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  • Giovedì 21 agosto 2025

La visita di Xi Jinping in Tibet, per ricordare chi comanda

È la seconda da quando è presidente della Cina, e avviene in un momento in cui si parla molto dell'autonomia religiosa della regione

Un uomo passa davanti a una foto di Xi Jinping esposta a Lhasa, la capitale del Tibet, 17 giugno 2023 (Photo by Kevin Frayer/Getty Images)
Un uomo passa davanti a una foto di Xi Jinping esposta a Lhasa, la capitale del Tibet, 17 giugno 2023 (Photo by Kevin Frayer/Getty Images)
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Il presidente cinese Xi Jinping ha fatto una rara visita ufficiale a Lhasa, la capitale del Tibet: è la seconda da quando è presidente (la prima era stata nel 2021) e arriva in un momento delicato per la regione, dove da decenni la Cina cerca di reprimere le tendenze autonomiste della popolazione e di prendere il controllo della leadership religiosa tibetana. Tra le altre cose, durante la sua visita Xi ha detto che è necessario «adattare il buddismo tibetano alla società socialista», e rafforzare il controllo cinese sulla religione tibetana.

Formalmente, la ragione della visita è il 60esimo anniversario dall’istituzione del Tibet come regione autonoma cinese, una denominazione amministrativa che la Cina usa per le sue province più periferiche e dove vivono minoranze etniche. Tutto durante la visita è stato ben coreografato e organizzato, e Xi è stato accolto a Lhasa da oltre 20 mila persone mobilitate dalle autorità locali.

Uno dei principali scopi della visita aveva a che fare con l’autonomia religiosa del Tibet.  Meno di due mesi fa il Dalai Lama, la massima autorità religiosa tibetana e il leader di riferimento del popolo tibetano, ha annunciato che alla sua morte sarà nominato un successore: non era scontato, perché da anni lui stesso aveva messo in discussione la possibilità, a causa delle ingerenze della Cina.

L’attuale Dalai Lama si chiama Tenzin Gyatso, ha 90 anni e da 66 vive in esilio in India, a Dharamsala, dove ha sede anche il governo non riconosciuto del Tibet. Il Dalai Lama ha sostenuto che il suo successore (che viene scelto soltanto dopo la morte del Dalai Lama in carica) dovrà essere selezionato secondo i «metodi tradizionali» e tra i 140 mila tibetani che vivono in esilio fuori dalla Cina.

Il Dalai Lama ha quindi sottinteso che il suo successore dovrà restare indipendente dalla Cina e continuare a rappresentare il buddismo tibetano in esilio. La Cina invece vuole controllare il processo di selezione del prossimo Dalai Lama, e garantirsi che sarà una persona fedele al regime cinese. Per mantenere il controllo sui leader del popolo tibetano, tra le altre cose, la Cina negli anni Novanta arrestò il Panchen Lama, la seconda figura religiosa più importante del buddismo tibetano, e lo sostituì con una persona fedele al governo centrale. Al tempo il Panchen Lama, che era appena stato nominato, era un bambino di sei anni.

La Cina annesse il Tibet nel 1951, dopo alcuni decenni in cui, approfittando della debolezza del governo centrale, la regione si era dichiarata indipendente. Nel 1965 diede al Tibet lo status di regione autonoma: la Cina sostiene che questo passaggio sia servito a garantire maggiore autonomia decisionale alle autorità locali, e a proteggere la libertà di religione e la tradizionale cultura del Tibet. Dice inoltre che in questi decenni l’appartenenza alla Cina sia servita da stimolo all’economia tibetana e abbia migliorato gli standard di vita della popolazione.

Al contrario molti in Tibet sostengono che la Cina stia sopprimendo in vari modi l’identità culturale e religiosa della regione, dove esiste ancora un forte sentimento indipendentista.

Uno di questi è la cinesizzazione del sistema scolastico. In Tibet si parlano varie lingue, di cui il tibetano è la più diffusa, ma la Cina sta cercando da tempo di promuovere l’uso del mandarino (per esempio, a scuola è la prima lingua a essere insegnata ed è quella che si usa per accedere alle università e a molti posti di lavoro) e scoraggiare il tibetano e le altre lingue locali. Durante la visita Xi ha toccato anche questo argomento, sottolineando ancora una volta l’importanza di usare una lingua e dei caratteri comuni (quelli cinesi).