Israele è in finale all’Eurovision fra molte proteste

La sua partecipazione è discussa da mesi a causa della guerra a Gaza, e giovedì c’è stata una grande manifestazione pro-Palestina a Malmö, dove si tiene la competizione

L'esibizione di Eden Golan, la cantante che rappresenta Israele, durante la seconda semifinale dell'Eurovision Song Contest del 2024 (AP Photo/Martin Meissner)
L'esibizione di Eden Golan, la cantante che rappresenta Israele, durante la seconda semifinale dell'Eurovision Song Contest del 2024 (AP Photo/Martin Meissner)
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Giovedì sera durante la seconda semifinale dell’Eurovision Song Contest, Eden Golan, la cantante che rappresenta Israele all’edizione di quest’anno, si è qualificata per la finale, che si terrà sabato. La partecipazione di Israele all’evento è da mesi molto discussa a causa dell’invasione israeliana della Striscia di Gaza iniziata lo scorso ottobre, in cui sono stati uccisi circa 35mila palestinesi.

Giovedì a Malmö, la città svedese in cui si tiene il concorso, c’è stata una partecipata manifestazione in sostegno della Palestina. Secondo la polizia fra le 5mila e le 6mila persone hanno protestato sia contro le azioni militari dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza sia contro la partecipazione di Israele all’Eurovision. Gli organizzatori delle proteste hanno detto che per la finale di sabato in città saranno organizzate ulteriori manifestazioni e un concerto alternativo. Giovedì circa 120 persone hanno invece manifestato in sostegno di Israele.

La manifestazione in sostegno della Palestina a Malmö (AP Photo/Martin Meissner)

I manifestanti hanno paragonato la situazione di Israele a quella della Russia, squalificata dall’Eurovision nel 2022 dopo l’invasione dell’Ucraina. L’European Broadcasting Union (EBU), l’ente che organizza l’Eurovision, ha difeso la sua decisione di ammettere la concorrente israeliana all’edizione di quest’anno sostenendo che l’evento sia di natura apolitica. L’EBU ha detto che si riserverà il diritto di eliminare eventuali bandiere o simboli palestinesi durante l’evento (il regolamento infatti ammette solo quelli dei paesi in gara), e l’artista che rappresenta l’Irlanda, Bambie Thug, ha dovuto modificare parte del proprio trucco, composto dalle scritte “cessate il fuoco” e “libertà per la Palestina” in un antico alfabeto celtico.

– Ascolta anche: L’ineludibile podcast del Post sull’Eurovision Song Contest

Mercoledì durante le prove per la semifinale Golan era già stata contestata dal pubblico presente e aveva poi ricevuto un messaggio di sostegno dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Durante la semifinale di giovedì ha ricevuto sia applausi sia qualche contestazione dal pubblico. Israele aveva dovuto cambiare il titolo e il testo della canzone di Eden Golan, che era stata inizialmente rifiutata per violazione delle regole sulla neutralità politica dell’evento. La canzone si intitolava inizialmente “October Rain”, cioè “Pioggia d’ottobre”, e alludeva agli attacchi del 7 ottobre contro i civili israeliani sia nel titolo sia in alcuni suoi versi, come quelli in cui compariva la parola «fiori», che nel gergo dell’esercito israeliano è utilizzata per descrivere i soldati uccisi dall’inizio della guerra. Alla fine la rete televisiva pubblica di Israele, Kan, aveva accettato di cambiare il testo e il titolo della canzone, che adesso s’intitola “Hurricane” ed è stata privata di riferimenti diretti al massacro.

Nei mesi prima dell’evento centinaia di musicisti di diversi paesi, tra cui Svezia, Danimarca e Islanda, avevano firmato delle petizioni per chiedere all’EBU di non ammettere Israele all’Eurovision, e online si erano diffuse delle campagne di boicottaggio. I paesi nordici sono storicamente favorevoli alla causa palestinese, e oltretutto a Malmö c’è una comunità piuttosto numerosa di persone originarie dei paesi arabi, che per affinità etniche e religiose sostengono la popolazione della Striscia di Gaza.
L’Eurovision è organizzato dall’EBU fin dal 1956, che riunisce le principali tv pubbliche di decine di paesi, principalmente europei. Oltre a questi vi partecipano anche Armenia, Azerbaijan e appunto Israele, oltre all’Australia, che venne invitata per la prima volta nel 2015, in occasione del 60esimo anniversario dell’evento.

I finalisti dell’Eurovision sono stati scelti tramite televoto in due serate, martedì e giovedì: Israele si è qualificato in questo modo assieme ad altri 19 paesi. A questi si aggiungono i 5 paesi fondatori dell’evento – Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito – che sono qualificati di diritto alla finale, assieme a quello del vincitore dell’ultima edizione, in questo caso la Svezia. Per la finale, come di consueto, oltre al voto del pubblico ci sarà anche quello delle giurie di esperti di ciascuno dei paesi qualificati.

Durante la trasmissione giovedì sera la Rai ha trasmesso le percentuali dei voti assegnati ai vari concorrenti dal pubblico italiano: Israele ha ricevuto quasi il 40 per cento dei voti, mentre nessuno degli altri concorrenti ha ricevuto più del 10 per cento. Una percentuale sorprendente e difficile da spiegare, anche ipotizzando un alto gradimento della canzone nel pubblico italiano o un’ipotetica manifestazione di vicinanza a Israele.

Venerdì la Rai ha detto che la pubblicazione dei voti italiani è stata dovuta a «un inconveniente tecnico» e che i dati erano «del tutto parziali» e incompleti. La stessa Rai ha spiegato anche che il regolamento di questa edizione dell’Eurovision Song Contest vieta la pubblicazione dei dati prima dell’annuncio del risultato finale, e l’emittente si è scusata con l’EBU.

L’altissima percentuale di voti ottenuta da Israele mostrata dalla Rai sembra aver influenzato molto le stime delle probabilità di vittoria elaborate nelle ultime ore dalle agenzie di scommesse: la classifica aggregata pubblicata dal sito Eurovisionworld venerdì dà Israele come secondo favorito dopo la Croazia, mentre fino a giovedì era ottavo (l’Italia, con Angelina Mango, è settima).

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