La versione di Toti

In una memoria difensiva diffusa online, il presidente della Liguria respinge l'accusa di corruzione sostenendo di aver agito nell'interesse della regione e non per soldi

Giovanni Toti
Giovanni Toti (LaPresse/Claudio Furlan)
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Giovedì il presidente della Liguria Giovanni Toti ha risposto alle domande dei magistrati che lo accusano di aver ricevuto decine di migliaia di euro in cambio di favori a imprenditori come Aldo Spinelli e Francesco Moncada, ex consigliere di amministrazione di Esselunga. L’interrogatorio, durato otto ore e mezza, era stato chiesto dall’avvocato di Toti come parte di una strategia difensiva che comprende anche una memoria difensiva di 17 pagine con cui il presidente respinge tutte le accuse. Non è possibile conoscere le risposte date da Toti ai magistrati, mentre la memoria difensiva è stata diffusa dal sito di Primocanale – un’emittente televisiva locale – nel tardo pomeriggio di giovedì, addirittura prima che si concludesse l’interrogatorio.

Toti sostiene che la procura abbia esaminato e dato risalto a una minima parte dei rapporti e degli incontri avuti da quando è presidente. Rivendica di aver dato attenzione al “mondo privato” senza alcuna discriminazione, solo con l’obiettivo di tutelare gli interessi della Regione Liguria.

Per dimostrare questa tesi Toti fa i nomi di altri imprenditori e gruppi che ha incontrato e ascoltato negli ultimi anni, tra gli altri gli armatori Grimaldi, i fratelli Colaninno di Intermarine (tra cui Matteo, ex parlamentare del PD, specifica Toti), la società Peq Agri  della famiglia Luzzati, il gruppo Ferretti e il gruppo Baglietto costruttori di yacht di lusso, il gruppo Contship che gestisce terminal alla Spezia, i principali operatori di crociere (Costa, Royal Msc) oltre ad alcune delle più grandi aziende costruttrici italiane come Webuild, Pizzarotti e Fincantieri.

Toti dice di aver ricevuto le richieste di tutte queste aziende esattamente come ha fatto con il terminalista Aldo Spinelli, che secondo la procura avrebbe dato soldi al comitato elettorale di Toti in cambio di una concessione trentennale di un importante terminal del porto di Genova. «Nel rapportarmi con Spinelli, mi interessai alle questioni da lui sollevate in modo spesso disconnesso dal contesto e totalmente estraneo allo spirito della conversazione, attraverso un intervento sempre dettato dalla pubblica utilità e addirittura in contrasto con gli interessi di Spinelli stesso», ha scritto Toti nella memoria, sostenendo che l’assegnazione della concessione sia stata legittima.

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In merito all’accusa di corruzione, Toti scrive che ogni contributo è stato accreditato con metodi tracciabili e rendicontato, e che i conti della sua attività politica erano rigidamente separati da quelli della vita privata. Per confermare la corruzione i magistrati dovranno provare il legame tra le decisioni della Regione e i contributi dati dagli imprenditori alla campagna elettorale. Finora le prove di questo legame sarebbero le conversazioni intercettate tra Toti e gli imprenditori e la sequenza temporale degli accrediti, alcuni dei quali fatti per esempio pochi giorni dopo l’assegnazione della concessione del terminal del porto.

Il presidente contesta questo legame: dice di non essersi mai sentito debitore nei confronti di chi aveva contribuito alla sua iniziativa politica. «Il fatto di essere contributore o comunque politicamente vicino non ha mai rappresentato un titolo per ricevere da parte mia favori o trattamenti preferenziali; del pari non vi è mai stato alcun mio atteggiamento che potesse in qualche modo dare adito a tale pensiero», ha scritto nella memoria.

All’accusa di voto di scambio, cioè la promessa di posti di lavoro e alloggi di edilizia popolare pubblica in cambio di almeno 400 preferenze nei confronti della sua lista, Toti risponde scrivendo di aver vinto le elezioni con 380mila voti. In merito ai rapporti con i fratelli Arturo e Italo Testa, accusati di aver organizzato il voto di scambio e in questo modo di aver agevolato il clan mafioso dei Cammarata del mandamento di Riesi, in provincia di Caltanissetta, Toti scrive che i due fratelli gli erano stati presentati come attivisti politici da due onorevoli di Forza Italia, Alessandro Sorte e Stefano Benigni, che «ne garantivano le qualità personali».

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