Come l’intelligence ucraina è arrivata all’operazione contro i bombardieri russi
Un direttore specializzato nella caccia ai doppiogiochisti, e quasi tre anni di operazioni esplosive sotto copertura in Russia
di Daniele Raineri

Nel luglio del 2022 il presidente ucraino Volodymyr Zelensky realizzò che l’Sbu, il servizio di sicurezza dell’Ucraina, era infiltrato da agenti filorussi e che il suo direttore, Ivan Bakanov, non era ancora riuscito a cacciarli. Non era una bella situazione considerato che quattro mesi prima la Russia aveva cominciato l’invasione su larga scala dell’Ucraina. Bakanov, con gli occhiali, una buona pettinatura e modi affabili, era un suo amico d’infanzia. Poi era diventato avvocato e aveva fatto parte del suo studio di produzione nel mondo dello spettacolo, e Zelensky quando era diventato presidente gli aveva affidato l’incarico di capo dell’intelligence perché si fidava di lui.
L’Sbu ha sempre avuto problemi di collusione con la Russia, difficili da sradicare. Nel 2014, dopo la rivoluzione antirussa del Maidan, la metà dei vertici dell’agenzia d’intelligence era scappata a Mosca perché non voleva restare nella nuova Ucraina. E anche all’inizio dell’invasione nel 2022 c’erano stati casi di tradimento. La città di Kherson nel sud fu occupata in pochi giorni dai russi perché due comandanti locali dell’Sbu passarono di nascosto ai soldati nemici le carte dove erano segnati i passaggi sicuri attraverso i campi minati e quindi, di fatto, li aiutarono a entrare in città.
Così Zelensky licenziò Bakanov e al suo posto piazzò Vasyl Malyuk, un militare con vent’anni di carriera dentro alla Sbu che era specializzato nel controspionaggio degli agenti filorussi. Niente occhiali, niente riga da una parte. Malyuk ha 42 anni e una vaga somiglianza a un personaggio tarchiato dei fumetti Marvel che si chiama la Cosa. Un suo profilo pubblicato sul sito Intelligence Online lo definisce “il cacciatore di talpe”, nel senso di infiltrati filorussi. Il suo cognome in ucraino vuol dire “bimbo”. Era la prima volta che un professionista cresciuto nel settore e non un politico veniva scelto per guidare il servizio d’intelligence in Ucraina. Zelensky aveva licenziato Malyuk dal suo incarico di vice direttore dell’Sbu nel 2020, ma due anni dopo le circostanze erano cambiate e lo ha nominato direttore.
His last name ‘Malyuk’ translates from Ukrainian as ‘baby’ or ‘little one’ pic.twitter.com/zxov4ixAF2
— Mykhaïlo Golub (@golub) June 1, 2025
Malyuk si era fatto notare tra le altre cose anche per l’arresto di Viktor Medvedchuk, un politico ucraino amico personale del presidente russo Vladimir Putin, che avrebbe dovuto prendere il posto di Zelensky quando i soldati russi avessero occupato la capitale Kiev – nel famoso piano per cui l’invasione sarebbe dovuta durare soltanto tre giorni. Medvedchuk era già in prigione ma evase nel caos dei primi giorni di guerra. Due mesi più tardi Malyuk riuscì a riprenderlo. L’ucraino Medvedchuk sarà poi consegnato alla Russia, con altri 55 prigionieri, in cambio di 215 soldati ucraini che erano stati catturati dentro l’acciaieria Azovstal di Mariupol dopo un assedio di tre mesi.
Al discorso d’insediamento davanti al parlamento ucraino Malyuk disse che tra le priorità del suo incarico ci sarebbero state «l’epurazione dell’Sbu, la lotta contro i collaborazionisti, gli scagnozzi del nemico e i traditori di ogni livello». In effetti il processo di detalpizzazione interno c’è stato. Malyuk si è fatto fotografare a febbraio mentre prendeva per la collottola Dmytro Kozyura, capo del centro antiterrorismo dell’Sbu, e lo arrestava. Kozyura era da sette anni, si è scoperto, un doppiogiochista che lavorava per l’intelligence russa. Ma Malyuk nel suo nuovo incarico da direttore ha anche ordinato l’inizio di una campagna di operazioni aggressive contro i russi in territorio russo. Di questa parla meno, ma si vedono gli effetti.
⚡️SBU revealed details of special operation to detain top “rat”
The traitor’s name is Colonel Dmitry Kozyura. He was monitored for a long time, his communication, correspondence and contacts were monitored.
🔺According to the investigation, Kozyura organized an agent network… pic.twitter.com/9Ui7q1SM5w
— MAKS 25 🇺🇦👀 (@Maks_NAFO_FELLA) February 12, 2025
Nell’agosto del 2022, quindi pochi giorni dopo la nomina di Malyuk come capo ad interim dell’Sbu, c’è stato un attentato dinamitardo contro Alexander Dugin, un propagandista russo famoso all’estero. La bomba però ha assassinato sua figlia Darya. Ci sono sospetti, mai confermati, che a piazzare una bomba sull’auto di Dugin sia stato l’Sbu. Anche per l’assassinio del famoso blogger di guerra Maxim Fomin, conosciuto con il nome Vladlen Tatarsky, si sospetta un’operazione dell’Sbu. Fomin fu ucciso da una statuetta celebrativa che raffigurava il suo volto e che gli fu donata durante un evento pubblico in un bar di San Pietroburgo. Pochi minuti dopo la statuetta esplose.
