Perché si riparla della rapina a Kim Kardashian a Parigi
Dopo 9 anni si sta svolgendo il processo contro dieci imputati, soprannominati i “nonni rapinatori”

In queste settimane al tribunale di Parigi si sta svolgendo il processo sulla rapina che l’influencer e imprenditrice Kim Kardashian subì a ottobre del 2016 nella sua camera d’albergo, mentre si trovava in città per la settimana della moda. Il processo è molto seguito dai giornali francesi e internazionali (con oltre 400 giornalisti accreditati), non solo per la notorietà di Kardashian, ma anche per alcuni aspetti surreali e a tratti tragicomici dell’evento e per il fatto che non si sa che fine abbia fatto una parte della refurtiva (del valore totale di circa 8 milioni di euro).
A essere imputate sono dieci persone, nove uomini e una donna, che hanno dai 35 ai 78 anni, ma la maggior parte è nata negli anni Cinquanta e per questo da subito i giornali francesi le hanno soprannominate la banda dei «nonni rapinatori». Altri due uomini che erano stati arrestati non sono a processo perché uno è morto pochi mesi fa e un altro, di 81 anni, è gravemente malato di Alzheimer. Hanno quasi tutti un passato nella piccola criminalità francese e dei soprannomi da romanzo noir, come “Omar il vecchio” e “Occhi blu”. In diversi hanno detto che non sapevano davvero quanto fosse famosa Kardashian al tempo della rapina.
La storia di quella notte è stata raccontata da Kardashian in più occasioni ed è stata descritta più estesamente in alcuni libri, fra cui uno scritto da Yunice Abbas, che oggi ha 72 anni ed è uno dei rapinatori. Abbas è l’unico insieme a Aomar Aït Khedache, “Omar il vecchio”, ad essersi dichiarato colpevole durante il processo: entrambi hanno diversi precedenti penali e per questo rischiano l’ergastolo. Khedache, che è considerato il capo del gruppo e che quando è stato arrestato era latitante dal 2010, oggi ha 69 anni ed è quasi completamente sordo: per questo sta seguendo il processo grazie alle trascrizioni di uno stenografo in aula.

Yunice Abbas con il suo libro “Ho sequestrato Kim Kardashian” nel 2021 (ANSA/EPA/CHRISTOPHE PETIT TESSON)
Nella notte fra il 2 e il 3 ottobre 2016 Kim Kardashian si trovava da sola nella sua camera dell’Hotel de Pourtalès, un albergo di lusso ma dall’entrata discreta vicino al teatro Opéra, quando avvenne la rapina: cinque uomini vestiti da poliziotto entrarono nell’hotel, minacciarono e ammanettarono il receptionist notturno Abderrahmane Ouatiki e gli ordinarono di portarli alla stanza della «moglie del rapper», ossia Kanye West, che ai tempi era sposato con Kardashian e in quel momento stava facendo un concerto negli Stati Uniti (che interruppe all’improvviso). Due di loro salirono alla camera portandosi dietro Ouatiki, mentre altri tre rimasero all’entrata a fare da palo.
Kardashian ha detto di aver sentito dei passi per le scale e di aver pensato che fossero sua sorella Kourtney, che era uscita portandosi dietro la guardia del corpo, o la sua stylist, che dormiva al piano di sotto. Quando capì che non erano loro ha detto di aver pensato di chiamare la polizia, ma che non sapeva quale fosse il numero per le emergenze in Francia. Una volta entrati nella sua stanza i rapinatori le avevano chiesto insistentemente dove fosse «l’anello», riferendosi all’anello di fidanzamento regalatole da West che valeva da solo circa 3,5 milioni di euro e che lei aveva mostrato nelle sue storie di Instagram nei giorni precedenti.
Lei glielo diede e uno dei due la legò e la imbavagliò, mentre l’altro cercava altri gioielli e soldi che potevano trovarsi nella stanza. Kardashian ha detto di aver creduto in quel momento che sarebbe stata stuprata o uccisa: lei era appena uscita dalla doccia e indossava solo un accappatoio, mentre i rapinatori erano armati e parlavano solo francese. Durante il processo Khedache ha detto di aver scritto a Kardashian una lettera di scuse pochi mesi dopo la rapina, quando guardando una sua intervista aveva realizzato il danno psicologico che le aveva inflitto (Kardashian ha detto di non averla mai ricevuta, ma la lettera è stata depositata come una prova dalla difesa di Khedache).
Dopo aver trovato un cofanetto in cui erano tenuti gli altri gioielli i rapinatori erano scappati in bici o a piedi, lasciando Kardashian legata in bagno. Yunis Abbas era caduto durante la fuga, facendo cadere anche la borsa che conteneva i gioielli: il giorno dopo un passante aveva trovato in terra una collana di diamanti che i rapinatori non si erano accorti di aver lasciato indietro e l’aveva indossata tutto il giorno prima di guardare il telegiornale e rendersi conto di chi potesse essere la proprietaria.
Altri aspetti della vicenda hanno fatto pensare che il piano fosse stato concordato in modo molto approssimativo: i rapinatori si erano vestiti da poliziotti pensando di non farsi riconoscere, ma alla fine del 2016 Parigi era già piena di telecamere attivate dopo gli attacchi terroristici al Bataclan e alla sede di Charlie Hebdo, avvenuti un anno prima. Anche per via dei loro precedenti penali era stato facile trovare una corrispondenza alle molte tracce di DNA che erano state lasciate nella stanza e nella reception.
Per questo i rapinatori erano stati identificati molto velocemente e poi intercettati e seguiti dalla polizia per tre mesi: in quel periodo si erano trovati in un bar per discutere come spartirsi il bottino e avevano parlato al telefono del fatto che molti gioielli erano stati rivenduti ad Anversa, in Belgio, nota per il suo mercato di diamanti. A gennaio del 2017 erano state arrestate 17 persone, di cui poi solo 12 imputate (cinque con l’accusa di aver partecipato alla rapina e sette di essere complici). Le indagini sono terminate nel 2021 e il processo è stato ritardato più volte.

Un disegno di Kim Kardashian durante la sua testimonianza al processo, dato che nei tribunali francesi non si possono fare foto ( AP Photo/Valentin Pasquier)
Nonostante ormai si sappia quasi tutto di questa rapina, alcuni aspetti sono ancora poco chiari e per il momento non è stata data loro una risposta durante il processo: non si sa dove sia finito l’anello di fidanzamento, che secondo quanto raccontato da Abbas era troppo difficile da rivendere, e non è ancora chiaro come i rapinatori sapessero che Kardashian si trovava in quell’hotel da sola a quell’ora. Gli imputati che si sono dichiarati colpevoli avevano dichiarato di aver raccolto tutte le informazioni dai suoi profili social, ma questo aveva convinto solo parzialmente gli investigatori, dato che non spiegava come loro sapessero che in quel momento Kardashian si trovava senza una guardia del corpo.
La polizia infatti ritiene che il gruppo abbia avuto delle informazioni più precise da Gary Madar, il cui fratello Michael Madar è stato per anni uno degli autisti della famiglia Kardashian: entrambi erano stati arrestati a gennaio del 2017 ma solo Gary Madar è stato poi imputato.
Gli articoli sul processo che stanno uscendo in questi giorni si stanno concentrando principalmente sulle vite degli imputati, fra cui quella dell’unica donna, e sulla testimonianza di Kardashian, in cui ha raccontato nuovamente quella notte e ha detto di perdonare Khedache.