I migranti portati dal governo nel CPR in Albania sono rimasti in 25
Erano 41, ma 12 sono già stati riportati in Italia e solo 4 sono stati rimpatriati

Nel centro per migranti costruito dall’Italia a Gjader, in Albania, sono rimasti 25 dei 41 migranti trasferiti dal governo italiano lo scorso 11 aprile, dopo mesi in cui il centro era rimasto sostanzialmente vuoto. Gran parte del centro, che ha in tutto 880 posti, è ancora inutilizzata, ma il governo di recente ha approvato un decreto-legge che lo rende utilizzabile almeno per la parte adibita a centro di permanenza per il rimpatrio (CPR), che ha 144 posti: è una struttura in cui vengono mandate le persone che hanno già ricevuto un decreto di espulsione (perché è stata rifiutata la loro richiesta d’asilo o per altre ragioni) e aspettano di essere rimpatriate. In Italia ci sono una decina di CPR e hanno tutti gravi problemi: ora c’è anche quello in Albania, che è sempre gestito dal ministero dell’Interno italiano.
Solo 4 persone delle 41 persone portate nel centro di Gjader sono state effettivamente rimpatriate nei paesi d’origine. Le altre 12 che non sono più lì sono state riportate in Italia, secondo informazioni fornite al Post dall’europarlamentare del Partito Democratico Cecilia Strada, che segue da tempo e da vicino la questione, e poi confermate e dettagliate dall’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (ASGI), che si occupa di diritti delle persone migranti. Queste 12 persone hanno quindi fatto il viaggio di andata e ritorno dall’Italia in pochi giorni: i 41 migranti trasferiti in Albania infatti arrivavano da CPR sul territorio italiano.
A 6 delle 12 persone migranti riportate in Italia non è stato convalidato il trattenimento in Albania per mancanza dei requisiti giuridici, mentre negli altri casi i migranti non sono stati ritenuti idonei alla detenzione in Albania per altre ragioni, prevalentemente di salute.
A non convalidare il trattenimento di 6 dei 41 migranti trasferiti dal governo in Albania è stata anche in questo caso la Corte d’appello di Roma, l’organo competente sui procedimenti di convalida o proroga del trattenimento delle persone richiedenti asilo: secondo il tribunale il trattenimento di queste persone in Albania era illegittimo e in contrasto con le norme sul diritto d’asilo, oltre che con lo stesso protocollo Italia-Albania, l’accordo firmato dal governo italiano e da quello albanese quando sono stati avviati i centri.
Ginevra Maccarrone, avvocata dell’ASGI, è a conoscenza di due dei sei casi in cui i trattenimenti non sono stati convalidati. Spiega che i due migranti hanno presentato la domanda d’asilo solo una volta arrivati in Albania, modificando quindi la propria condizione giuridica: significa che prima si trovavano in Italia senza aver fatto domanda d’asilo, non è chiaro il motivo ma è possibile che fossero entrati nel paese evitando i controlli di frontiera, o che non fossero stati correttamente avvisati dei loro diritti. Gli era poi stato dato un decreto d’espulsione ed erano stati portati in un CPR.
Una volta presentata la domanda però non potevano più essere trattenuti nel centro di Gjader, che essendo un CPR può ospitare solo persone senza i requisiti necessari per stare in Italia: ora verrà valutata la loro domanda, e solo se dovesse essere respinta potranno di nuovo essere portati in un CPR.
Già sabato scorso una delle 41 persone migranti portate in Albania l’11 aprile era stata riportata in Italia con queste ragioni, sempre dopo una sentenza della Corte d’appello di Roma che non aveva convalidato il trattenimento dopo che l’uomo, un 30enne proveniente dal Marocco, aveva presentato domanda d’asilo.
Maccarrone ritiene «altamente probabile» che le motivazioni per cui non è stato convalidato il trattenimento degli altri quattro migranti siano le stesse dei due casi di cui è a conoscenza. Non ci sono informazioni precise però: ottenerle è complicato e c’è generalmente poca trasparenza sulla gestione dei trasferimenti dei migranti in Albania da parte del governo.
Il ministero dell’Interno non ha dato spiegazioni sui motivi per cui sono stati riportati in Italia i 6 migranti giudicati non idonei al trattamento. Sia Strada che Maccarrone parlano di problemi di salute prevalentemente mentale, come molti altri migranti provenienti dai CPR italiani, in cui sono note e documentate le pessime condizioni detentive, le violazioni dei diritti delle persone detenute, i casi di autolesionismo e i tentativi di suicidio. «Il CPR in Albania non garantisce il giusto accesso alle cure mediche e all’assistenza necessaria per persone in quelle condizioni», dice Maccarrone.
Il centro di Gjader, così come l’hotspot della vicina Shengjin, erano stati fatti costruire dal governo di Giorgia Meloni per portarci i migranti soccorsi in mare. A Shengjin c’è solo un centro di prima identificazione dei migranti trasferiti, mentre il centro di Gjader è diviso in tre parti: la più grande adibita a centro di trattenimento, quella adibita a CPR e un carcere.
I centri erano stati resi operativi alla fine del 2024, ma da quel momento in poi il governo aveva tentato per mesi di utilizzarli senza riuscirci, visto che i vari tribunali competenti non convalidavano i trattenimenti dei migranti, ritenendoli in contrasto con le norme europee. A fine marzo il governo ha approvato un decreto in cui si stabiliva che il centro di Gjader potesse essere usato come un qualsiasi altro CPR italiano, rinunciando così a usare i centri in Albania per i migranti soccorsi in mare. A quel punto il governo ha potuto trasferire 41 migranti che si trovavano già nei CPR italiani.
Nel caso delle 4 persone che sono state effettivamente rimpatriate l’operazione è stata logisticamente complicata: Maccarrone ha spiegato che hanno dovuto prima essere riportate in Italia e poi, da lì, rimpatriate nei paesi d’origine.



