Come si compra una banca

Come funzionano le OPA, le OPSC, quando sono ostili e quando no: per capirci qualcosa di quello che stanno facendo Unicredit e MPS

L'ingresso della sede centrale di MPS, a Siena (Matteo Bovo/LaPresse)
L'ingresso della sede centrale di MPS, a Siena (Matteo Bovo/LaPresse)
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Negli ultimi mesi ci sono stati diversi tentativi di acquisizioni e fusioni tra banche e società finanziarie molto grosse, tra cui Unicredit, Banco BPM e la banca senese MPS. Nel racconto di questo fermento, definito in gergo giornalistico “risiko bancario”, ricorrono sempre alcune sigle come OPA, OPSC e OPAS, che indicano le diverse varianti dell’Offerta Pubblica con cui una società può provare a comprarne un’altra quotata in borsa. L’Offerta Pubblica dà avvio a un processo lungo e tortuoso, spesso definito «scalata», ma anche interessante per le lotte di potere più o meno pubbliche che talvolta si avviano: tra i soci delle banche coinvolte o più spesso tra la banca acquirente e la società “bersaglio”, che può attivare certi meccanismi difensivi per non essere comprata se ritiene ostile l’acquisizione.

Un’Offerta Pubblica è la modalità che la legge impone per comprare una banca, o una qualsiasi società qualora questa sia quotata: ormai le banche lo sono quasi tutte, a eccezione di quelle cooperative o molto piccole, che dunque possono essere comprate anche senza Offerta Pubblica.

Può essere di diversi tipi a seconda delle modalità con cui l’offerente si propone di pagare i soci della società che vuole comprare.

Un’OPA è un’Offerta Pubblica di Acquisto, quella con cui una società offre agli azionisti della società bersaglio di pagare le loro azioni in denaro. C’è poi l’Offerta Pubblica di Scambio, l’OPSC (da non confondere con l’OPS, l’Offerta Pubblica di Sottoscrizione), con cui al posto del denaro si offrono solitamente azioni della società stessa che intende fare l’acquisizione: è il caso di Unicredit e MPS, che offrono di pagare rispettivamente i soci di Banco BPM e Mediobanca con le loro stesse azioni. I soci di Banco BPM e Mediobanca, se accetteranno l’offerta, diventeranno azionisti di Unicredit e MPS: o meglio, delle società che si creeranno con l’acquisizione, che saranno più grandi. Un’OPAS, cioè un’Offerta Pubblica di Acquisto e Scambio, è una combinazione delle due.

Una vista della Torre Unicredit, a Milano (ANSA/MATTEO BAZZI)

A prescindere da come l’acquirente intende pagare, le regole che disciplinano le Offerte Pubbliche sono sostanzialmente le stesse, e accomunano dunque le OPA, le OPSC e le OPAS. Le Offerte Pubbliche possono poi essere obbligatorie per legge o volontarie: la differenza la fa la motivazione alla base dell’operazione. Quelle obbligatorie per legge sono imposte alle società che si ritrovano ad avere il controllo di fatto di una quotata in borsa: una società può aver comprato abbastanza azioni da aver ottenuto una quota rilevante dei diritti di voto nell’assemblea dei soci, e la legge impone che chi le detiene si impegni a comprare il resto della società. Serve per fare in modo che ai soci di minoranza che si trovino in disaccordo con l’azionista più rilevante sia garantita la possibilità di essere liquidati.

Le Offerte Pubbliche volontarie invece sono quelle che una società fa per comprarne spontaneamente un’altra, e sono quelle di cui si parla di più perché disciplinano le grandi e improvvise operazioni di mercato: è questo il caso delle Offerte Pubbliche di Scambio fatte da Unicredit e MPS, che sono anche totalitarie, cioè che hanno l’obiettivo di acquisire il 100 per cento rispettivamente di Banco BPM e Mediobanca.

Una banca può volerne un’altra per i motivi più diversi: perché si vuole ingrandire, perché punta a integrare il business dell’altra banca col suo, o magari perché vuole espandersi all’estero. Quando la banca “bersaglio” – ma vale per qualsiasi società – è quotata in borsa il potenziale acquirente deve passare per forza per un’Offerta Pubblica, poiché deve offrire al “pubblico di azionisti” le stesse condizioni, senza esclusioni: gli azionisti poi possono decidere se accettare di vendere o se declinare.

L’Offerta Pubblica volontaria, che sia di Acquisto, di Scambio o un misto, è tipicamente annunciata con una comunicazione al mercato della banca che vuole promuovere l’operazione. Nella pratica è un comunicato in cui si elencano brevemente le motivazioni industriali dell’operazione e le condizioni principali. Tra queste c’è ovviamente il prezzo che è disposta a pagare per ogni singola azione, che solitamente è maggiore del prezzo di mercato proprio per invogliare i soci a vendere. C’è la scadenza dell’offerta, cioè la data entro la quale gli azionisti della banca che riceve l’offerta potranno decidere di aderire. Poi si possono inserire alcuni vincoli per il buon fine dell’offerta, come la percentuale minima di azioni che vuole ottenere, sotto la quale l’offerta salta: solitamente si individua una quota che consenta di ottenere il controllo sostanziale della società, come potrebbe essere il 51 per cento, necessario per avere la maggioranza nelle decisioni ordinarie, o il 67 per cento, cioè i due terzi che servono per decidere sulle questioni straordinarie.