Si tratta di operazioni che non sono state mai rivendicate e c’è da considerare che c’è almeno un altro servizio di intelligence ucraino che compie operazioni in Russia, il Gur del generale Kyrylo Budanov. Al contrario di Malyuk, Budanov ha fatto molte interviste anche con testate straniere e la sua faccia inespressiva è diventata la base di molti meme sui social media. È diventato un personaggio quasi cinematografico: il mandante di azioni efferate contro i militari russi, commentate talvolta davanti alla telecamera con uno sguardo robotico che non lascia passare alcuna emozione. C’è un’operazione che però possiamo attribuire con certezza all’Sbu, perché è stato lo stesso servizio di intelligence a rivendicarla dieci mesi dopo.
All’alba del 8 ottobre del 2022 una bomba devastò il ponte di Kerch, che collega la Russia alla penisola occupata di Crimea. L’Sbu aveva nascosto una grande quantità di esplosivo dentro enormi rulli di fogli di plastica, aveva messo i rulli in un container e aveva affidato la spedizione a un tir, secondo una normale procedura di carico. Il camionista ignaro aveva trasportato l’esplosivo in un giro molto lungo attraverso vari paesi (l’Sbu non voleva destare sospetti), poi aveva imboccato il ponte ed era morto nell’esplosione. I rulli di fogli di plastica avevano schermato la presenza dell’esplosivo ai controlli di sicurezza. Il camion avrebbe dovuto attraversare il ponte nel giorno del compleanno del presidente russo Vladimir Putin, il 7 ottobre, e sarebbe stato un messaggio beffardo dei servizi ucraini contro il loro nemico. Invece il camionista aveva fatto una sosta imprevista di qualche ora per dormire.
Dall’operazione del ponte di Kerch l’Sbu ha imparato che può noleggiare un numero di container in Russia e farli caricare e trasportare da camionisti russi inconsapevoli fin dove preferisce, che è quello che ha fatto con l’operazione Ragnatela di domenica 2 giugno. I container costruiti dall’Sbu avevano un tetto removibile a comando che ha permesso a 117 piccoli droni esplosivi nascosti all’interno di decollare al momento giusto verso le basi aeree russe per distruggere i bombardieri che colpiscono le città ucraine. In pratica gli uomini di Malyuk hanno preso l’esplosione dell’8 ottobre del 2022 al ponte della Crimea e da lì sono partiti per un’azione più elaborata.
In questi anni l’Sbu ha lavorato anche a una massiccia campagna di attacchi alle navi russe con un modello di drone navale chiamato Sea Baby – baby, che è un gioco di parole con Malyuk. I droni navali sono barchini guidati da centinaia di chilometri di distanza che navigano anche per giorni fino a quando si vanno a schiantare e esplodono contro i bersagli scelti dai piloti ucraini. Con questo metodo l’Ucraina ha costretto la marina militare russa ad abbandonare tutto il mare a ovest della Crimea.
Una delle evoluzioni di questi grandi droni navali, che sono aggiornati di continuo, è un drone navale capace di fare da piattaforma di decollo per piccoli droni esplosivi. Il drone navale fila sulla superficie del mare per centinaia di chilometri e poi quando si trova in prossimità dell’obiettivo tocca ai droni esplosivi decollare dalla sua plancia e andare a colpire. Non è difficile vedere cosa deve essere passato per la testa dei tecnici militari ucraini dell’Sbu. Qualcosa come: ma se al posto dei droni navali mettessimo dei camion che percorrono migliaia di chilometri su strada in territorio russo e facessimo decollare i droni esplosivi da lì?
Non conosciamo ancora il bilancio definitivo dell’operazione Ragnatela, ma sappiamo che con un investimento modesto e droni da poche migliaia di euro l’Sbu ha distrutto bombardieri strategici russi fermi sulle piste per un valore stimato di centinaia di milioni di euro. Sono gli aerei che la Russia usa per lanciare missili contro l’Ucraina, sono difficili da sostituire e alcuni vanno tenuti pronti, per ragioni di sicurezza, a intervenire contro altre minacce che non sono l’Ucraina, quindi ci saranno meno missioni contro le città ucraine.
7 млрд. доларів США. Така орієнтовна вартість стратегічної авіації ворога, яка була вражена сьогодні в результаті спецоперації СБУ «Павутина».
Вражено 34% стратегічних носіїв крилатих ракет на основних аеродромах базування рф.
Слава Україні! Героям Слава! 🇺🇦 pic.twitter.com/XvCXNxv0TJ
— СБ України (@ServiceSsu) June 1, 2025
Malyuk si è fatto fotografare mentre studiava i punti vulnerabili dei bombardieri strategici russi che i piloti ucraini dei droni esplosivi hanno poi colpito. È stata un’applicazione in grande stile della teoria dell’arciere, che dice: uccidi l’arciere piuttosto che tentare di fermare le sue frecce. Invece che tentare di intercettare ogni notte tutti gli ordigni lanciati dalla Russia distruggi le sue capacità di lancio. Ma quella foto, i video delle esplosioni e la rivendicazione ufficiale dell’operazione fatta dal presidente Zelensky hanno un significato che va oltre al risultato meramente militare.
L’Ucraina da mesi sta cercando di dimostrare di essere in grado di colmare lo svantaggio contro la Russia, di non essere, come diceva il presidente americano Donald Trump, un paese «senza carte» da usare contro Putin. Sta cercando di scrollarsi di dosso l’immagine da perdente designata in partenza contro l’inevitabile strapotere russo, in modo da negoziare una tregua più giusta.