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  • Domenica 12 gennaio 2025

In Italia i binari sono troppo pochi

Mentre il numero dei treni aumenta sempre di più, su una rete ferroviaria vecchia e sotto stress: e così si arriva ai guai di sabato a Milano

di Isaia Invernizzi

Treni fermi alla stazione di Roma Termini
Treni fermi alla stazione di Roma Termini (AP Photo/Gregorio Borgia)
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Il guasto alla linea elettrica che sabato ha bloccato decine di treni alla stazione Centrale di Milano è l’ennesimo degli ultimi mesi: dalla fine del 2023 i ritardi e le cancellazioni sono aumentate. Ci sono stati disservizi eclatanti in grandi stazioni, durati giornate intere, e diffusi guasti marginali ma quotidiani, poco raccontati dai giornali. I responsabili della rete ferroviaria parlano di eventi eccezionali, in realtà ogni giorno decine di migliaia di persone arrivano tardi al lavoro o in università, perdono coincidenze con altri treni, rimangono bloccate per ore in attesa di sapere quando potranno partire. Tutta la rete è coinvolta: le linee ad alta velocità e quelle percorse dai regionali.

Il ministero dei Trasporti dice che la causa di questa estesa inefficienza è riconducibile a decenni di disinteresse, mancati investimenti e «no ideologici», tutte espressioni che non spiegano perché i problemi siano così frequenti. La realtà – dicono tecnici ed esperti sentiti dal Post – è che oltre novemila treni al giorno sono troppi per una rete ferroviaria vecchia come quella italiana, e che migliaia di cantieri aperti negli ultimi due anni l’hanno sovraccaricata, esponendola al rischio di guasti.

Oggi circolano molti più treni rispetto a vent’anni fa, perché molte più persone li scelgono per spostarsi da una città all’altra, anche per andare al lavoro: l’auto è diventata meno conveniente e più scomoda; la benzina costa sempre molto e nelle città più grandi il centro è inaccessibile per via delle zone a traffico limitato. Già nel 2022 il calo dei passeggeri causato dalla pandemia era stato quasi recuperato e nel 2023 c’è stato un ulteriore aumento: secondo i dati diffusi dall’Istat sono stati fatti più di 800 milioni di viaggi.

Passeggeri in attesa per i ritardi a causa del guasto avvenuto vicino alla stazione di Milano

Passeggeri in attesa sabato alla stazione di Milano, dove decine di treni sono stati cancellati o sono partiti in ritardo per un problema alla linea elettrica (ANSA/DANIEL DAL ZENNARO)

I passeggeri continuano ad aumentare, ma la rete non è molto cambiata rispetto a sessant’anni fa. Negli ultimi anni gli investimenti si sono concentrati sulle linee ad alta velocità, aperte al mercato e più redditizie: il Frecciarossa, il treno ad alta velocità di Trenitalia, trasporta ogni anno circa 45 milioni di passeggeri, Italo circa 25 milioni, e dal 2026 in Italia arriveranno i treni della compagnia francese SNCF. Eppure se si escludono i collegamenti ad alta velocità tra le grandi città – Torino, Milano, Bologna, Firenze, Roma e Napoli – l’infrastruttura ferroviaria è rimasta più o meno la stessa degli anni Settanta.

I nodi ferroviari, cioè i punti dove si intersecano diverse linee ferroviarie, non sono stati potenziati e il 54 per cento dei 16.800 chilometri della rete è ancora a binario unico. «Non solo l’infrastruttura non è cresciuta, ma si è addirittura ridotta», spiega un tecnico esperto di RFI che preferisce rimanere anonimo. RFI è la società del gruppo Ferrovie dello Stato che gestisce e mantiene la rete ferroviaria. «Dal 2002 sono state portate avanti operazioni chiamate “rete snella”, “rightsizing” e “downsizing” che hanno tolto centinaia di scambi, scali e binari che avremmo potuto utilizzare in caso di guasti. La rete si è ridotta e il numero dei treni è aumentato».

Gli investimenti sulle nuove tecnologie come il rinnovo delle sale di comando e dei sistemi di segnalamento sono invece lenti, in alcuni casi lentissimi. Tra procedure interne difficili da interpretare, bandi e appalti, servono mesi o addirittura anni per rinnovare gli impianti.

Ci vogliono in media due anni per adeguare la tecnologia di una piccola stazione di una linea secondaria, dai tre ai quattro anni per una media, mentre per un nodo i tempi sono molto più lunghi: a Firenze, per esempio, il contratto è stato firmato nel 2015 e si prevede di finire i lavori nel 2028. A proposito di innovazioni, al momento solo 1.117 chilometri di binari sono equipaggiati con l’ERTMS (European Rail Traffic Management System), una tecnologia che permette di far viaggiare i treni più vicini tra loro e quindi di gestire meglio il traffico. RFI prevede di adeguare tutte le linee entro il 2036.

Il risultato di queste lentezze è che in circa il 70 per cento delle stazioni italiane la sicurezza della circolazione e la regolazione dei treni vengono garantite da impianti tecnologici che hanno dai 40 fino ai 70 anni.

Per rimediare a decenni di scarsi investimenti, negli ultimi due anni sono stati aperti oltre 4.000 cantieri nelle stazioni e sulle linee. In parte sono stati usati soldi del PNRR, il piano di riforme e progetti finanziato con i fondi europei, in parte la manutenzione è stata pagata dal gruppo Ferrovie dello Stato tramite la sua controllata RFI. Solo nel 2024 RFI ha investito oltre 10 miliardi: sono stati rinnovati oltre 1.000 chilometri di binari e sono stati aggiornati oltre 300 chilometri di rete elettrica.

