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  • Giovedì 11 aprile 2024

Il calcio europeo sta diventando più attento ai giocatori che osservano il Ramadan

L'Inghilterra e altri paesi hanno introdotto nuovi regolamenti di gioco e anche in Italia le squadre fanno piani di allenamento specifici, mentre in Francia c'è ancora una certa ostilità

I centrocampisti del Milan Yacine Adli e Ismaël Bennacer (al centro) osservano entrambi il digiuno durante il Ramadan
(Jonathan Moscrop/CSM via ZUMA Press Wire)
I centrocampisti del Milan Yacine Adli e Ismaël Bennacer (al centro) osservano entrambi il digiuno durante il Ramadan (Jonathan Moscrop/CSM via ZUMA Press Wire)
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Martedì sera si è concluso il Ramadan, il mese del calendario islamico più sacro e importante per le persone di religione musulmana, che era iniziato domenica 10 marzo. I praticanti dedicano questi giorni alla preghiera e al digiuno, osservato dall’alba al tramonto. Diversi calciatori che giocano in Serie A e negli altri principali campionati di calcio europei sono musulmani, e molti di loro scelgono di digiunare, nonostante questo possa avere delle conseguenze negative sulla loro condizione fisica (soprattutto perché durante la giornata non potrebbero nemmeno bere acqua).

Fino a pochi anni fa i calciatori che decidevano di osservare il Ramadan non erano particolarmente tutelati, né all’interno delle loro squadre, né dalle istituzioni calcistiche. In un lungo articolo sul tema, il quotidiano statunitense New York Times ha scritto che un tempo era abbastanza comune che venissero scoraggiati a farlo, e che non esistevano programmi e regolamenti per andare incontro alle loro esigenze. Oggi le cose stanno cambiando, soprattutto nel campionato inglese, ma anche nel calcio italiano. L’unico paese che, pur avendo molti calciatori musulmani, non sembra intenzionato ad agevolare l’osservazione del Ramadan è invece la Francia.

In Premier League, il campionato inglese, dal 2021 è consentito per esempio ai giocatori di concordare con gli arbitri un momento di pausa quando il sole tramonta durante una partita, per permettere ai calciatori musulmani di alimentarsi. Anche nei campionati olandese e tedesco gli arbitri possono interrompere il gioco per questo motivo, mentre in Serie A non è ancora prevista una convenzione del genere. Prima per interrompere il digiuno i calciatori erano spesso costretti a ingegnarsi come potevano, facendosi consegnare snack e acqua molto rapidamente, magari in un momento in cui il gioco era fermo: l’ex allenatore della Tunisia Nabil Maâloul ha raccontato che nel 2018 chiese al suo portiere di simulare un infortunio, in modo da costringere l’arbitro a interrompere la partita.

Il calciatore del Leicester Wesley Fofana ringrazia la Premier League e i suoi compagni per avergli consentito di interrompere il digiuno durante una partita nel 2021 (fu una delle prime volte)

La Premier League è il campionato più seguito al mondo e ha tantissimi tifosi anche nei paesi arabi: fare più attenzione al Ramadan è quindi anche una questione di immagine, oltre che pratica ed economica, visto che oggi alcuni dei suoi migliori giocatori sono musulmani. In generale, tutelarli è nell’interesse della lega. Nel 2022 l’attaccante senegalese del Liverpool Sadio Mané (che oggi gioca nell’Al-Nassr, in Arabia Saudita) chiese all’allenatore Jürgen Klopp di spostare alla mattina alcuni allenamenti previsti per il pomeriggio. Klopp accettò, permettendo così a lui e agli altri musulmani in squadra (tra i quali l’attaccante egiziano Mohamed Salah) di allenarsi poco tempo dopo il pasto fatto prima dell’alba.

Sempre nell’articolo del New York Times, il centrocampista egiziano dell’Arsenal Mohamed Elneny ha detto che la sua squadra prende molto sul serio questo periodo e da due settimane prima dell’inizio del Ramadan comincia a preparare i giocatori con dei piani nutrizionali e di allenamento mirati.

