La storia molto americana della tavoletta ouija

Fa parte della cultura pop statunitense anche grazie al successo dell'Esorcista, ma fin dall'Ottocento illude le persone di poter parlare con i morti

La tavola ouija in una scena del film L'esorcista
La tavola ouija in una scena del film L'esorcista (IMDb)
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Nella cultura degli Stati Uniti la tavoletta ouija (ouija board) è strettamente legata alla superstizione di poter comunicare con spiriti o con persone morte: spostando un oggetto a forma di lacrima rovesciata sulle lettere e sui numeri scritti sulla tavola si ha infatti l’impressione di ricevere risposte o indicazioni da parte di entità misteriose, in maniera quasi automatica. Naturalmente non è così, eppure, come scrive il Baltimore Magazine, le tavolette ouija restano un «fenomeno straordinariamente duraturo nella cultura pop» del paese. Pubblicizzate un po’ come una specie di oracolo e un po’ come un gioco da tavolo, se sono popolarissime ancora oggi lo si deve anche all’Esorcista, il film horror più popolare della storia, che oltre a diventare un fenomeno di massa cambiò anche la percezione di questo strumento.

Lo storico Robert Murch ha detto allo Smithsonian Magazine che quando cominciò a studiare la storia della tavoletta ouija, nel 1992, non se ne sapeva molto. La sua origine è ancora incerta, ma è sicuro che avesse a che fare con l’ossessione degli Stati Uniti per lo spiritismo: il movimento secondo cui le persone vive potevano comunicare con quelle morte diffuso da metà Ottocento, soprattutto grazie a due sorelle che sostenevano di riuscire a interpretare misteriosi “colpi” provenienti dall’aldilà. Erano credenze compatibili con il dogma cristiano, dice Murch, perciò l’idea di comunicare con i morti non era vista come strana né bizzarra.

Nella seconda metà del secolo erano moltissime le persone che avrebbero voluto comunicare con i familiari uccisi durante la Guerra civile (1861-1865), così si svilupparono sistemi per cercare di farlo in maniera agevole. Parallelamente allo spiritismo tuttavia si diffuse anche la frustrazione per il tempo necessario per avere presunte risposte da parte dei defunti, spiega lo studioso Brandon Hodge. Pronunciare tutte le lettere dell’alfabeto prima di ottenere “magicamente” un colpo sul tavolo, per esempio, richiedeva molto tempo: fu così che probabilmente spuntò la tavoletta.

L'attrice statunitense June Lockhart guarda Lana Turner e Susan Peters usare la tavola ouija sul set di un film, il 12 novembre del 1944

L’attrice statunitense June Lockhart guarda Lana Turner e Susan Peters usare la tavola ouija sul set di un film, il 12 novembre del 1944 (AP Photo)

Nel 1886 l’agenzia di stampa statunitense Associated Press scrisse dell’esistenza nell’Ohio di tavole con lettere, numeri e una planchette attraverso cui si credeva possibile comunicare con l’aldilà. A rivendicare l’invenzione della ouija come la conosciamo oggi fu però Charles Kennard, un uomo del Maryland che nel 1890 fondò un’azienda a Baltimora assieme ad altri quattro investitori, tra cui l’avvocato Elijah Bond ed E.C. Reiche, titolare di un’impresa di pompe funebri. Non erano spiritisti, bensì imprenditori che avevano trovato una loro nicchia.

La Kennard Novelty Company riuscì a ottenere il brevetto dell’invenzione, pubblicizzata come un oggetto «interessante e misterioso» che rispondeva a «domande sul passato, sul presente e sul futuro con eccezionale accuratezza». La ouija ebbe grande successo non solo fra gli spiritisti, ma più in generale fra persone di tutte le età, professioni e gradi di istruzione che, nelle parole di Murch, «volevano credere» in qualcosa. Nel giro di due anni l’azienda aprì una seconda fabbrica a Baltimora, quattro tra New York e Chicago e una a Londra; fu poi venduta a William Fuld, un dipendente, che cambiò il suo nome in The Ouija Novelty Company e depositò il marchio per avere il diritto esclusivo di produrre la tavoletta.

