• Mondo
  • Domenica 2 febbraio 2025

Le decisioni di Trump sull’aborto avranno conseguenze anche fuori dagli Stati Uniti

Ha reintrodotto varie misure restrittive tra cui la “Mexico City Policy”, che si applica alle ong finanziate con fondi statunitensi ma attive in tutto il mondo

La "Marcia per la vita", Washington, 24 gennaio 2025 (AP Photo/Ben Curtis)
La "Marcia per la vita", Washington, 24 gennaio 2025 (AP Photo/Ben Curtis)
Caricamento player

La scorsa settimana migliaia di persone contrarie all’aborto si sono ritrovate a Washington D.C. per partecipare a una manifestazione nota come “Marcia per la vita”. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, vicino alle loro posizioni, è intervenuto inviando un video in cui diceva: «Torneremo a sostenere con orgoglio le famiglie e la vita (…) nel mio secondo mandato difenderemo ancora una volta con orgoglio i diritti dei nascituri, proteggendoli dagli attacchi della sinistra radicale». Il vicepresidente J.D. Vance era invece fisicamente presente al raduno: ha elogiato le politiche contro l’aborto approvate durante il primo mandato di Trump, definito come «il presidente più pro-famiglia e più pro-life della nostra vita».

Trump si è insediato lo scorso 20 gennaio, e nei giorni successivi ha preso varie decisioni importanti sul tema dell’aborto: venerdì scorso ha firmato un ordine esecutivo che concede la grazia a 23 attivisti condannati per aver bloccato l’accesso a cliniche in cui si praticano aborti. Ha poi revocato due provvedimenti introdotti dal suo predecessore Joe Biden nel 2022, dopo che la Corte Suprema aveva eliminato il diritto federale all’aborto, per impegnare il governo ad adottare una serie di misure per proteggere e promuovere l’accesso alla procedura (per esempio rimborsando i viaggi per le donne che dovevano spostarsi per abortire). Trump ha sostituito queste due misure con un ordine esecutivo che rafforza l’emendamento Hyde, quello che impedisce l’uso di fondi pubblici per finanziare in qualsiasi modo l’aborto salvo casi di incesto, stupro e pericolo per la salute della donna.

Tramite il suo segretario di Stato Marco Rubio, Trump ha sottoscritto una dichiarazione internazionale promossa durante il suo primo mandato (e da cui poi Biden si era ritirato) che chiede a decine di paesi di coordinarsi per limitare l’aborto, promuovere la vita umana «fin dal concepimento» e la «famiglia naturale», intesa come l’unione in matrimonio tra un uomo e una donna.

Infine, Trump ha firmato un decreto presidenziale per reintrodurre la “Mexico City Policy”, una politica che avrà conseguenze sull’accesso a un aborto sicuro e alla contraccezione per milioni di donne non solo negli Stati Uniti, ma anche in tutti quei paesi dove operano programmi finanziati dal governo statunitense.

I sostanziosi finanziamenti degli Stati Uniti alla pianificazione familiare definiscono di fatto l’agenda di centinaia di organizzazioni non governative che operano in tutto il mondo e soprattutto nei paesi considerati in via di sviluppo. Negli Stati Uniti esiste però una norma, l’emendamento Helms, che da oltre cinquant’anni vieta di finanziare direttamente gli aborti all’estero. Nonostante questo, fino a pochi giorni fa le organizzazioni che forniscono servizi abortivi potevano ricevere finanziamenti statunitensi in molti altri ambiti che hanno a che fare con la salute sessuale e riproduttiva in senso ampio: distribuzione e formazione sui metodi contraccettivi, consulenze e informazioni sull’interruzione volontaria di gravidanza, erogazione di cure postoperatorie per le donne che hanno abortito, prevenzione di malattie sessualmente trasmissibili e così via.

La “Mexico City Policy” ripristinata da Trump porta alle estreme conseguenze le restrizioni imposte dall’emendamento Helms, estendendo il divieto di finanziamento a tutto ciò che ha a che fare in generale con la salute sessuale e riproduttiva: proibisce cioè alle organizzazioni non governative attive ovunque di ricevere fondi statunitensi se offrono alle donne, per esempio, contraccettivi o informazioni sull’aborto.

