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  • Domenica 27 aprile 2025

I molti veterani dell’esercito colombiano che combattono in giro per il mondo

Sono in Ucraina e in Sudan, per esempio: lo fanno tramite compagnie militari private, che offrono stipendi molto più alti della loro pensione

Hector Bernal, un veterano dell'esercito colombiano che si occupa dell'addestramento dei mercenari (AP Photo/Ivan Valencia)
Hector Bernal, un veterano dell'esercito colombiano che si occupa dell'addestramento dei mercenari (AP Photo/Ivan Valencia)
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Degli uomini che combattono in giro per il mondo come mercenari, molti arrivano dalla Colombia. Sono prevalentemente ex militari delle forze di sicurezza colombiane, che decidono di arruolarsi perché l’assegno pensionistico che ricevono per gli anni di servizio è troppo basso per mantenersi e le compagnie private promettono loro guadagni enormemente superiori. Diverse inchieste giornalistiche hanno accertato la loro presenza nelle guerre attualmente in corso in Ucraina e in Sudan, ma non è un fenomeno nuovo: in passato hanno combattuto anche in Afghanistan, Yemen, Libia e Somalia, tra gli altri posti.

I mercenari colombiani sono molto richiesti perché hanno già una lunga esperienza nelle operazioni di guerra, avendo combattuto per decenni dentro o per conto dell’esercito colombiano contro i gruppi armati ribelli attivi nel paese (come le FARC, Forze armate rivoluzionarie della Colombia, tra i più grandi gruppi guerriglieri dell’America Latina).

Un altro motivo riguarda i rapporti molto stretti tra Colombia e Stati Uniti nell’ambito della difesa. Per ragioni principalmente politiche, a partire dagli anni Cinquanta l’esercito colombiano ha ricevuto addestramento militare da parte di quello statunitense, e dalla fine degli anni Novanta gli Stati Uniti hanno inviato aiuti economici e militari in Colombia per contrastare i cartelli della droga, rafforzando le capacità dell’esercito colombiano.

Fu in questo contesto che si stabilì in Colombia la Blackwater (ora Academi) la più nota compagnia militare privata statunitense e la più grande al mondo, che a partire dal 2009 iniziò a reclutare soldati colombiani da inviare altrove nel mondo.

Un soldato dell’esercito colombiano nei sobborghi di Morales, in Colombia (AP Photo/Juan B Diaz)

Quando nel 2017 le FARC accettarono di abbandonare la lotta armata e diventare un partito politico l’esercito colombiano, a quel punto tra i più grandi del Sudamerica, venne notevolmente ridotto: decine di migliaia di veterani rimasero senza lavoro, senza altre competenze e senza un efficace programma di reintegrazione nella società civile. A questi ogni anno si aggiungono circa 10mila soldati che vanno in pensione per anzianità, avendo raggiunto i quarant’anni di età o i vent’anni di servizio, con la prospettiva di ricevere un assegno mensile dell’equivalente di 300-400 euro per tutta la vita.

I colombiani «sono competenti dal punto di vista tecnico e costano la metà o un quarto» rispetto a quelli che provengono da altri paesi, ha riassunto Sean McFate, analista dell’Atlantic Council, influente think tank statunitense. In confronto alla scarsa pensione che ricevono in Colombia, le compagnie private presentano loro stipendi tra i 2mila e i 3mila dollari al mese per andare in paesi anche molto lontani, combattere al fronte o in contesti ben poco sicuri (pratica che è da tempo discussa e considerata illegale in vari paesi) oppure svolgere impieghi generici nella difesa, per la protezione di persone o luoghi.

Non sempre queste persone ricevono lo stipendio che gli era stato promesso dalle compagnie, e non sempre le regole di ingaggio sono chiare e rispettate. È il caso per esempio di un gruppo di ex militari assunti da una compagnia privata fondata da un ex ufficiale colombiano in pensione, la A4SI: contattati per un’offerta di lavoro come agenti di sicurezza di un impianto petrolifero negli Emirati Arabi Uniti, alcuni di loro hanno raccontato di essere stati mandati in Sudan contro la loro volontà. Una volta arrivati lì, molti non hanno i soldi per comprare un biglietto aereo di ritorno, mentre altri hanno raccontato che gli è stato sottratto il passaporto. Non avevano firmato alcun contratto.

In Sudan da due anni è in corso una guerra civile tra l’esercito regolare e i paramilitari delle Rapid Support Forces (RSF), alle quali si sarebbero dovuti unire i militari colombiani. Mentre si trovava nel deserto libico, il contingente diretto nella regione sudanese del Darfur è stato colpito da un’offensiva di una milizia alleata dell’esercito del Sudan: diversi sono stati feriti.

Stando ai racconti degli stessi militari, dalla fine del 2024 sono arrivati in Sudan più di 300 colombiani per combattere al fianco delle RSF. Secondo l’esercito del Sudan, almeno 20 sono morti in combattimento.

Come detto, mercenari colombiani sono presenti anche in Ucraina. Il Wall Street Journal ha raccontato la storia di Jhonny Pinilla, un ex militare colombiano che ha combattuto per 12 anni contro i gruppi ribelli, poi ha lavorato dieci anni come guardia di sicurezza privata e infine si è unito all’esercito ucraino. «La guerra è l’unica cosa che so fare», ha detto, aggiungendo che se dovesse essere raggiunto un accordo di pace tra Russia e Ucraina, proverebbe ad andare a combattere altrove.

Veterani colombiani nella regione di Donetsk, sul fronte ucraino, 29 gennaio 2024 (AP Photo/Efrem Lukatsky)

Come altri, Pinilla ha raccontato di aver raggiunto l’Ucraina passando per la Spagna e poi la Polonia, oltrepassando a piedi il confine. Secondo il ministro degli Esteri colombiano Luis Gilberto Murillo, sarebbero circa 500 i mercenari colombiani che hanno partecipato alla guerra unendosi all’esercito ucraino, e più di 300 sarebbero stati uccisi.

Tra i rischi di questo lavoro non ci sono solo quelli più ovvi, cioè di rimanere ferito o essere ucciso in battaglia. A luglio dello scorso anno due mercenari colombiani furono arrestati in Venezuela dall’Fsb, la principale agenzia di intelligence interna russa. Stavano tornando in Colombia dopo aver combattuto per otto e dieci mesi sul fronte ucraino. Sono stati portati in Russia e si trovano attualmente nella prigione di Lefortovo, a Mosca. Rischiano fino a 15 anni di carcere.

Il diritto internazionale non considera i mercenari al pari degli altri combattenti, come quelli che fanno parte di eserciti, milizie armate o anche civili che partecipano ad azioni di resistenza. Per questo godono di molte meno tutele, sia in caso di morte, sia nel caso in cui dovessero essere accusati di crimini commessi in contesti di guerra (per cui sono perseguibili personalmente).

Il presidente colombiano Gustavo Petro ha promesso di agire per contrastare il fenomeno dei mercenari colombiani. A novembre dell’anno scorso – quando è venuta fuori la storia del contingente attaccato in Sudan – ha promesso di promuovere una legge per rendere illegali le attività mercenarie e ratificare una convenzione delle Nazioni Unite che le vieta dal 1989. Finora è stata ratificata da 38 stati (tra cui l’Italia).

– Leggi anche: “Mercenari” o “contractor”?