Raccogliere donazioni fermando le persone per strada funziona davvero?
Pare di sì, nonostante ormai in molti tendano a ignorare i "dialogatori": in Italia rimane uno dei principali canali di finanziamento per le ong

Passeggiando in città, uscendo da un supermercato o nei pressi di una stazione, capita di imbattersi in gruppi di persone che cercano di convincere le persone che passano a donare dei soldi a una organizzazione benefica. Nel gergo del settore queste persone si chiamano dialogatori.
È una pratica utilizzata ormai da molti anni da diverse organizzazioni non profit, tanto che i dialogatori sono diventati parte del panorama urbano. Molte persone si sono abituate a passare oltre senza rispondere ai loro approcci, che a volte possono diventare un po’ molesti. Eppure le campagne di raccolta fondi per strada rimangono tuttora uno dei canali di finanziamento più importanti per le organizzazioni non profit.
Funzionano, in sostanza: anche se per ragioni un po’ insondabili e difficili da inquadrare. Tanto che negli anni sono anche emerse diverse questioni legate alla quantità di soldi che i dialogatori raccolgono per le ong, e le cifre a volte molto basse che guadagnano per questa attività.
Nel gergo del settore la ricerca di donatori fatta fermando i passanti viene chiamata raccolta face to face. La sua diffusione è abbastanza recente: fu utilizzata per la prima volta negli anni Novanta dalla sezione austriaca di Greenpeace. I suoi attivisti furono i primi ad accorgersi dell’efficacia di questa pratica, cioè di quanti soldi si potessero raccogliere fermando le persone per strada per far conoscere i loro progetti e convincerle a fare donazioni singole o periodiche. Gli attivisti di Greenpeace vennero presto imitati da quasi tutte le altre grosse ong internazionali e in poco tempo il face to face dei dialogatori è diventato uno dei principali mezzi di finanziamento di molte delle più importanti organizzazioni non profit, in Europa come in Italia.
Ogni anno la sezione italiana di Medici Senza Frontiere (Msf), una importante ong che si occupa di assistenza medica e operazioni umanitarie in varie parti del mondo, ricava quasi la metà dei propri fondi (in totale circa 80 milioni di euro annui) da donatori regolari, cioè da persone che permettono a Msf di prelevare periodicamente dal loro conto una quota di denaro fissa. Di questi donatori regolari, moltissimi sono stati convinti grazie ai dialogatori. «Tre quarti dei donatori regolari vengono acquisiti attraverso questo canale», dice Laura Perrotta, responsabile della raccolta fondi di Medici Senza Frontiere.
Come tutte le ong, Msf non accetta pagamenti in contanti: a una persona che decide di diventare donatore regolare vengono chiesti l’iban o i dati della carta di credito; successivamente Msf contatta la banca associata del donatore per disporre un accredito periodico. Oggi Msf stima che circa 140mila persone le donino dei soldi regolarmente a dopo essere state convinte da un dialogatore.
Nel mondo del terzo settore italiano le donazioni regolari da parte di singoli individui sono ormai fondamentali, non soltanto per Msf: rappresentano la base del sostentamento delle sezioni locali di organizzazioni molto grandi come Greenpeace e Amnesty International – che per i finanziamenti hanno regole molto stringenti, che limitano quasi completamente la possibilità di finanziarsi attraverso fondi pubblici e grosse donazioni private – e sono una fonte di entrate importante anche per altre organizzazioni non profit come Save the Children o ancora per l’Agenzia dell’ONU per i rifugiati (Unhcr) e il fondo dell’ONU per l’infanzia (Unicef).
Per le ong avere un’ampia base di donatori è fondamentale per garantirsi una qualche stabilità. Come dice Chiara Aluffi Pentini, direttrice per la raccolta fondi di Unicef Italia, i donatori regolari permettono di sviluppare e pianificare anche dei programmi di lungo periodo. L’obiettivo, idealmente, è quello di farli sentire «parte della comunità», e anche per questo le organizzazioni cercano di assegnare loro uno status speciale (come ad esempio “amici dell’Unicef” nel caso di Unicef o “angeli dei rifugiati” nel caso di Unhcr), di tenerli sempre aggiornati sulle loro attività e di invitarli ai loro eventi.
Per molte organizzazioni avere dei donatori regolari è molto più prezioso che raccogliere donazioni una tantum. «Nel corso del tempo i donatori regolari donano molto di più rispetto a quelli che lo fanno occasionalmente; in media continuano a farlo per più di tre anni», dice Perrotta.
Anche per questo le organizzazioni puntano parecchio sulla ricerca di donatori regolari: e in base alla loro esperienza il modo più efficace per convincere qualcuno a versare soldi regolarmente rimane l’opera di convincimento, dal vivo, di un’altra persona.
Sembra infatti che per molti, ancora oggi, sia il contatto umano a fare la differenza, quando si tratta di donare: specie se i progetti da finanziare sono spiegati e illustrati in modo convincente. Tutto questo nonostante molte truffe online e nel mondo reale ormai inizino così, con una richiesta di soldi apparentemente innocua da parte di una persona che non si conosce; e nonostante in giro si trovino anche ong che raccolgono donazioni in modo poco trasparente. Perrotta racconta come alcuni donatori continuino a ricordare in modo affettuoso la persona che li ha convinti a diventare dei finanziatori di Msf.
