I dirigenti di Fratelli d’Italia non sembrano avere molta stima di Matteo Salvini
È quello che emerge dalle chat private del partito, pubblicate in un libro del cronista del "Fatto Quotidiano" Giacomo Salvini

Il giornalista del Fatto Quotidiano Giacomo Salvini ha pubblicato in un libro molte conversazioni private avvenute tra il 2018 e il 2024 su tre diverse chat di WhatsApp, a cui partecipavano alcuni dirigenti di Fratelli d’Italia, il partito della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Il libro, uscito venerdì 7 febbraio, si intitola Fratelli di chat. Storia segreta del partito di Giorgia Meloni. Dalle conversazioni emerge parte del percorso che ha portato Fratelli d’Italia a diventare il primo partito del paese e la principale forza politica di governo – in questi anni con consensi tra il 25 e il 30 per cento – dal piccolo partito che era ancora nel 2018 (con consensi intorno al 4 per cento).
Il dato principale che emerge dal libro sono le frequenti critiche a Matteo Salvini e al partito di cui è leader, la Lega, alleato di governo di Fratelli d’Italia. Giacomo Salvini (che non è parente del ministro) ha scritto che le chat arrivano da fonti interne al partito che erano in quelle chat. Dalle conversazioni, per quanto prive almeno di una parte di contesto, si capisce che molti dei più importanti esponenti di FdI non sembrano avere grande stima di Salvini, sia umanamente che politicamente. Negli anni lo hanno più volte attaccato per le sue dichiarazioni pubbliche, per le sue scelte in politica estera e per il suo operato da ministro in vari governi. Anche quello da ministro dei Trasporti nel governo attuale.
Giovanbattista Fazzolari, oggi importante sottosegretario alla presidenza del Consiglio, scrisse per esempio in chat «il ministro bimbominkia colpisce ancora», quando a dicembre del 2018 Salvini mise in difficoltà il suo governo definendo «terroristi islamici» i membri del partito e gruppo radicale libanese Hezbollah. Paola Frassinetti, oggi sottosegretaria all’Istruzione, in quell’occasione disse che Salvini era «un poveretto». L’attuale ministro della Difesa Guido Crosetto lo descrisse come un «cialtrone superficiale», sempre nel dicembre del 2018, per il fatto che in quel periodo Salvini era solito girare l’Italia con addosso le felpe o addirittura le divise dei diversi corpi delle forze dell’ordine.
In un post condiviso su Instagram la sera di venerdì, Meloni ha definito quanto emerso una «polemica forzata e strumentale», ha detto che la stima nei confronti di Salvini «è nei fatti» e che continuerà a lavorare con lui «con lealtà e determinazione».