Anche se “ouija” sembra una combinazione delle parole che significano “sì” in francese e tedesco (oui e ja appunto), secondo le ricerche di Murch il nome sarebbe stato “scelto” dalla medium Helen Peters, cognata di Bond, proprio usando una tavoletta. Secondo questa versione, ricostruita attraverso le lettere scambiate fra gli imprenditori, quando Bond chiese alla tavoletta cosa significasse “ouija”, la sua risposta, per così dire, sarebbe stata “buona fortuna”.

Nei primi decenni del Novecento le presunte indicazioni ottenute attraverso le tavolette ispirarono leggende, opere letterarie e persino omicidi. La tavoletta era popolarissima soprattutto in periodi di grande incertezza, quando le persone avevano bisogno di rassicurazioni, scrive sempre lo Smithsonian Magazine: alla fine della Prima guerra mondiale e con la Grande depressione, così come nel secondo dopoguerra e nella seconda metà degli anni Sessanta, il periodo della guerra del Vietnam e delle lotte per i diritti civili tra le altre cose. Nel 1967, quando la Parker Brothers comprò l’azienda di Fuld, dopo la sua morte, ne vendette circa 2 milioni, più di quelle del celebre gioco del Monopoli.

Nel 1973 comunque L’esorcista contribuì a cambiare la percezione della tavoletta. Nel celebre film la dodicenne Regan, interpretata da Linda Blair, stabilisce proprio usando una tavoletta un contatto apparentemente innocuo con lo spirito chiamato “Capitan Gaio”, che finisce per possederla. Prima di allora, dice Murch, le ouija che si vedevano nei film e in tv venivano considerate strumenti «scherzosi, finti e sciocchi». Con L’esorcista però diventarono all’improvviso il mezzo di comunicazione di Satana o di presunti spiriti maligni. Da allora insomma la tavoletta si trasformò in un oggetto inquietante e premonitore di pericolo, al centro di numerosi film horror, tra cui Paranormal activity 1 e 2, Ouija e Ouija: l’origine del male.

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Ovviamente vari studi hanno dimostrato che a far funzionare le tavolette non sono le persone defunte, né presunti spiriti o demoni, ma semplicemente chi le usa, sulla base del principio delle azioni ideomotorie, noto già nell’Ottocento.

Come spiega il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze (CICAP), una nota associazione che si occupa di promuovere il pensiero critico e scientifico, le azioni ideomotorie sono «quegli atti che vengono compiuti in modo involontario sotto l’influenza di un’idea dominante». Il loro nome si deve al fisiologo inglese William Benjamin Carpenter, che nel 1852 scriveva che «l’aspettativa di un risultato è sufficiente per determinare, senza alcuno sforzo volontario, ed anche in opposizione alla volontà […] i movimenti muscolari per mezzo dei quali esso è prodotto». In poche parole, le nostre convinzioni possono creare l’impressione che un certo movimento sia causato da qualche altro tipo di forza, quando in realtà siamo comunque noi a provocarlo.

In più «con le tavolette ouija c’è tutto il contesto sociale», ha detto il professore di Psicologia della University of London Chris French. Di solito infatti vengono usate da più persone insieme: ognuna di loro «ha un po’ di influenza» sul risultato e al tempo stesso non può dire di controllare completamente i movimenti della planchette. Così si crea la suggestione che venga mossa da una fonte di altro tipo.

La tavoletta viene venduta ancora oggi dalla grande società statunitense produttrice di giocattoli Hasbro, che nel 1991 acquisì la Parker Brothers. William Fuld, considerato “il padre della tavoletta ouija” o quantomeno colui che la fece diventare famosa, morì nel 1927 cadendo dal tetto della sede dell’azienda di Harford, sempre nel Maryland: secondo quanto aveva raccontato lui stesso, era stata proprio una tavoletta a indicargli di costruire quella fabbrica dieci anni prima.