Chi sono i giovani che protestano in Nepal
Fanno parte della cosiddetta Gen Z: criticano l'alto tasso di disoccupazione, i politici corrotti e la ricchezza esibita sui social dai loro figli

Le enormi proteste che martedì hanno portato alle dimissioni del governo del Nepal, mentre i manifestanti incendiavano palazzi governativi, redazioni di giornali e case di politici, sono state animate soprattutto dai nepalesi più giovani, molti dei quali fanno parte della cosiddetta Gen Z (la “generazione Z”, che comprende i nati fra il 1997 e il 2012).
Proteste e rabbia sono state innescate da alcuni avvenimenti contingenti, come la chiusura dei social network e la repressione violenta delle prime proteste (sono stati uccisi almeno 30 manifestanti in scontri con la polizia); ma sono state alimentate anche da anni di malcontento per il diffuso nepotismo nella classe politica nepalese e per gli alti livelli di povertà e disoccupazione nel paese.
Nelle settimane precedenti all’inizio delle proteste, sui social network nepalesi erano diventati molto popolari alcuni post in cui i figli di politici, giudici e importanti funzionari mostravano oggetti di lusso, passavano vacanze in costosi resort o più in generale facevano una vita che la stragrande maggioranza dei nepalesi non si può lontanamente permettere.
Un quarto della popolazione nepalese vive sotto la soglia di povertà. Il tasso di disoccupazione è al 12,6 per cento, e tra le generazioni più giovani supera il 20 per cento. Molti sono costretti a cercare lavoro all’estero, trasferendosi per lunghi periodi nei paesi del golfo Persico o in Malaysia. Nell’anno fiscale 2024 oltre 740mila persone (su circa 30 milioni di abitanti) hanno lasciato il Nepal per lavorare all’estero, soprattutto nei settori dell’agricoltura e dell’edilizia. Nel 2024 le rimesse dall’estero valevano 11 miliardi di dollari, un quarto dell’economia. Una parte consistente dei giovani nepalesi è andata a scuola sostenuta dai soldi guadagnati dai genitori con lavori all’estero, e una volta finiti gli studi si è trovata spesso a dover emigrare a sua volta.

Manifestanti sul tetto del Singha Durbar, sede di vari enti governativi (AP Photo/Niranjan Shrestha)
Le situazione è stata migliorata solo in piccola parte dai vari governi che si sono succeduti da quando nel 2008 il Nepal è diventato una repubblica parlamentare, dopo l’abolizione della monarchia. Negli anni si è invece sviluppata e poi consolidata una rete di corruzione che coinvolge politica, imprenditori e funzionari sulla carta indipendenti: secondo Transparency International, un ente indipendente e non profit, il Nepal è lo stato più corrotto dell’Asia ed è in basso anche nella classifica mondiale.
Dal 2008 ci sono stati oltre una decina di governi, quasi tutti guidati dal partito Comunista o da quello del Congresso, riformista: Khadga Prasad Sharma Oli (che si è dimesso martedì), Pushpa Kamal Dahal e Sher Bahadur Deuba si sono alternati come primi ministri, con crisi di governo quasi annuali e continui scandali legati alla corruzione (alcuni dei casi più recenti riguardano 71 milioni di dollari di tangenti per la costruzione di un aeroporto internazionale e la sottrazione di fondi destinati a nepalesi espulsi dal Buthan e poi dagli Stati Uniti). Politici e industriali hanno accumulato discrete fortune, che i figli mostravano apertamente sui social network.

Un manifestante a Katmandu (AP Photo/Niranjan Shrestha)
I giovani manifestanti che hanno animato le proteste avevano come principale obiettivo distruggere questo sistema politico, per sostituirlo con uno che garantisca loro maggiori possibilità economiche e lavorative. Martedì hanno assaltato non solo le case del primo ministro e dei ministri attuali, ma anche quelle dei membri dei governi che si sono alternati negli ultimi anni.
La scorsa estate questo movimento nepalese ha seguito con interesse le proteste giovanili in Bangladesh, che hanno portato alle dimissioni e alla fuga della prima ministra Sheikh Hasina, al potere dal 2009. Il successo travolgente di quelle proteste nate in modo piuttosto spontaneo è stato un’ispirazione per i giovani nepalesi, che sui social hanno invitato i coetanei a mobilitazioni simili.
Allora in Bangladesh fu creato un governo provvisorio in attesa di nuove elezioni, che dovrebbero svolgersi a febbraio del 2026. Non è chiaro cosa accadrà ora in Nepal: in molti ritengono che potrebbe assumere un ruolo rilevante l’attuale sindaco di Katmandu, Balendra Shah, noto come Balen. Ha 35 anni, in questi giorni ha detto di essere «troppo vecchio» per partecipare alle manifestazioni della Gen Z, ma le ha sostenute apertamente. Balen è laureato in ingegneria, ha ottenuto una certa notorietà come rapper ed è stato eletto sindaco nel 2022 dopo una campagna da indipendente che puntava molto sulla pulizia della città e sulla lotta alla corruzione.



