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  • Giovedì 21 agosto 2025

I palestinesi di Gaza non sanno più cosa fare

Se andarsene per l'ennesima volta o restare, ora che Israele ha iniziato l'occupazione completa della città

Un uomo palestinese sul sito di un bombardamento israeliano nella città di Gaza, il 20 agosto 2025 (REUTERS/Dawoud Abu Alkas)
Un uomo palestinese sul sito di un bombardamento israeliano nella città di Gaza, il 20 agosto 2025 (REUTERS/Dawoud Abu Alkas)
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L’esercito israeliano ha iniziato le operazioni militari per occupare la città di Gaza, che prima della guerra era il centro urbano più importante e popoloso della Striscia. Ci abitavano circa 800mila persone palestinesi. In quasi due anni se ne sono andate praticamente tutte almeno una volta per sfuggire ai continui attacchi e bombardamenti israeliani. Poi molte sono tornate ma ora il problema si ripresenta perché l’esercito israeliano ha diffuso l’ennesimo ordine di evacuazione e sta per iniziare la grossa operazione militare per conquistare l’intera città. Molti hanno già iniziato a spostarsi; molti altri dicono di non volerlo o non poterlo più fare.

Mercoledì sera l’esercito israeliano ha fatto sapere di stare operando a Jabalya, nel nord della città di Gaza, e nel quartiere di Zeitoun, nella periferia sud. Hamdi Swesi, un residente di Zeitoun di 38 anni, ha detto al New York Times che la scorsa settimana lui, la moglie e i loro tre bambini si erano spostati in un’altra zona della città: ha poi saputo che martedì l’edificio in cui vivevano è stato completamente distrutto da un bombardamento.

I palestinesi che se ne stanno andando sono migliaia. «Ho bisogno di alleggerirmi mentalmente», ha dettoReuters Mousa Obaid, un residente della città che si sta spostando verso sud. Ha però aggiunto: «Non voglio continuare a spostarmi a destra e sinistra per sempre. Non c’è più vita, le condizioni sono dure, i prezzi alti, e non lavoriamo da oltre un anno e mezzo».

– Leggi anche: Com’era la città di Gaza prima della guerra, e com’è oggi

Soldati israeliani vicini al confine settentrionale con la Striscia di Gaza, il 18 agosto 2025 (Elke Scholiers/Getty Images)

Chi non vuole più andarsene dice infatti di essere stanco e di non considerare sicuro nessun luogo della Striscia (in passato Israele ha più volte attaccato e bombardato anche zone precedentemente definite “sicure”). «Ne abbiamo abbastanza, non andiamo da nessuna parte. Siamo stanchi e non ce la facciamo più», ha raccontato al New York Times Hassan Shehada, un uomo palestinese di 62 anni. Dall’inizio della guerra, il 7 ottobre del 2023, ha dovuto spostarsi sei volte. È sempre riuscito a trovare una casa per la sua famiglia; ma questa volta no.

Khalil el-Halabi, un altro abitante di 71 anni, ha detto che si sposterà se si trovasse a non avere altre opzioni, ma tra il 2023 e il 2024 ha già vissuto in tenda per oltre un anno e non vuole farlo di nuovo. Dovrebbe inoltre trasportare a piedi tutto ciò che la sua famiglia possiede, cioè principalmente coperte e vestiti. Un altro residente intervistato da NBC (di cui non è stato diffuso il nome) ha detto anche che i continui spostamenti hanno costi molto alti: «Ti servono almeno 500 shekel [126 euro] solo per spostarti, e mille o 1.500 per una tenda [tra i 250 e i 380 euro]». Dice che il piano di Israele per occupare la città di Gaza «è inaccettabile: dove dovremmo andare? Non vogliamo essere sfollati di nuovo. Lasciateci morire qui, è meglio e più onorevole per noi».

– Leggi anche: Le cose che a Gaza proprio non si trovano

Il piano israeliano per occupare la città di Gaza si chiama “Carri di Gedeone II”: è una prosecuzione della precedente operazione “Carri di Gedeone”, che a partire da maggio aveva portato all’occupazione di buona parte della Striscia. Il piano è stato approvato a inizio agosto dal governo di estrema destra di Benjamin Netanyahu, tra moltissime critiche e opposizioni anche interne alle istituzioni israeliane. In questi giorni l’esercito ha definito i dettagli dell’operazione militare e ha iniziato a richiamare in servizio 60mila riservisti, con l’obiettivo di arrivare a 130mila nei prossimi mesi.

Giovedì Netanyahu ha approvato la versione definitiva del piano, come previsto. Ha anche detto di aver ordinato «immediate trattative per il rilascio di tutti i nostri ostaggi e la fine della guerra, a condizioni accettabili per Israele». Le condizioni poste da Israele, che includono il disarmo di Hamas, sono state ripetutamente considerate irricevibili dal gruppo. Netanyahu non ha menzionato direttamente la proposta di cessate il fuoco mediata da Egitto e Qatar e accettata lunedì da Hamas, ma ha sostanzialmente fatto intendere di non volerla accettare, dato che questa prevede il rilascio di solo una parte degli ostaggi. Lo stallo nelle trattative gli è utile per prolungare la guerra.

Israele controlla circa il 75 per cento del territorio della Striscia, e la popolazione palestinese si è concentrata nelle poche zone non occupate: la città di Gaza, che però diventerà presto inaccessibile, e due grandi campi profughi nelle regioni costiere intorno a Deir al Balah (nel centro) e al Mawasi (a sud). Sono aree sovraffollate e insalubri, dove manca praticamente tutto a partire da cibo, acqua potabile e strumenti medici.