Da sei mesi l’ex presidente boliviano Evo Morales cerca di non farsi arrestare
È chiuso in una sorta di bunker in una regione remota del paese, ma vuole comunque presentarsi alle elezioni del prossimo agosto

Da quasi sei mesi l’ex presidente socialista boliviano Evo Morales è asserragliato in una sorta di bunker nella provincia di Chapare, nella zona centrale del paese, per sfuggire al mandato d’arresto emesso nei suoi confronti lo scorso dicembre con l’accusa di tratta di minori. Dal suo nascondiglio sta comunque cercando di pianificare la sua candidatura alle elezioni presidenziali di agosto, nonostante abbia già ricoperto il numero massimo di mandati previsti dalla Costituzione.
Il complesso dove si nasconde Morales si trova tra le cittadine di Lauca Eñe e Villa Tunari, a più di dieci ore di auto dalla capitale La Paz. È circondato da mura e difeso da migliaia di volontari, soprattutto contadini della zona, che hanno istituito ronde e checkpoint per impedire alla polizia di entrare. Sta lì da ottobre e la sua posizione è nota a tutti, ma le autorità stanno rimandando l’arresto per timore degli scontri che potrebbero nascere se entrassero nella zona. Quando Morales venne accusato, nel novembre del 2024, ci furono grossi scontri tra la polizia e i sostenitori dell’ex presidente, che presero persino il controllo di una base militare, prendendo in ostaggio soldati e civili e sequestrando armi e munizioni.
Nel corso degli ultimi mesi è uscito varie volte da lì, sempre insieme a persone che lo scortavano. L’ultima è stata il 29 marzo, quando ha tenuto un discorso in uno stadio nella regione di Cochabamba. Uno dei volontari che proteggono Morales ha detto a un giornalista di Bloomberg che chiunque provi a entrare nel complesso per arrestare l’ex presidente «non ne uscirà vivo».
Nonostante non sia più in carica dal 2019, Morales è ancora molto amato in Bolivia, soprattutto nella regione di Cochabamba (quella di Chapare, dove è nascosto) e tra i “cocaleros”, cioè i coltivatori di coca. Lo stesso Morales prima di diventare presidente fu un sindacalista dei cocaleros (in Bolivia coltivare la coca non è illegale: le foglie vengono vendute legalmente per usarle in vari prodotti, e masticate per combattere il mal di quota e la stanchezza. Una parte finisce nel commercio illegale e nella produzione di cocaina).

Gli scontri tra la polizia e i sostenitori di Morales nel dipartimento di Cochabamba, 1 novembre 2024 (AP Photo/Juan Karita)
Secondo i giudici che hanno emesso il mandato d’arresto, durante gli anni della sua presidenza, cioè tra il 2016 e il 2019, Morales avrebbe avuto regolarmente rapporti sessuali con una ragazzina di 15 anni (oggi Morales ha 65 anni), da cui avrebbe anche avuto un figlio. L’accusa di tratta è dovuta al fatto che, secondo i procuratori, la ragazza sarebbe stata iscritta nella sezione giovanile del Movimento per il Socialismo (Mas, l’allora partito di Morales) con il preciso scopo di avvicinarla a lui e ottenere in cambio favori di vario genere. Anche la madre della ragazza è stata accusata di tratta di esseri umani.
Morales ha sempre negato le accuse, che sostiene siano politicamente motivate. L’attuale presidente della Bolivia, Luis Arce, è un ex ministro del governo di Morales che è poi diventato il suo principale rivale politico. Ha commentato la vicenda in diverse occasioni, dicendo che l’attrazione dell’ex presidente per le ragazze minorenni era ben nota nella politica boliviana. Ci sono inoltre diverse fotografie di quel periodo che ritraggono la ragazza al fianco del presidente in vari viaggi.
Morales venne eletto per la prima volta nel 2005 e rimase in carica per 14 anni. Fu il primo presidente indigeno della Bolivia, dopo i governi guidati dai discendenti dei colonizzatori spagnoli. Durante i primi anni di mandato riuscì a migliorare molti degli annosi problemi boliviani, dalla povertà all’analfabetismo, e aumentò anche in modo notevole i proventi derivanti dallo sfruttamento delle risorse sotterranee del paese. Per questo è ancora molto amato tra la popolazione boliviana.

Una manifestazione di sostenitori di Morales, che nel settembre del 2022 si misero in marcia verso la capitale per protestare contro il governo di Arce, 22 settembre 2022 (AP Photo/Juan Karita)
Tuttavia con il tempo Morales si spostò sempre più verso il centro, dimostrò tendenze autoritarie e si ancorò ostinatamente al potere. Nel 2014 si candidò di nuovo alle presidenziali, nonostante la Costituzione vietasse di ricoprire un terzo mandato. Riuscì però a trovare un escamotage per evitare di far conteggiare il suo primo mandato, e venne eletto di nuovo. Nel 2019 venne eletto per la quarta volta, ma fu costretto a dimettersi dopo meno di un mese da una grossa rivolta popolare sostenuta anche dai militari, con l’accusa di brogli elettorali. Si trasferì in Messico, dove rimase fino al 2020.
Lo scorso febbraio dal suo nascondiglio Morales ha annunciato di volersi ricandidare alle elezioni del prossimo 17 agosto. Questo nonostante abbia ampiamente superato il vincolo dei mandati (questo sarebbe il quarto) e la Corte costituzionale abbia già stabilito che non può ricandidarsi.
Dato che a febbraio Morales aveva lasciato il suo storico partito, il Mas (che ora è guidato dal suo principale avversario, Arce), ha detto di volerne fondare uno nuovo: si chiamerà “Evo Pueblo”, un nome che è stato molto criticato dalle opposizioni perché include proprio il nome del leader. Prima di essere ammesso alle elezioni comunque Evo Pueblo dovrà affrontare una serie di verifiche e passaggi burocratici che richiedono tempi molto stretti: per questo nel frattempo ha detto che si candiderà ufficialmente con il Fronte per la vittoria, un partito di sinistra che ha accettato di avere Morales come unico candidato alla presidenza. Arce non ha ancora confermato di volersi ricandidare.
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