Manny Pacquiao non è più un politico, ma di nuovo un pugile
Uno dei più forti degli ultimi decenni, che tornerà a combattere questa notte a 46 anni dopo avere deluso nella politica filippina

Sabato notte il pugile filippino Manny Pacquiao tornerà a combattere in un incontro ufficiale di boxe per la prima volta dopo quasi quattro anni dal suo ritiro. Pacquiao, 46 anni, è l’unico pugile a essere stato campione del mondo in otto categorie di peso ed è uno degli sportivi di maggior successo e popolarità della storia delle Filippine. L’attenzione verso il suo ritorno è dovuta anche al fatto che negli ultimi anni Pacquiao aveva provato a fare politica, prima da senatore e poi candidandosi alla presidenza del paese (senza successo). Stanotte si scontrerà con Mario Barrios, campione del mondo in carica che ha 16 anni in meno di lui.
Barrios è più alto di circa 17 centimetri e vive il momento migliore della sua carriera. Dal 2024 è campione del mondo nella categoria pesi welter (fra i 63 e i 67 chili circa) per la WBC, una delle quattro maggiori federazioni internazionali di pugilato. Se dovesse batterlo, Pacquiao tornerebbe campione del mondo a quasi 47 anni.
Ci sono comunque diversi dubbi sul fatto che Pacquiao possa essere competitivo. Nel pugilato i ritorni all’attività sportiva dopo il ritiro sono frequenti. Tornarono alcuni dei campioni più celebri della categoria dei pesi massimi, tra cui Myke Tyson ed Evander Holyfield, che hanno combattuto entrambi dopo i 55 anni. Raramente però hanno avuto successo a livello sportivo (il discorso è diverso a livello economico e commerciale).

Manny Pacquiao e l’avversario Mario Barrios (AP Photo/John Locher)
Pacquiao si era ufficialmente ritirato dalla boxe nel settembre del 2021. Un mese prima aveva perso il suo ultimo incontro in modo piuttosto deludente contro il cubano Yordenis Ugas.
Chiudeva comunque una carriera lunghissima: era diventato campione in quattro decenni diversi (a partire dagli anni Novanta) e secondo alcune stime aveva guadagnato oltre 530 milioni di dollari solo in premi (o “borse”, come vengono chiamate le retribuzioni dei pugili).

Un momento dell’incontro con Floyd Mayweather Jr., il 2 maggio 2015 a Las Vegas, che fu definito “l’incontro del secolo”: Pacquiao lo perse ai punti (AP Photo/John Locher)
Pacquiao ha detto di avere deciso di tornare per difendere la sua «reputazione» e per «scrivere la storia». Le cifre non sono state rese pubbliche, ma si ritiene che riceverà 5 milioni di dollari per l’incontro (il suo avversario un milione). I due combatteranno alla MGM Grand Garden Arena di Las Vegas quando in Italia saranno le 5 di mattina di domenica. In molti paesi l’incontro sarà visibile in “pay per view”, cioè bisognerà pagare per vederlo (in Italia lo trasmette Amazon Prime Video).

Dopo la vittoria del titolo WBO dei pesi welter nel 2013 (AP Photo/Vincent Yu)
Pacquiao potrebbe essere tornato a combattere anche perché la sua carriera politica non è andata come si aspettava. Fu eletto una prima volta alla Camera nel 2010 e rimase deputato fino al 2016, quando si candidò e fu eletto al Senato. Sia alla Camera che al Senato ebbe tassi di presenza in aula più bassi di tutti i colleghi.
Cristiano evangelico, Pacquiao politicamente ha posizioni conservatrici, di destra o centrodestra: è stato sostenitore dell’ex presidente Rodrigo Duterte e delle sue violente campagne “contro la droga”, è a favore del ritorno della pena di morte nell’ordinamento giuridico filippino e contrario ai matrimoni omosessuali (ha fatto anche dichiarazioni per cui era stato costretto a scusarsi). Si è anche proposto come difensore delle classi popolari, promettendo di battersi per aumenti del salario minimo.

La campagna elettorale per la presidenza del 2022 (AP Photo/Aaron Favila)
Nel 2022 decise di non ricandidarsi al Senato, ma di puntare alla presidenza. Scelse l’esperto e cattolico Lito Atienza come vice e in campagna elettorale iniziò ad attaccare il favorito Ferdinand Marcos Jr, figlio dell’ex dittatore, per recuperare voti e attenzioni. Non funzionò. Pacquiao arrivò terzo, prese poco più del 6 per cento e 3 milioni di voti (su 56 milioni totali); Marcos Jr vinse con oltre il 60 per cento.
A maggio ha provato a tornare in Senato, candidandosi a un seggio nel Mindanao, isola dove è nato: è arrivato 18° e solo i primi dodici venivano eletti. Erano candidati anche sua moglie e suo fratello, ma nessuno della famiglia è stato eletto.
Ora Pacquiao dice che «la politica è una questione chiusa». Il ritorno al pugilato sembra anche un tentativo di recuperare parte dell’enorme popolarità che lo accompagnò durante i primi 15 anni del millennio, in cui almeno in patria Pacquiao sembrava poter fare tutto. Insieme alla carriera pugilistica e politica, fu giocatore di basket nella lega professionistica filippina (2014-15); ne fondò una rivale; annunciò di voler comprare una franchigia del basket NBA; fu protagonista in una decina di film e in altrettanti programmi televisivi; registrò album musicali e tenne concerti; si iscrisse alle liste militari come riservista e fece carriera fino al grado di colonnello dell’esercito; prese una laurea in Scienze politiche.

Pacquiao giocatore di basket nel 2016 (Jeoffrey Maitem/Getty Images)
Oggi continua a essere ricco e popolare, ma sembra aver disperso parte dell’enorme seguito che aveva una decina di anni fa. È probabile che con l’incontro di stasera voglia recuperarne una parte, anche se non sarà facile. In una rubrica di consigli sulle scommesse sul pugilato, il noto sito e canale televisivo ESPN scrive che puntare su Pacquiao «sembra una donazione di denaro non necessaria».