Per esempio MPS ha annunciato venerdì 24 gennaio un’Offerta Pubblica di Scambio nei confronti di Mediobanca. Lo ha fatto con un comunicato stampa pubblicato alle 7 del mattino, prima dell’apertura della borsa di Milano, dove entrambe le società sono quotate. Ha detto qual è il prezzo, che in questo caso è il rapporto di scambio, cioè 2,3 azioni per ogni azione Mediobanca; qual è la scadenza, il terzo trimestre 2025; e quali sono le condizioni affinché l’operazione possa concludersi con successo: tra le varie quella di raggiungere almeno la soglia del 67 per cento, di ottenere l’autorizzazione dell’assemblea dei soci a fare l’aumento di capitale necessario. E, come da prassi, di ricevere tutte le autorizzazioni di legge necessarie.

Piazza Salimbeni, a Siena, dove MPS ha la sede centrale (Riccardo Sanesi/LaPresse)

Dopo questo primo passaggio c’è il deposito ufficiale del documento di Offerta Pubblica alla Consob, l’ente che si occupa di vigilare sul corretto funzionamento dei mercati finanziari: conterrà informazioni molto più approfondite sull’operazione, sulle ragioni economiche e sulle condizioni. Documento che sarà poi studiato anche dalle altre autorità finanziarie e per la concorrenza, come la Banca Centrale Europea e l’Antitrust, che devono verificare che l’operazione non metta a rischio la stabilità finanziaria o che non crei un mercato bancario troppo concentrato. Dal momento in cui poi la Consob pubblica il documento di offerta, l’operazione è aperta, gli azionisti della banca bersaglio possono aderire e vendere, e la banca proponente non può più tirarsi indietro.

Ancor prima di questo momento la banca oggetto dell’offerta può già attivare alcuni meccanismi di difesa. Per esempio, è prassi che dopo la prima comunicazione al mercato da parte dell’offerente ci sia una risposta a stretto giro del consiglio di amministrazione della banca “bersaglio”, che fa sapere se è a favore o se è contrario all’operazione. Non è infrequente che il consiglio si dichiari contrario, anzi, succede quasi sempre: sia perché punta a far offrire ai soci condizioni migliori, dunque un prezzo più alto per azione, sia perché di solito con l’acquisizione gli stessi membri del consiglio vengono rimpiazzati. Dunque le Offerte Pubbliche raramente sono ben viste, a meno che non siano concordate in anticipo.

Nel caso di MPS il cda di Mediobanca ha risposto di essere contrario, e che l’operazione è apertamente ostile e non concordata: l’offerta economica è stata considerata insufficiente, e non è neanche condivisa la logica industriale. È peraltro notevole che abbia espressamente detto che l’operazione farebbe solo l’interesse di due soci di MPS, il gruppo Delfin della famiglia Del Vecchio, quella di EssilorLuxottica, e Francesco Gaetano Caltagirone, uno dei più ricchi e influenti imprenditori italiani: senza entrare troppo nei dettagli, il cda di Mediobanca sostiene che l’acquisizione punterebbe solo a rafforzare la loro posizione in un’altra operazione in cui è coinvolta Mediobanca, quella tra Generali e la banca francese BPCE.

La risposta di Mediobanca, che respinge dunque l’offerta di MPS, non ha però alcun valore legale: il fatto che la respinga non significa che l’operazione non si farà, ma è semplicemente una pubblica dichiarazione sulla posizione del consiglio di amministrazione, cioè i delegati dei soci. Gli unici che possono impedire che l’operazione non vada in porto sono i soci stessi, semplicemente non aderendo all’Offerta Pubblica.

Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, davanti alla sede della borsa di Milano, a giugno del 2024 (Claudio Furlan/LaPresse)

Andrea Perrone, professore di diritto commerciale nella facoltà di scienze bancarie dell’Università Cattolica di Milano, spiega che secondo la legge solo i soci, cioè i proprietari della banca, possono decidere di aderire all’offerta, cioè di farsi comprare o meno. È una legge che serve appunto a evitare che gli amministratori pensino ai propri interessi, per esempio a perdere il posto nel cda, e non a quelli degli azionisti.

Dal primo momento in cui una società dichiara la decisione di comprarne un’altra tramite Offerta Pubblica gli amministratori sono sottoposti a quella che si chiama passivity rule: è il divieto di fare operazioni straordinarie che potrebbero ostacolare l’acquisizione o non renderla più conveniente per il potenziale acquirente. Un esempio: se il consiglio di amministrazione di Mediobanca decidesse di vendere il ramo più profittevole della banca, di fatto renderebbe l’acquisizione non più conveniente per MPS. In tal caso gli amministratori violerebbero la legge.

Perrone spiega però che la passivity rule ha una formulazione molto generale, il che può causare incertezze e consentire abusi: poiché la legge non prevede esattamente quali siano le operazioni che ricadono nella passivity rule, dice Perrone, «questa può essere utilizzata per legare le mani al consiglio di amministrazione anche in modo strumentale». Proprio perché la passivity rule ha un’applicazione così flessibile, il consiglio di amministrazione ha comunque alcune possibilità quantomeno per ostacolare il tentativo di acquisizione, che in gergo vengono peraltro chiamate con nomi bizzarri.

Lo strumento più semplice è la ricerca del cosiddetto “cavaliere bianco”, cioè di un’altra società o banca ritenuta “amica” a cui viene chiesto o di avviare un’Offerta Pubblica concorrente, o di acquistare un pacchetto di azioni rilevante con l’impegno di non cederlo poi all’altra banca, facendole così fallire l’operazione. Ci sono poi le “poison pill”, quelle che in italiano si chiamerebbero le “polpette avvelenate”, delle operazioni che potrebbero non ricadere sotto la passivity rule e che renderebbero al potenziale acquirente più costoso fare l’operazione: quella più diffusa è l’avvio di un aumento di capitale, che con l’aumento delle azioni in circolazione diluirebbe la partecipazione della banca che ha fatto l’offerta.