Striscia, che la attraversa da nord a sud. Dice che rimarrà aperto fino a mezzogiorno di venerdì. Tuttavia il viaggio dalla città di Gaza ad Al Mawasi lungo la Salah al Din è un viaggio molto lungo (a piedi impiega circa 7 ore), e secondo un rapporto di Human Rights Watch la strada è stata «raramente, se non mai, [un percorso] davvero sicuro».

In queste ore molti palestinesi stanno raccontando della difficoltà di spostarsi ancora una volta. Alaa, una donna palestinese, ha raccontato a BBC News che nei mesi scorsi era stata sfollata a Khan Yunis e a Rafah, prima di tornare a Gaza. «È umiliante rivivere questo viaggio da capo. Mi sento così disperata», ha detto. Ha raccontato che stava lavorando nel suo ufficio quando martedì sono iniziati i nuovi bombardamenti israeliani, seguiti da un lancio di volantini in cui si ordinava alla popolazione di spostarsi verso sud. Ha detto anche che, nel caos delle persone che scappavano, ha impiegato otto ore per raggiungere il centro della Striscia di Gaza, invece che i 25 minuti circa che si impiegavano prima della guerra.

– Leggi anche: Israele ha iniziato a occupare la città di Gaza

«Siamo tutti terrorizzati», ha detto al New York Times Montaser Bahja, un ex insegnante che ha trovato rifugio nella parte ovest della città di Gaza. «La morte sarebbe più compassionevole di quello che stiamo passando». Umm Muhannad ha cinque figli e sta andando via dal campo profughi di Shati, nella zona occidentale della città: «Ce ne siamo andati via senza nulla se non i vestiti che abbiamo addosso. Non abbiamo avuto tempo di prendere nulla», ha dettoHaaretz. «I bambini piangono per la fame e per la paura, e dormono all’aperto. Il cielo è il nostro tetto».

(AP Photo/Abdel Kareem Hana)

Un altro palestinese, Essam Shawa, un falegname di 40 anni, ha detto a BBC News di aver lasciato Gaza a piedi insieme alla sua famiglia lunedì sera, diretto a Deir al Balah. Ha detto che hanno camminato per 12 ore, facendo solo brevi pause. «Ce ne siamo andati senza nemmeno prendere le nostre cose. Niente vestiti, niente effetti personali, niente! È stato miracoloso come siamo riusciti a sopravvivere ai bombardamenti al Tuffah [un quartiere del centro storico di Gaza, ndr] e ad uscirne». Shawa ha detto anche che ci sono molte altre persone che non riescono ancora a lasciare il quartiere di Tuffah, a causa dei continui bombardamenti israeliani.

È quello che sta succedendo per esempio all’infermiera Hanaa Almadhoun, che sta cercando di far andare via da Gaza i suoi tre figli. Ha detto a BBC che sta aspettando un camion che li possa portare verso altre zone della Striscia, e che la sua famiglia è disposta a pagare l’equivalente di circa 800 euro ai trasportatori per ottenere un passaggio. Lei, invece, conta di rimanere in città per potere continuare il suo lavoro. «È pericoloso, ma le condizioni di lavoro richiedono la nostra presenza».

– Leggi anche: Com’era la città di Gaza prima della guerra, e com’è oggi