In totale da qui al 2034 il gruppo Ferrovie dello Stato prevede di spendere circa 60 miliardi di euro per raddoppiare i binari, costruire nuove gallerie, adeguare gli impianti tecnologici e molto altro. Altri 40 miliardi serviranno per ristrutturare vecchie stazioni, realizzarne di nuove e comprare nuovi treni.

Iniziare e portare avanti questi lavori tutti insieme è un’impresa. Per finirli il più velocemente possibile RFI ha disposto la chiusura totale o temporanea (per diverse ore, soprattutto di notte) di alcune linee. Il traffico dei treni passeggeri e merci si è quindi concentrato sulle linee rimaste, ora molto sotto stress e quindi esposte al rischio di guasti come quello avvenuto sabato a Milano, oppure come il blocco totale della circolazione di inizio ottobre, quando si è letteralmente spenta la sala di comando della stazione Termini di Roma.

– Leggi anche: Non è stato solo un chiodo a bloccare i treni in mezza Italia

Ai disagi dovuti alla chiusura di alcune linee sono seguiti molti guasti in quelle sovraccariche. Sono aumentate le cancellazioni e i ritardi, in particolare nella seconda parte del 2024.

Una parte consistente degli interventi è stata finanziata per potenziare la rete per il trasporto delle merci: l’obiettivo è adeguarla ai nuovi standard introdotti dall’Unione Europea, in particolare quelli relativi alla lunghezza dei treni. In molte stazioni sono in corso lavori per allungare i binari e ospitare così treni lunghi anche 750 metri, alti 4 e capaci di trasportare fino a 2.400 tonnellate di merci. I nuovi standard sono stati pensati per ridurre i costi e l’impatto ambientale, oltre ad aumentare l’attrattività del trasporto su rotaia rispetto a quello su gomma. Quando tutti i lavori saranno conclusi – tra il 2026 e il 2027, secondo i piani – le aziende italiane potranno trasportare molte più tonnellate di merci sui treni, e più velocemente.

L’associazione Fermerci, che rappresenta la maggior parte delle imprese ferroviarie pubbliche e private del trasporto merci, ha segnalato che nel 2024 i cantieri del PNRR hanno imposto interruzioni della circolazione dimezzando la capacità ferroviaria del trasporto merci italiano. «In questa situazione fare sviluppo e investimenti è quasi impossibile per le imprese, che nonostante tutto hanno ordinato nuovi locomotori e carri», dice Giuseppe Rizzi, direttore generale di Fermerci. «Noi ormai aspettiamo il 2026, quando speriamo che i cantieri finiranno. Fino ad allora continueremo a investire e offrire servizi, nonostante le criticità».

RFI ha cercato di venire incontro alle aziende abbassando i costi di accesso ai servizi della rete – il pedaggio per il passaggio sui binari – per cinque anni, ma solo a partire dal 2026.

Le cose vanno meglio per le linee dell’alta velocità, le meno congestionate, anche se molti dei ritardi coinvolgono anche Frecciarossa e Italo. I due snodi più critici sono le stazioni di Roma e Milano, dove i binari devono accogliere sia i treni ad alta velocità che i regionali. Ogni giorno alla stazione di Termini partono o arrivano circa 1.000 treni, di cui 650 regionali e poco più di 300 ad alta velocità.

Un altro punto delicato è la cosiddetta linea Direttissima Roma-Firenze, dove nei tratti vicini alle stazioni i binari dell’alta velocità sono occupati anche dai treni regionali per via di vecchi accordi tra Trenitalia e le regioni. Il passaggio di treni che raggiungono al massimo i 140 chilometri orari rallenta il traffico.

Andrea Giuricin, professore di economia dei trasporti dell’università Bicocca di Milano, sostiene che ci siano tre possibili livelli di intervento per cercare di risolvere almeno in parte il carico eccessivo che causa guasti, cancellazioni e ritardi. Il primo, sul lungo periodo, consiste nel finanziare grandi opere infrastrutturali come i passanti ferroviari e nuove stazioni nelle grandi città. Ma servono appunto anni, se non decenni, e miliardi di euro.

Sul medio periodo si possono migliorare la struttura e gli impianti tecnologici dei nodi urbani, in particolare quelli di Milano e Roma. «In questo caso la tecnologia ERTMS è un buon investimento perché permette di far viaggiare i treni più ravvicinati e risparmiare tempo: RFI sta già intervenendo in molti tratti», dice Giuricin.

Infine, sul breve periodo, una soluzione potrebbe essere una razionalizzazione dei treni che circolano nelle stazioni più trafficate. L’idea è di individuare i treni regionali poco utilizzati e di spostarli su altre stazioni della città, per esempio a Roma da Termini a Tiburtina. «Sicuramente si scontenta qualcuno, però una maggiore priorità ai treni più utilizzati è una scelta di buon senso in un periodo in cui le linee sono così congestionate nei punti più importanti».

Qualcosa va fatto, continua Giuricin, anche perché già da quest’anno le flotte dei treni ad alta velocità cresceranno. Trenitalia ha ordinato 36 nuovi Frecciarossa e ne ha prenotati altri 10: i primi saranno consegnati nei prossimi mesi, pronti a viaggiare, mentre gli altri arriveranno entro il 2028. Italo invece ha ordinato altri 12 nuovi treni. Il traffico ferroviario continuerà ad aumentare, mentre servirà ancora un anno prima di chiudere buona parte dei cantieri.

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