In Bulgaria non vogliono davvero l’euro
La sua adozione è così impopolare che sostenerla ha dei costi politici che quasi nessuno si vuole accollare: ad approfittarne è l'estrema destra

Per 18 anni, e cioè da quando la Bulgaria è entrata nell’Unione Europea, adottare l’euro è stato un obiettivo dei suoi governi. Nel 2026 sarà ufficialmente raggiunto, perché l’euro sostituirà la moneta attuale, il lev (“leone”). Oggi però i sondaggi dicono che in Bulgaria ci sono più persone contrarie all’adozione dell’euro di quelle favorevoli, ed è una tendenza che si è consolidata nel tempo. L’estrema destra sta cercando di intestarsi questo scetticismo e sta organizzando proteste e alimentando una disinformazione che il governo non sta contrastando con particolare solerzia.
In Bulgaria una grossa parte della popolazione è affezionata al lev anche per ragioni storiche. Bloomberg ha scritto che nel tempo, e specie dopo la grave crisi economica di fine anni Novanta, è diventato «un simbolo di stabilità». Il suo valore fu dapprima agganciato a quello del marco tedesco e poi a quello dell’euro con un cambio fisso, a differenza di altre monete dell’Europa orientale, più esposte a fluttuazioni. Questa stabilità percepita si è accentuata con la recente instabilità politica: in quattro anni ci sono state sette elezioni parlamentari e altrettanti primi ministri.
Come detto l’estrema destra si è infilata in questo contesto, facendo una campagna di demonizzazione dell’euro. L’ha propagandato come un’amputazione della sovranità nazionale, nonostante proprio per l’ancoraggio del lev all’euro la Bulgaria fosse di fatto già soggetta alle politiche monetarie della Banca Centrale Europea (BCE).

Uno sportello di cambio valuta a Sofia, il 4 giugno (EPA/VASSIL DONEV)
Già in passato l’estrema destra bulgara aveva espresso forte opposizione all’euro. Negli ultimi mesi però è successa una cosa nuova, perché diversi gruppi e partiti più piccoli hanno cominciato a collaborare intensamente tra loro e con Rinascita (Vazrazhdane), il principale partito ultranazionalista del paese, che alle ultime elezioni era arrivato terzo.
È stata Rinascita a organizzare molte delle proteste che si sono tenute in tutto il paese nell’ultimo anno. Durante una di queste, a febbraio, a Sofia è stato vandalizzato l’ufficio locale della Commissione Europea. Rinascita è solita ingigantire i dati sulle proteste, per sostenere che siano molto più partecipate, ma è un fatto che siano continuate nel tempo. A inizio giugno, con l’avvicinarsi dell’ufficialità dell’adozione, ce ne sono state in cento città diverse.
Il video mostra l’attacco dello scorso febbraio all’ufficio della Commissione Europea
I capisaldi della narrazione propalata dall’estrema destra sono che l’euro farebbe fallire banche e imprese, e che causerebbe un’impennata dell’inflazione deleteria per le fasce più povere della popolazione (nello stato più povero dell’Unione). Sul secondo aspetto Rinascita cita in modo distorto la Croazia, per usare come spauracchio l’ultimo paese ad aver adottato l’euro nel 2023. Il partito ci è andato per girare un video di mezz’ora assai circolato sui social. La Croazia in questo momento ha l’inflazione annuale più alta tra i paesi dell’eurozona (cioè quelli con l’euro come moneta), ma è una cosa che è dovuta principalmente a fattori nazionali.
Nonostante la visibilità ottenuta dalle proteste, anche sui media internazionali, Rinascita per ora resta un partito minoritario. Ha 33 seggi sui 240 del parlamento unicamerale e rispetto alle scorse elezioni non ha aumentato granché i suoi consensi nelle intenzioni di voto (è dato tra il 13 e il 14 per cento, che in una politica così frammentata significa attestarsi al terzo posto ma giocarsela per il secondo). Ha però ricevuto una specie di copertura istituzionale dal presidente bulgaro, l’indipendente Rumen Radev, che è considerato filorusso e resta un politico molto popolare (è al secondo mandato e non si potrà ricandidare nel 2026).

La polizia presidia l’ufficio della Commissione Europea a Sofia, durante una manifestazione del 28 giugno (AP Photo/Valentina Petrova)
Radev ha espresso in più occasioni sostegno alle proteste e ha proposto un referendum sul lev. La richiesta è stata respinta sia dalla presidente del parlamento, Nataliya Kiselova, sia dalla Corte costituzionale, perché organizzare il voto avrebbe violato la Costituzione, che impegna lo stato a rispettare gli impegni dei trattati internazionali (in questo caso quello di adesione all’Unione). Con la stessa motivazione nel 2024 la Corte aveva bocciato una precedente richiesta di referendum di Rinascita, che aveva raccolto quasi mezzo milione di firme (la Bulgaria ha circa sei milioni e mezzo di abitanti).
Anche dentro la coalizione che sostiene l’attuale governo del primo ministro Rosen Zhelyazkov ci sono dubbi sull’adozione dell’euro, o quanto meno sull’opportunità di schierarsi apertamente in suo favore: il timore è infatti che facendolo si rischierebbe di perdere molti consensi. Sono tre i partiti che formano il governo bulgaro: Cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria (GERB, centrodestra), di cui fa parte il primo ministro; C’è un popolo come questo (ITN, populista) e i Socialisti (BSP, centrosinistra), vicini al presidente Radev.

Sofia, l’8 luglio (EPA/VASSIL DONEV)
Nonostante al momento di insediarsi il primo ministro Zhelyazkov avesse definito una priorità l’adozione dell’euro, finora ha fatto poco per sostenere la causa. Il suo partito, C’è un popolo come questo, l’anno scorso aveva addirittura proposto un referendum per rinviare l’entrata nell’eurozona al 2043. Anche i Socialisti, eredi del Partito comunista che governò in modo autoritario la Bulgaria dal 1946 al 1990, hanno storicamente avuto posizioni euroscettiche.
Ora, concretamente, da agosto i negozi dovranno esporre i prezzi in entrambe le valute, che coesisteranno nei primi sei mesi del 2026, poi l’euro sostituirà completamente il lev.
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