La “Mexico City Policy” viene chiamata così perché fu annunciata durante la Conferenza Internazionale delle Nazioni Unite sulla popolazione che si tenne a Città del Messico nel 1984. I suoi oppositori la definiscono “Global Gag Rule”, ossia “regola del bavaglio globale”, perché colpisce anche le organizzazioni che non praticano direttamente le interruzioni di gravidanza.

La misura indica in modo evidente i cambiamenti portati dall’alternanza alla Casa Bianca tra Democratici e Repubblicani. Era stata introdotta inizialmente dall’amministrazione del Repubblicano Ronald Reagan nel 1985, poi Bill Clinton (Democratico) la eliminò nel 1993 e George W. Bush (di nuovo Repubblicano) la ripristinò nel 2001. Barack Obama (Democratico) la cancellò nuovamente nel 2009 e Trump la reintrodusse nel 2017 estendendola anche alle organizzazioni estere che lavorano su nutrizione, malaria e HIV/AIDS. Nel 2021, una volta diventato presidente, Biden la eliminò e ora Trump l’ha ripristinata.

Come ha spiegato il Guttmacher Institute, una ong che negli Stati Uniti si occupa di salute riproduttiva e aborto, con la reintroduzione «anche un solo dollaro americano ricevuto contaminerà l’intero bilancio operativo di un’organizzazione e di tutte le sue fonti di finanziamento», indipendentemente cioè da quali soldi, compresi quelli che non provengono dagli Stati Uniti, tali organizzazioni decideranno di usare per finanziare direttamente gli aborti.

Suore e un cartonato di Trump alla “Marcia per la vita”, Washington, 24 gennaio 2025 (AP Photo/Ben Curtis)

Secondo gli oppositori della legge, un altro effetto della “Mexico City Policy” sarà l’aumento del numero di aborti clandestini (e dunque pericolosi), perché anche le campagne informative sulla contraccezione ne verranno danneggiate.

Quando Trump decise di reintrodurre la “Mexico City Policy” durante il suo primo mandato, diverse organizzazioni (tra cui alcune delle più grosse e solide) scelsero di non modificare i servizi che fornivano ma di rinunciare completamente ai finanziamenti del governo federale americano. In questo modo per esempio l’International Planned Parenthood Federation (IPPF), che fornisce assistenza alle donne e programmi di prevenzione contro l’HIV in 180 paesi del mondo, perse 100 milioni di dollari all’anno di finanziamenti (93 milioni di euro).

La MSI Reproductive Choices, un’organizzazione con sede nel Regno Unito che fornisce servizi di contraccezione e aborto in quasi 40 paesi, ha già detto di non voler sottostare alla regola reintrodotta da Trump e di volersi far carico della perdita di una fetta importante di finanziamenti. Lo fece anche nel 2017, con una perdita annuale pari a circa 30 milioni di dollari.

MSI, tra le altre cose, è uno dei principali fornitori di servizi contraccettivi e di assistenza sanitaria riproduttiva in Zimbabwe, dove gestisce delle cliniche mobili che si spostano nelle aree rurali più difficili da raggiungere. Finora circa il 40 per cento dei finanziamenti che l’organizzazione aveva a disposizione per la distribuzione di contraccettivi proveniva dagli Stati Uniti: grazie a quei fondi, secondo i dati relativi al 2024, aveva fornito un metodo contraccettivo a circa 545mila persone in Zimbabwe. Nel 2017, quando dovette rinunciare ai finanziamenti statunitensi, la copertura del programma venne ridotta di circa la metà e le 11 cliniche mobili furono ridotte a cinque.

Secondo i suoi critici, la “Mexico City Policy” ha anche un effetto intimidatorio perché induce le ong a essere particolarmente caute per evitare di essere accusate di violare la legge, di vedersi tagliare i fondi e dover interrompere la fornitura dei servizi. Questo ha effetti particolarmente rilevanti soprattutto nei paesi meno sviluppati, dove spesso le ong sono tra i fornitori più accessibili ed efficaci di questo tipo di servizi, e a volte sono gli unici.