Macron è troppo parigino?
Parte dell'impopolarità del presidente francese deriva dalla sensazione che lui e la sua amministrazione facciano parte dell'élite della capitale, che al resto della Francia non sta proprio simpatica

Uno dei risultati più commentati delle elezioni europee di questo fine settimana sarà con ogni probabilità quello della Francia, soprattutto per l’enorme divario che si dovrebbe creare tra le forze di estrema destra e il partito del presidente Emmanuel Macron, che è in forte svantaggio. Secondo i sondaggi, il Rassemblement National di Marine Le Pen dovrebbe ottenere il 33 per cento dei voti, più del doppio del 15 per cento di Renaissance, il partito di Macron. A questo si aggiungerebbe il buon risultato di Reconquête, un partito di destra ancora più estrema che dovrebbe ottenere il 6 per cento.
Questo enorme divario si può spiegare in molti modi, dalla stanchezza degli elettori francesi nei confronti di Macron al dibattito attorno a sicurezza e immigrazione. Una spiegazione che molti ritengono simbolica – e a cui Politico ha dedicato un lungo articolo – è la storica distanza economica, culturale e sociale tra Parigi, la capitale, e il resto della Francia, che esiste più o meno da sempre ma che negli ultimi anni si è caricata di nuovi significati politici.
Nel discorso politico occidentale è sempre esistita una certa contrapposizione tra capitali e centri di potere ritenuti elitisti e arroganti e una periferia vista come genuina e umile. Questa retorica, spesso adottata da movimenti populisti o antisistema, si è adattata alle necessità dei tempi. Basti pensare alle promesse di Donald Trump di «bonificare la palude» di Washington, alla retorica contro «Roma ladrona» della Lega Nord degli inizi, alle dichiarazioni dei populisti europei contro i «burocrati di Bruxelles», tra gli altri. In Francia queste dinamiche sono da sempre accentuate, perché il paese è storicamente molto centralizzato.
Al contrario di altri paesi dove convivono diverse città importanti oltre alla capitale (per esempio l’Italia con Roma capitale politica e Milano “capitale economica”, e lo stesso in Germania con Berlino e Francoforte), in Francia Parigi è insieme la capitale politica, amministrativa, economica, culturale, turistica del paese. A Parigi sono nati i movimenti artistici e i moti rivoluzionari. È una delle città più visitate al mondo, che si prende buona parte di tutto il turismo internazionale che arriva in Francia.
Questo ha generato dinamiche politiche particolari, che sono cambiate con il passare del tempo. Il punto è che il governo di Emmanuel Macron si presta particolarmente bene a sviluppare questo tipo di contrapposizione tra centro e periferia. Macron, pur non essendo nato a Parigi, ha trascorso a Parigi tutta la sua rapidissima carriera politica: al contrario di molti politici francesi, che spesso prima di ricoprire incarichi nazionali assumono ruoli nelle amministrazioni locali, dopo una breve carriera nell’amministrazione presidenziale Macron fu nominato ministro dell’Economia ad appena 37 anni ed eletto presidente a 39, di fatto senza mai uscire dalla capitale.
Nel corso degli anni, come ha scritto Politico, Macron ha nominato nel governo e tra i suoi collaboratori «molti importanti parigini in posti chiave, provocando proteste perfino tra i suoi alleati». Attualmente, dei 15 ministri più importanti 11 vengono da Parigi o dalla regione circostante.

I festeggiamenti per la rielezione a presidente di Emmanuel Macron nell’aprile del 2022 (AP Photo/Thibault Camus)
Questa centralizzazione ha favorito il Rassemblement National, che invece si presenta da tempo come il partito delle periferie abbandonate, dei piccoli centri e dei francesi comuni che non sopportano l’elitismo della capitale. Parte della retorica degli esponenti del RN è volta a scaricare sulle élite politiche (parigine) che sostengono Macron la colpa dei problemi del paese e del malessere economico e sociale di parte dei francesi.
Il Rassemblement National per esempio ha sostenuto le proteste degli agricoltori dei mesi scorsi, che sono state anche a livello simbolico una rivolta della periferia contro la capitale: migliaia di agricoltori venuti da tutta la Francia si sono riversati su Parigi, spesso bloccando importanti luoghi della città. Politico ha parlato con un apicoltore che ha partecipato alle proteste e che ha detto: «In qualunque regione della Francia tu vada, il problema è Parigi. Il nostro governo è composto da persone che probabilmente sono molto competenti, ma sono tutti parigini».
Questo problema è noto anche al governo. Di recente François Bayrou, un politico centrista di lungo corso alleato di Macron, ha detto che c’è una «crescente incomprensione tra chi è al potere e il popolo francese». Macron stesso, nel corso della sua presidenza – e soprattutto dopo grosse proteste, come quella dei gilet gialli del 2018–2019 o quella degli agricoltori – ha avviato grandi tour in giro per la Francia, con eventi e assemblee popolari nei centri minori. Non è riuscito però a eliminare la sensazione dell’elitismo parigino, almeno a giudicare dai sondaggi relativi alle elezioni europee.