Per continuare ad avere un certo ricambio di donatori, le campagne di raccolta fondi face to face vanno avanti più o meno tutto l’anno: sono quindi un pezzo importante del lavoro delle singole organizzazioni, anche se ognuno le gestisce secondo una diversa strategia aziendale. Alcune hanno un reparto dedicato solo a quello, e in questi casi le squadre di dialogatori vengono assunte e formate internamente. Molto più spesso, invece, ci si rivolge ad agenzie di marketing specializzate che dispongono di dialogatori professionisti che di volta in volta vengono messi al servizio dei clienti che stanno organizzando la propria raccolta fondi.
«C’è chi si appoggia molto sul lavoro delle agenzie, chi si concentra sui propri dialogatori in house, chi invece decide di adottare un sistema ibrido», dice Laura Bonomi, che si occupa della raccolta fondi di Amnesty International Italia. Alcune organizzazioni come Amnesty e Greenpeace si concentrano principalmente sui dialogatori interni, mentre altre, come Save the Children, preferiscono appoggiarsi alle agenzie. Sia Msf che Unicef usano un sistema misto.
I luoghi in cui i dialogatori decidono di appostarsi non sono causali: oltre alla necessità di piazzarsi in posti affollati – dove peraltro è statisticamente più frequente incontrare persone che in passato non hanno avuto a che fare con altri dialogatori – cercano anche di scegliere contesti frequentati da persone più propense alle donazioni e potenzialmente affini all’organizzazione. «Se c’è il concerto di un cantante che si è molto schierato sul tema della guerra a Gaza, noi ci mettiamo lì fuori», spiega Perrotta.

Due dialogatrici di Greenpeace (Greenpeace)
I dialogatori non sono volontari, ma lavoratori pagati: solitamente il loro stipendio varia in funzione del successo nell’acquisire donatori ben fidelizzati. «Sei a metà tra una venditrice e un’attivista» dice una ragazza che per un breve periodo ha fatto la dialogatrice per una grossa organizzazione non profit. Normalmente, un dialogatore riceve decine di rifiuti prima di riuscire a trovare un donatore (che, tra l’altro, potrebbe cambiare idea una volta tornato a casa). «Devi abituarti a sentirti dire di no tante volte e in molti modi diversi, per questo può essere un lavoro frustrante ed emotivamente pesante», dice l’ex dialogatrice.
Peraltro, i dialogatori non sono sempre ben retribuiti. Secondo un’inchiesta di qualche anno fa di Redattore Sociale in alcuni casi le loro condizioni lavorative erano molto svantaggiose, sia dal punto di vista dello stipendio che del tipo di contratto.
Il trattamento, la formazione e i criteri retributivi sono diversi per chi lavora nelle agenzie di marketing rispetto a chi viene direttamente reclutato dalle organizzazioni: questi ultimi di solito vengono trattati meglio, ma possono esserci delle eccezioni e le condizioni lavorative variano anche da agenzia ad agenzia.
Nel caso delle agenzie i dialogatori vengono formati come dei venditori, gli viene insegnato come seguire precise strategie di persuasione e a volte i loro rapporti con le organizzazioni che sponsorizzano possono essere anche piuttosto limitati; quando vengono assunti e gestiti direttamente, invece, i dialogatori vengono inevitabilmente coinvolti nelle attività dell’organizzazione che rappresentano.
Le condizioni lavorative dei dialogatori, comunque, variano molto tra le diverse agenzie e organizzazioni non profit con cui lavorano. «Noi facciamo di tutto per tenerli motivati, formati e sensibilizzati», dice Perrotta, «le agenzie non ci dicono quanto li pagano, anche se, per quel che possiamo, a Msf cerchiamo di assicurarci che vengano trattati bene».
Di cinque grandi organizzazioni non profit sentite dal Post solo Greenpeace dice di pagare uno stipendio fisso, che non dipende dalle donazioni raccolte (ma non ha risposto alle richieste del Post di quantificare l’importo). Medici Senza Frontiere spiega di pagare una parte di compenso fissa a cui si sommano dei bonus misurati su diversi parametri.
Il rapporto tra agenzie e organizzazioni non è sempre semplice: «le agenzie per questo settore sono molto importanti, ma quelle con cui riusciamo a lavorare bene non sono molte», dice una responsabile per la raccolta fondi di una grossa organizzazione, che per la sensibilità del tema preferisce rimanere anonima.
La direttrice sottolinea peraltro che se le persone vengono convinte a donare solo attraverso strategie di marketing tendono a interrompere presto il flusso di donazioni. È un aspetto che nel tempo ha convinto alcune organizzazioni a puntare di più sui dialogatori interni: Laura Bonomi di Amnesty spiega che da qualche anno la sua organizzazione ha deciso di non appoggiarsi più alle agenzie di face to face perché i dialogatori “esterni” non riuscivano a raccogliere un numero soddisfacente di donazioni.