Una giornata del calciatore dell’Everton e della nazionale belga Amadou Onana durante il Ramadan

Anche in Serie A questo genere di preparazione sta diventando comune. Il Milan ha quattro giocatori musulmani che, per il Ramadan appena trascorso, hanno osservato il digiuno dall’alba al tramonto: il difensore tedesco Malick Thiaw e i centrocampisti Yacine Adli, francese, Ismaël Bennacer, algerino, e Yunus Musah, statunitense. Per loro il club ha organizzato con il nutrizionista Alberto Bergantin un programma alimentare specifico, che prevedeva un pasto alle 5 di mattina con alto contenuto di proteine e carboidrati, e un altro simile alle 19:30, dopo il tramonto.

I quattro calciatori venivano pesati tutti i giorni ed erano dispensati dal partecipare alla colazione obbligatoria a Milanello (il centro sportivo del Milan): potevano presentarsi direttamente al campo per l’allenamento della mattina. Quando si allenavano, i preparatori atletici monitoravano con maggior attenzione la loro condizione fisica.

Per il momento nel campionato italiano non ci sono regole per agevolare l’interruzione del digiuno durante le partite, e in generale si parla ancora poco di Ramadan. Oggi però è comunemente accettato che certi calciatori osservino il digiuno, e anzi vengono aiutati a farlo al meglio. Si può insomma dire che ci sia una maggior sensibilità rispetto a quando, per esempio, nel settembre del 2009 l’allenatore portoghese José Mourinho, in quel momento all’Inter, tolse dal campo dopo solo mezz’ora il centrocampista ghanese Sulley Muntari e a fine partita disse che aveva problemi con il Ramadan.

Gli attaccanti Sadio Mané e Mohamed Salah, qui insieme con il Liverpool (Paul Ellis/Pool via Getty Images)

In Francia invece la situazione è decisamente diversa, e con alcuni recenti provvedimenti la federazione ha dimostrato di non voler sostenere i calciatori musulmani durante il Ramadan. Lo scorso marzo il calciatore dell’Under-19 francese Mahamadou Diawara ha dovuto lasciare il ritiro della nazionale perché gli era stato proibito di digiunare. La federazione infatti ha deciso di non cambiare i programmi di allenamento e di imporre ai giocatori di non digiunare, per non rischiare di compromettere le loro prestazioni sportive.

Il presidente della federazione francese, Philippe Diallo, aveva spiegato in più occasioni che nessun criterio religioso avrebbe potuto portare a dei cambiamenti nell’organizzazione o negli allenamenti. Allo stesso modo, nel campionato francese è stato detto esplicitamente agli arbitri di non fermare il gioco per l’interruzione del digiuno. La federazione ha sempre citato la sua laicità per motivare queste prese di posizione, ma questa rigidità potrebbe aver condizionato anche alcune decisioni prese dalle singole squadre.

Nella scorsa stagione nel Nantes, una squadra di Ligue 1 (il principale campionato francese), c’erano cinque giocatori che osservavano il Ramadan. L’allenatore, il francese Antoine Kombouaré, aveva detto loro che potevano digiunare durante la settimana, ma che il giorno delle partite avrebbero dovuto alimentarsi come gli altri compagni di squadra. Quattro di loro accettarono, anche perché ai musulmani praticanti è consentito di interrompere il digiuno in certe situazioni particolari ed eventualmente di recuperare i giorni di digiuno in un secondo momento (lo interruppe anche Mohamed Salah nei giorni precedenti alla finale di Champions League del 2018).

Un quinto giocatore però, il difensore francese naturalizzato algerino Jaouen Hadjam, decise di digiunare anche nei giorni delle partite, e per questo Kombouaré non lo convocò per tre partite consecutive durante il periodo del Ramadan. L’allenatore giustificò la sua scelta dicendo che temeva che Hadjam si infortunasse.

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