Israele ha iniziato a occupare la città di Gaza
L’esercito è entrato nella città più grande e popolosa della Striscia, con l’obiettivo di prenderne il controllo

Nella notte tra lunedì e martedì l’esercito israeliano è entrato via terra nella città di Gaza, con l’obiettivo di conquistarla e occuparla interamente. Gli attacchi di terra – su cui le informazioni sono al momento scarse – sono stati accompagnati da intensi bombardamenti, che hanno ucciso almeno 35 persone. La conquista della città di Gaza era stata ordinata dal governo israeliano in un piano approvato ad agosto, e potrebbe essere il primo passo di un progetto più a lungo termine per prendere il controllo dell’intera Striscia.
La città di Gaza è la più grande e popolosa della Striscia. In quasi due anni di guerra è stata bombardata costantemente, ma l’esercito aveva in buona parte evitato di entrarci per timore che lì fossero detenuti gli ostaggi israeliani (secondo le stime israeliane a Gaza ci sarebbero ancora circa 50 ostaggi, di cui 20 in vita). Dopo l’ordine di conquista da parte del governo, ad agosto le truppe israeliane avevano cominciato a circondarla lentamente. I bombardamenti si erano intensificati, al punto che alcuni quartieri periferici della città sono già stati di fatto rasi al suolo. L’esercito aveva anche fatto limitati attacchi via terra nelle zone di periferia e in alcuni quartieri a ovest, in preparazione dell’invasione.
Secondo il piano iniziale, almeno per come era stato presentato dalle autorità israeliane, prima di entrare davvero nella città l’esercito avrebbe dovuto portare a termine l’evacuazione di tutta la popolazione civile, che è circa un milione di persone. Il 9 settembre Israele aveva ordinato a tutti gli abitanti della città di andarsene e di spostarsi nella zona costiera di al Mawasi, nel sud della Striscia, che Israele definisce una “zona sicura” ma che in realtà l’esercito ha bombardato più volte uccidendo civili e distruggendo strade ed edifici.
Secondo stime fatte dall’esercito israeliano, su un milione di persone che si trovavano nella città se ne sono andate circa 350 mila: significa quindi che più di 600mila persone palestinesi sono ancora lì, e che l’esercito ha deciso di entrare via terra a Gaza anche se l’evacuazione dei civili era ben lontana dall’essere completa.
Martedì mattina Avichay Adraee, un portavoce dell’esercito israeliano, ha scritto sui social media che ora la città di Gaza deve essere considerata una «zona di combattimento pericolosa». Da giorni le strade che portano fuori da Gaza sono piene di persone che cercano di fuggire con auto, carri trainati da bestiame o a piedi, e martedì mattina il traffico è ulteriormente aumentato quando migliaia di persone hanno lasciato la città di Gaza dirigendosi verso sud. Ma molti degli abitanti della città sono già stati sfollati decine di volte in quasi due anni di guerra e non sanno più dove andare.

Palestinesi lasciano la città di Gaza per andare verso sud mentre Israele avvia una grossa operazione di terra per occuparla, il 16 settembre 2025 (AP Photo/Abdel Kareem Hana)
Secondo Emanuel Fabian, un giornalista del Times of Israel molto esperto di questioni militari, nell’offensiva di terra contro la città di Gaza sono coinvolte due divisioni dell’esercito israeliano, composte da decine di migliaia di soldati. L’offensiva dovrebbe cominciare gradualmente, e man mano si aggiungeranno nuove truppe. Il piano è di circondare completamente la città di Gaza e di chiudere via via l’accerchiamento sul centro città, fino a conquistarla del tutto. L’esercito sostiene che in città si trovino migliaia di miliziani di Hamas, e che quelli siano l’obiettivo dell’offensiva.
Martedì il primo ministro Benjamin Netanyahu ha detto che l’«intensa operazione» militare avviata dall’esercito potrebbe essere un punto di svolta «decisivo» nella guerra. Il generale Eyal Zamir, il capo dell’esercito, in un messaggio inviato sui social media ha detto che «la manovra militare nella città di Gaza è un passo significativo per portare avanti la nostra missione più importante e morale: portare tutti gli ostaggi a casa e smantellare le capacità militari e di governo dell’organizzazione terroristica Hamas».
In realtà, secondo quanto scritto estesamente dai media israeliani, Zamir è sempre stato contrario all’operazione di conquista della città di Gaza, perché la riteneva inutile e rischiosa dal punto di vista militare. Per questo, ad agosto si era parlato della possibilità che Zamir fosse licenziato o desse le dimissioni, poi però è rimasto.
Lunedì Netanyahu aveva incontrato a Gerusalemme il segretario di Stato statunitense Marco Rubio (l’equivalente del ministro degli Esteri). Tra le altre cose Rubio ha ribadito la vicinanza degli Stati Uniti a Israele e ha detto di sostenere una soluzione diplomatica per la guerra, pur riconoscendo che «dobbiamo essere preparati all’eventualità che questo non succeda».
Nel frattempo in Israele un’organizzazione che rappresenta le famiglie degli ostaggi, alla notizia dell’inizio dell’operazione di terra nella città di Gaza, ha iniziato a protestare davanti alla residenza di Netanyahu, a Gerusalemme, e ha predisposto un accampamento permanente. Molti parenti degli ostaggi temono che l’offensiva possa mettere in pericolo la vita degli ostaggi, e chiedono che il governo negozi con Hamas un accordo per la loro liberazione.



