Il prezzo del gas non era così alto da due anni
Cioè da quando c'erano ancora strascichi della crisi energetica dovuta alla guerra in Ucraina: c'entrano Trump e il freddo

Da qualche giorno il prezzo del gas è tornato a valori che non si vedevano dal gennaio del 2023, cioè dall’inverno della crisi energetica innescata dalla guerra in Ucraina: da lunedì è intorno ai 58 euro al megawattora, quasi il 30 per cento in più di un mese fa e il doppio rispetto all’inizio di febbraio del 2024.
È un aumento considerevole, che con ogni probabilità si vedrà nelle prossime bollette, oramai strutturalmente più alte rispetto al passato. Dipende innanzitutto dalle temperature fredde nei paesi europei, che hanno fatto aumentare il consumo di gas per il riscaldamento. Il tutto mentre i moltissimi e continui annunci del presidente degli Stati Uniti Donald Trump creano incertezza e speculazione nel mercato dell’energia, che si ritrova a fare i conti con l’eventualità di nuove guerre commerciali e di una crescente tensione a livello internazionale.
Trump ha solamente aggiunto volatilità, cioè incertezza, all’andamento dei prezzi del mercato del gas, che già da settimane mostrava prezzi in costante aumento per ragioni sue. Il freddo di gennaio ha portato gli stoccaggi europei, cioè le scorte di gas da cui i paesi attingono per i loro consumi, a livelli minimi: secondo i dati della piattaforma GIE-AGSI aggiornati all’11 febbraio, gli stoccaggi nell’Unione Europea sono pieni per meno di metà, al 47 per cento. Lo scorso anno in questo periodo erano al 65 per cento.
Alcuni paesi sono messi peggio di altri: la Francia, la Croazia, il Belgio e i Paesi Bassi sono nell’intorno del 30 per cento; la Germania è in linea con la media europea, al 47 per cento, mentre l’Italia ha stoccaggi pieni ancora al 58 per cento, anche grazie a un clima leggermente più mite e a un ridotto consumo industriale. Gli stoccaggi europei sono anche stati penalizzati da un minore ricorso alle energie rinnovabili, a causa di una produzione meno abbondante in Norvegia, uno dei principali fornitori di energia dell’Unione Europea.
In una situazione di questo tipo i paesi stanno acquistando quantità straordinarie di gas sul mercato, il che porta a un aumento del prezzo. Il prezzo del gas si stabilisce al Title Transfer Facility (TTF), il principale mercato per gli scambi di gas, che ha sede ad Amsterdam nei Paesi Bassi: fa da riferimento per qualsiasi tipo di gas, da quello che passa per i gasdotti al gas naturale liquefatto, il GNL, che arriva solitamente via mare e viene poi rigassificato in impianti ad hoc. Ad essere soggetto a variazioni di prezzo è soprattutto il secondo tipo, perché le forniture tramite gasdotto sono solitamente regolate da contratti rigidi, in cui quantità e prezzi sono stabiliti con un certo anticipo e difficilmente modificabili in corsa.
In ogni caso il prezzo del gas rimane sempre più alto rispetto a prima della guerra in Ucraina, perché l’Unione Europea ha dovuto rinunciare al gas proveniente dalla Russia, più economico del resto in circolazione. La Russia era il primo fornitore europeo, e in questi anni le sue forniture sono state sostituite da nuovi flussi provenienti dall’Algeria, dalla Norvegia e dagli Stati Uniti: la quota delle importazioni di gas russo sul totale della domanda è scesa dal 40 per cento di prima della guerra al 14 del 2024.
Il gas più caro ha aumentato sia i costi per il riscaldamento che quelli dell’elettricità. In Unione Europea ancora un quinto dell’elettricità viene prodotto col gas, ma ci sono paesi con sistemi elettrici ancora più dipendenti: come la Germania e l’Italia, che hanno una quota è intorno al 40 per cento e che dunque risentono più degli altri delle variazioni del prezzo della materia prima. Insomma, è probabile che alle bollette già costose nel prossimo trimestre si aggiungeranno gli aumenti di queste settimane. Le aziende italiane dall’inizio della guerra hanno risolto riducendo sensibilmente i consumi, tra le cause della grave crisi dell’industria.