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  • Venerdì 24 giugno 2022

La Corte Suprema statunitense ha eliminato il diritto all’aborto a livello nazionale

Con una sentenza attesa e contestatissima, che ribalta le regole degli ultimi 50 anni: ora saranno i singoli stati ad avere pieni poteri

(Anna Moneymaker/Getty Images)
(Anna Moneymaker/Getty Images)
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La Corte Suprema degli Stati Uniti ha eliminato il diritto all’aborto a livello federale, con una sentenza che ribalta la storica decisione che dal 1973 garantiva l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza su tutto il territorio nazionale statunitense, conosciuta come sentenza “Roe v. Wade”. In altre parole significa che da ora ogni singolo stato americano potrà decidere di adottare la legislazione che preferisce, senza vincoli a livello federale. La decisione della Corte Suprema è stata criticata molto duramente dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden che l’ha definita «il compimento di un’ideologia estrema e un tragico errore».

La sentenza, nello specifico, riguardava la richiesta dello stato del Mississippi di riconoscere la propria legge sull’aborto, che vieta l’aborto dopo 15 settimane di gestazione. Il New York Times definisce la sentenza di oggi una decisione che «trasformerà la vita del paese, condizionerà la politica nazionale e porterà a un divieto totale di praticare l’interruzione di gravidanza in metà degli stati». La decisione della Corte era stata anticipata a inizio maggio da uno scoop di Politico.

È una grossa vittoria politica per i Repubblicani, che da tempo stavano portando avanti una campagna a livello nazionale per ribaltare la “Roe v. Wade” e negli scorsi anni erano riusciti a nominare alla Corte Suprema giudici notoriamente anti-abortisti (i giudici della Corte hanno l’incarico a vita: significa che vengono sostituiti solo in caso di morte, di dimissioni o di rimozione dall’incarico). Sui 9 giudici della Corte, tutti e 6 quelli nominati dai Repubblicani – fra cui tre indicati dall’ex presidente Donald Trump – hanno votato per ribaltare “Roe v. Wade”. I tre giudici nominati dai Democratici hanno invece votato contro.

L’ex vicepresidente statunitense Mike Pence, noto tradizionalista cristiano, ha commentato la notizia dicendo che «ha vinto la vita», e che la Corte Suprema «ha dato agli americani l’inizio di una nuova vita». Greg Abbott, governatore del Texas, uno stato che ha leggi già molto stringenti sull’aborto, ha lodato la decisione della Corte Suprema e promesso di «continuare a lavorare col Congresso texano e tutti i texani per salvare ogni bambino dalle grinfie dell’aborto». Nel suo breve discorso alla Casa Bianca, Biden ha invece sostenuto che la Corte non abbia «limitato, ma semplicemente portato via» a milioni di donne americane «un diritto costituzionale» e «fondamentale», che non tutela solo la loro salute ma anche la loro libertà e la loro privacy.

«La sentenza “Roe v. Wade” è sempre stata sbagliata», ha scritto il giudice conservatore Samuel A. Alito Jr. nelle motivazioni della sentenza. «Il ragionamento alla sua base era eccezionalmente debole, e quella decisione ha avuto conseguenze dolorose», ha aggiunto Alito. «È tempo di rispettare la Costituzione e riconsegnare il tema dell’aborto ai rappresentanti eletti dalle persone».

La spiegazione di Alito ricalca la tesi di molti movimenti conservatori statunitensi, secondo cui il tema dell’interruzione di gravidanza è così delicato e divisivo che dovrebbe essere disciplinato a livello statale e non federale. In realtà in molti contesti questa tesi è diventata semplicemente un pretesto per coprire l’ostilità ideologica che i movimenti tradizionalisti cristiani, molto vicini ai Repubblicani, hanno da tempo nei confronti della sentenza “Roe v. Wade”.

La sentenza, che ha effetto immediato, renderà di fatto impossibile l’interruzione di gravidanza in tredici stati in cui le leggi statali limitano già in maniera molto stringente l’aborto. Secondo un calcolo di Axios, invece, il diritto all’aborto nella maggior parte delle forme è protetto in 16 stati.

La sentenza al centro della decisione della Corte è conosciuta come “Roe v. Wade”. Venne pronunciata dalla Corte il 22 gennaio del 1973 e rese legale a livello federale il diritto all’aborto per la donna come libera scelta personale. Prima del 1973, ogni stato aveva una propria legislazione in materia, e in almeno trenta l’aborto era considerato reato di common law, basato cioè sui precedenti giurisprudenziali più che sui codici.

– Leggi anche: Come si arrivò alla sentenza “Roe v. Wade”

La decisione della Corte, presa a maggioranza di 7 giudici a 2 il 22 gennaio 1973, si basò soprattutto su una nuova interpretazione del XIV Emendamento della Costituzione, che riguarda il diritto alla privacy, inteso come diritto alla libera scelta per quanto riguarda le questioni della sfera intima di una persona. Jane Roe era lo pseudonimo di Norma Leah McCorvey, una donna della Louisiana sposata a un marito violento a cui fu negata una richiesta di abortire. Il soprannome venne scelto per tutelarne la privacy: allora come oggi, soprattutto in certi stati molto conservatori, il tema dell’aborto è estremamente divisivo nella società statunitense.

La sentenza di oggi potrebbe non essere l’ultima a ribaltare storiche decisioni a favore delle donne e dei diritti civili. Nelle motivazioni della sentenza scritte dal giudice conservatore Clarence Thomas, si legge che in futuro la Corte dovrebbe «riconsiderare» l’iter giudiziario di alcune importanti sentenze che regolano la contraccezione, le relazioni fra persone dello stesso sesso e il matrimonio gay.