Salvini con la divisa della polizia penitenziaria durante una festa della Lega a Pinzolo nel 2017 (LaPresse/Stefano Cavicchi)
Tra il 2018 e il 2022, prima di entrare nell’attuale governo di destra presieduto da Meloni, Salvini e la Lega fecero parte di un governo con il Movimento 5 Stelle guidato da Giuseppe Conte (giugno 2018-agosto 2019) e sostennero – insieme a quasi tutti gli altri partiti – il governo di Mario Draghi (febbraio 2021-ottobre 2022). Nel mezzo Salvini aveva provato a far cadere il primo governo di Conte e a chiedere «pieni poteri» per capitalizzare il successo elettorale delle elezioni europee del 2019, quando la Lega andò vicina al 35 per cento, sperando di poter formare un governo in cui lui fosse presidente del Consiglio. Non gli riuscì, e si formò invece un secondo governo di Giuseppe Conte sostenuto soprattutto da M5S e PD.
Dalle conversazioni nel libro di Giacomo Salvini emerge come in quegli anni Fratelli d’Italia abbia puntato molto chiaramente a sottrarre voti alla Lega. Salvini era visto come un avversario attaccabile, politicamente incoerente, poco abile e dal successo tutto sommato precario. È in effetti piuttosto evidente che parte degli attuali consensi di FdI provengano anche da uno spostamento dell’elettorato della Lega in quegli anni.
A volte i dirigenti di FdI decidevano di attaccare Salvini in modo velato, altre volte preferivano non prendere posizione pensando che i suoi demeriti parlassero da soli. Quando nelle chat si parlava della questione di Salvini con le divise delle forze dell’ordine, per esempio, Ignazio La Russa, oggi presidente del Senato, suggerì ai colleghi di FdI di non attaccarlo personalmente, ma eventualmente solo per l’inopportunità e incoerenza del suo accordo di governo col M5S. Poi aggiunse un commento più personale: «…Si rende ridicolo senza bisogno del nostro aiuto».
Anche Meloni in diverse occasioni ha preferito non attaccarlo pubblicamente, o comunque farlo in modo sottile. A dicembre del 2018 per esempio ci fu una polemica sul governo Lega-M5S, che sembrava voler aumentare le accise sulla benzina in Liguria (alla fine non lo fece): Meloni scrisse in chat che «sulla cosa delle accise Salvini dovrebbe andare a nascondersi», per l’incoerenza rispetto alle promesse elettorali, poi però si decise che pubblicamente non serviva prendere posizione. Il libro fa notare che pochi mesi dopo, durante la campagna elettorale per le europee del 2019, Meloni pubblicò un video in cui andava a fare benzina, facendo una scenetta per mostrare che la maggior parte dei soldi finiva al fisco, cioè allo Stato. Attaccava apertamente il governo, di cui Salvini era ministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio, e chiedeva che le accise venissero progressivamente abolite (poi quando andò lei al governo dovette cambiare idea).
Proprio per il fatto che evitò molte volte di attaccarlo pubblicamente, Meloni si arrabbiò quando nel 2020 cominciarono a circolare sui giornali articoli di retroscena (quindi basati su indiscrezioni e voci più o meno confermate) in cui veniva criticata da Salvini e descritta come una possibile “nuova Fini” della destra: cioè una politica che per il proprio successo personale sarebbe stata disposta a uscire dall’alleanza dei partiti di destra, e in definitiva una leader superba, che si è montata la testa. In quel periodo infatti FdI stava ottenendo sempre più consensi e si presentava come alleata di Lega e Forza Italia. Meloni si lamentò molto in chat di questa posizione di Salvini, e dando indicazioni ai colleghi su come comportarsi pubblicamente scrisse: «Secondo me il messaggio che va fatto passare, che è la verità, è che la Lega è un partito che non mantiene la parola data. Hai voglia a fare il partito di destra se non hai onore».

(ANSA/GIUSEPPE LAMI)
Le conversazioni contenute nel libro arrivano fino a ottobre del 2024, quando Meloni smise di usare quelle chat in seguito ad alcune fughe di notizie fatte uscire sempre dal giornalista Giacomo Salvini sul Fatto (lei ne fu molto infastidita). Anche nelle conversazioni più recenti, quelle da quando è al governo, comunque il suo giudizio su Matteo Salvini non sembra molto cambiato, nonostante formalmente sia il suo vice. Quando per esempio lo scorso ottobre Salvini disse che la circolazione dei treni in mezza Italia era stata bloccata da un chiodo (non era così), Meloni scrisse ironicamente in chat: «Sono molto soddisfatta invece. Pensavo saremmo tornati al dorso di mulo e invece ci sono ancora i treni dopo due anni», riferendosi al mandato da ministro dei Trasporti di Salvini.
Intervistato dal quotidiano Il Tempo dopo la diffusione di alcune anticipazioni del libro, Matteo Salvini ha detto che «anche se non sono eccessivamente permaloso non fa piacere leggere certe cose», e ha poi aggiunto: «si tratta di battute scritte in un’altra era politica che – sono certo – non rispecchiano il pensiero attuale degli alleati. Giorgia saprà confermarlo».
Oltre a quelle su Salvini il libro contiene conversazioni su diversi altri argomenti. Ci sono per esempio esponenti che mostrano simpatie fasciste, anche se certamente non sorprendenti vista la nota ascendenza politica di Fratelli d’Italia. L’attuale ministro per gli Affari europei, Tommaso Foti, per esempio a un certo punto definisce Benito Mussolini «un gigante» in contrapposizione a Giuseppe Conte che secondo lui sarebbe invece «un pigmeo».
Ci sono poi vari attacchi a giornali, giornalisti e televisioni, ma anche una ricostruzione delle posizioni dei membri di FdI sulla pandemia mentre era in corso. In quei mesi il partito fu molto ambiguo e sembrò voler legittimare alcune posizioni antivacciniste per tenersi buona una parte di elettorato. È in quel periodo (più precisamente nel luglio del 2021) che Marcello Gemmato, farmacista e oggi sottosegretario alla Salute, sostenne nelle chat di FdI la necessità di favorire i contagi tra giovani e persone con meno di 50 anni per «immunizzare in maniera veloce i più giovani». La comunità scientifica raccomandava invece di vaccinarsi contro il coronavirus a prescindere dall’età.