• Mondo
  • Mercoledì 27 marzo 2024

La Repubblica Dominicana vorrebbe stare più lontano possibile da Haiti

Anche se i due paesi condividono la stessa isola, i dominicani stanno facendo di tutto per evitare che la crisi di Haiti si estenda anche dalla loro parte, e stanno velocizzando la costruzione di un muro di confine

Migranti haitiani deportati dalla Repubblica Dominicana su un mezzo blindato, il 18 marzo 2024
Migranti haitiani deportati dalla Repubblica Dominicana su un mezzo blindato, il 18 marzo 2024 (AP Photo/Ricardo Hernandez)
Caricamento player

La gravissima crisi che da inizio marzo ha colpito Haiti, dove le bande armate hanno preso il controllo di buona parte della capitale e il governo è stato costretto ad annunciare le dimissioni, sta provocando un grosso dibattito anche nella vicina Repubblica Dominicana, che teme un forte afflusso di migranti haitiani che scappano dalle violenze. Per questo il governo del presidente dominicano Luis Abinader sta velocizzando i lavori per la costruzione di un muro di confine, con l’intento di impedire agli haitiani di entrare illegalmente in Repubblica Dominicana.

Haiti e Repubblica Dominicana si dividono l’isola di Hispaniola, una grande isola nel mar dei Caraibi, e pur essendo due paesi geograficamente interdipendenti sono assai diversi dal punto di vista storico, culturale e soprattutto economico. Ad Haiti si parla il creolo haitiano, una lingua che discende dal francese, nella Repubblica Dominicana lo spagnolo. Haiti ha una cultura orgogliosamente nera, mentre la Repubblica Dominicana si presenta come un paese bianco e cattolico. Soprattutto, la Repubblica Dominicana è molto più benestante di Haiti, pur non essendo un paese ricco in termini assoluti.

La Repubblica Dominicana è una delle economie più vivaci e maggiormente in crescita dell’America Latina, con un PIL per persona che è passato dai 3.200 dollari del 1994 agli 8.700 dollari di oggi. Il PIL per persona di Haiti, se aggiustato all’inflazione, è invece piatto da vent’anni, attorno ai 1.300 dollari: sei volte meno del paese vicino.

Questo enorme divario culturale e soprattutto economico ha reso molto spesso complicati i rapporti tra i due paesi: oltre un milione di haitiani vivono nella Repubblica Dominicana (su 11 milioni di popolazione totale), e spesso svolgono lavori estremamente umili e subiscono varie forme di discriminazione. Soprattutto negli ambienti più conservatori del paese, molti ritengono che il grande afflusso di migranti haitiani possa modificare o diluire la cultura dominicana.

Il trattamento che la Repubblica Dominicana riserva agli immigrati haitiani è da sempre molto duro, e da anni il governo mette in atto espulsioni di massa, al punto che in più di un’occasione le Nazioni Unite hanno criticato il paese per le sue pratiche ritenute non rispettose dei diritti umani. Nel 2023 la Repubblica Dominicana ha espulso verso Haiti 225 mila persone.

La crisi delle ultime settimane però ha peggiorato ulteriormente la situazione. Dall’inizio di marzo ad Haiti un’alleanza di bande criminali si è rivoltata contro il governo, ha assaltato le stazioni della polizia, l’aeroporto e le prigioni e ha costretto il presidente Ariel Henry alle dimissioni. Migliaia di haitiani hanno lasciato le proprie case e questo ha fatto nascere nella Repubblica Dominicana un dibattito piuttosto intenso sull’opportunità di accogliere o meno le migliaia di persone haitiane che stanno cercando di sfuggire alla violenza. Per ora il governo sembra deciso a respingere gli haitiani, e ha inviato centinaia di soldati verso il confine, alcuni dei quali dotati di droni e altri mezzi di ricerca.

Soprattutto, il presidente Abinader ha velocizzato i lavori di completamento del muro di confine che divide i due paesi, e ha promesso che, se vincerà le prossime elezioni presidenziali che si terranno a maggio, completerà il muro il prima possibile.

Guardie di frontiera davanti a una porzione già costruita del muro di confine a Dajabon, nel settembre del 2023

Guardie di frontiera davanti a una porzione già costruita del muro di confine a Dajabon, nel settembre del 2023 (EPA-EFE/ Orlando Barría via ANSA)

Abinader aveva annunciato la costruzione di un muro fortificato lungo i 392 chilometri di confine due anni fa, ma per molto tempo i lavori sono proseguiti lentamente. La crisi ad Haiti potrebbe renderne più rapida la realizzazione, nonostante numerose polemiche attorno al progetto: i critici dicono che la costruzione del muro sia un atto soprattutto simbolico, perché il confine tra Haiti e Repubblica Dominicana è lunghissimo e un muro non adeguatamente sorvegliato non è sufficiente a trattenere i migranti o i traffici illegali. È quello che è successo per esempio con il muro tra gli Stati Uniti e il Messico: l’amministrazione americana dell’ex presidente Donald Trump costruì più di 700 chilometri di muro, in parte sostituendo vecchie barriere, ma questo non ha fermato i migranti.

Inoltre la costruzione del muro potrebbe inasprire i rapporti bilaterali, che sono storicamente piuttosto tesi.

Le storie di Haiti e della Repubblica Dominicana sono profondamente intrecciate tra loro e determinate dal colonialismo europeo. Nel Diciottesimo secolo Francia e Spagna combatterono aspramente per il dominio dell’isola di Hispaniola, al punto che il fiume Dajabón, che costituisce buona parte del confine attuale tra i due paesi, è noto anche come fiume del Massacro, in ricordo dei massacri che avvenivano nei secoli scorsi tra colonizzatori spagnoli e francesi. Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento Francia e Spagna si accordarono per dividersi l’isola: Haiti, la colonia francese, era la più ricca delle due, perché la sua economia era basata sulla schiavitù e sulla coltivazione intensiva di canna da zucchero.

Nel 1804 gli schiavi di Haiti organizzarono una rivolta e riuscirono a cacciare i dominatori coloniali francesi: fondarono la prima repubblica nera e abolizionista del mondo, che immediatamente ricevette enorme ostilità dalla Francia e da tutti i paesi colonialisti europei (cioè tutti i paesi europei, al tempo). La Repubblica Dominicana, invece, dichiarò l’indipendenza dalla Spagna decenni più tardi, alla metà dell’Ottocento, nel contesto di un complessivo processo di decolonizzazione della regione.

Entrambi i paesi rimasero piuttosto poveri fino agli anni Sessanta del Novecento, quando le rispettive economie cominciarono a differenziarsi, soprattutto grazie alla scelta della Repubblica Dominicana di investire molto sul turismo internazionale. Oggi Haiti è un paese estremamente povero, in cui una parte consistente della popolazione vive ancora grazie a un’economia di sostentamento, mentre la Repubblica Dominicana è un paese non ricco, ma molto più benestante e stabile.

Anche davanti alla terribile crisi di Haiti, nella Repubblica Dominicana l’establishment politico sembra comunque unanime nella decisione di respingere eventuali profughi. A maggio si terranno le elezioni politiche, in cui saranno rinnovati il presidente e buona parte del parlamento, e Leonel Fernández, il principale avversario del presidente Abinader, ha già detto che proseguirà il lavoro e completerà la costruzione del muro fortificato di confine.