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  • Martedì 8 luglio 2025

Chi vuole lusingare Trump lo propone per il Nobel per la Pace

È così efficace che lo ha appena fatto anche Benjamin Netanyahu, e non è il primo

Benjamin Netanyahu consegna la lettera di candidatura per il Nobel per la Pace a Donald Trump, 7 luglio 2025
Benjamin Netanyahu consegna la lettera di candidatura per il Nobel per la Pace a Donald Trump, 7 luglio 2025 (AP Photo/Alex Brandon)
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Durante la sua visita di stato a Washington, la terza quest’anno, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha candidato il presidente statunitense Donald Trump al premio Nobel per la Pace. È successo poco prima che cominciasse una cena tra le delegazioni di due paesi, mentre i giornalisti si trovavano ancora nella sala. «Voglio darti, signor presidente, la lettera che ho inviato al comitato del Nobel. È una candidatura al Nobel per la Pace, ed è meritata», ha detto Netanyahu. «Wow, grazie, non lo sapevo, grazie. Da parte tua ha un grande valore. Grazie Bibi», ha risposto Trump visibilmente colpito, e usando il soprannome del primo ministro israeliano.

Netanyahu si trovava negli Stati Uniti per celebrare assieme a Trump l’attacco del mese scorso all’Iran, a cui gli Stati Uniti hanno partecipato con un bombardamento ai siti nucleari iraniani. Trump inoltre intendeva fare pressioni su Netanyahu affinché accettasse un nuovo accordo di cessate il fuoco nella Striscia di Gaza che è attualmente in discussione. Netanyahu, in un certo senso, ha prevenuto questi tentativi con un gesto di adulazione a cui Trump è particolarmente sensibile.

Trump desidera ricevere il Nobel per la Pace da tempo. Nel 2018, durante un comizio in Michigan, alcuni suoi sostenitori cominciarono a urlare «No-bel! No-bel!», e la cosa lo compiacque notevolmente. Nel 2020 disse che lui, e non il primo ministro etiope Abiy Ahmed, avrebbe meritato di ricevere il Nobel l’anno precedente. Il mese scorso ha scritto sul suo social Truth che «no, non vincerò il Nobel per la Pace qualunque cosa faccia. Che si tratti di Russia/Ucraina o di Israele/Iran i miei risultati non contano. Ma le persone lo sanno, e questo è quello che mi importa!».

Per Trump vincere il Nobel per la Pace sarebbe il massimo riconoscimento da parte delle cosiddette élite internazionali che – sostiene – l’hanno snobbato per tutta la vita. Sarebbe anche un modo per superare Barack Obama, l’ex presidente che vinse il Nobel nel 2009, e con cui Trump si è sempre sentito in competizione. Di recente, facendo un’allusione a Obama, la portavoce della Casa Bianca Taylor Rogers ha detto che Trump «ha fatto ciò che gli altri presidenti non sono mai riusciti a compiere, anche quelli che hanno vinto il premio Nobel per la Pace».

Il premio servirebbe anche a consolidare un’immagine che da tempo Trump vuole dare di sé: cioè di un leader con grandi doti da negoziatore, capace di prevenire guerre o mediare cessate il fuoco o accordi di pace anche nelle situazioni più complicate e ingarbugliate. Per esempio si è spesso vantato che durante il suo primo mandato gli Stati Uniti non erano entrati in nessuna guerra; ha anche sostenuto che se fosse stato presidente nel 2022 la Russia non avrebbe mai invaso l’Ucraina.

I suoi risultati effettivi da negoziatore però non sono stati all’altezza delle aspettative che lui stesso aveva creato.

Durante il suo primo mandato cercò di aprire un dialogo con la Corea del Nord di Kim Jong Un, ma la cosa fallì clamorosamente: oggi la Corea del Nord è più aggressiva di prima. Durante la campagna elettorale del 2024 promise che avrebbe risolto la guerra in Ucraina in 24 ore (sono passati quasi sei mesi), e anche i suoi tentativi di porre fine alla guerra nella Striscia di Gaza per ora sono stati inefficaci.

Qualche risultato positivo lo ha ottenuto intervenendo negli scontri tra India e Pakistan e annunciando lui stesso il cessate il fuoco tra i due paesi: in seguito però il governo indiano ha cercato di minimizzare il ruolo di Trump, accusandolo più o meno direttamente di essersi intestato il cessate il fuoco pur avendo avuto un ruolo assai marginale. A fine giugno inoltre Trump si è intestato ugualmente il merito di un accordo di pace tra Repubblica Democratica del Congo e Ruanda: accordo però che aveva un sacco di problemi, a partire dal fatto che in teoria i due paesi non erano in guerra.

Netanyahu e Trump nel maggio 2017 a Tel Aviv

Netanyahu e Trump nel maggio 2017 a Tel Aviv (Kobi Gideon/GPO via Getty Images)

Indipendentemente dai risultati, menzionare il Nobel per la Pace è ormai diventato un modo con cui alleati politici e governi stranieri cercano di blandire Trump e di suscitare la sua vanità. Nel corso degli anni numerosi deputati e senatori americani hanno candidato Trump per il premio. L’anno scorso il deputato ucraino Oleksandr Merezhko lo candidò nel tentativo di avvicinare il presidente alla causa ucraina (ha poi ritirato la candidatura). A giugno il Pakistan è diventato il primo stato ad avanzare ufficialmente la propria candidatura a favore di Trump.

Lunedì alla Casa Bianca anche Netanyahu è stato molto deferente nei confronti di Trump. «Sta forgiando la pace in un paese, in una regione dopo l’altra», ha detto. Poco dopo Trump ha detto: «Sto fermando le guerre. Sto fermando le guerre. Odio vedere le persone uccise».

Dal punto di vista del primo ministro israeliano, la candidatura è anche un ottimo espediente per portare Trump dalla sua parte, distogliere la sua attenzione e limitare le pressioni che avrebbe potuto fargli sul cessate il fuoco a Gaza.

I negoziati sono cominciati a Doha domenica ed è possibile che si troverà un accordo simile a quello del precedente cessate il fuoco, che cominciò a gennaio: una tregua di 60 giorni con scambi di ostaggi israeliani in cambio di prigionieri palestinesi. Durante i 60 giorni, israeliani e palestinesi dovrebbero negoziare una fine definitiva della guerra: è questo il punto su cui Trump sta cercando di convincere Netanyahu, e su cui il primo ministro israeliano sta facendo resistenza.