Dopo l’incidente ferroviario di Brandizzo è cambiato poco o niente

Le norme di sicurezza sono le stesse, non sono stati introdotti nuovi strumenti tecnologici e i manutentori dicono che la pressione sul lavoro è aumentata

I binari della stazione di Brandizzo dove nell'agosto del 2023 sono morti cinque operai
I binari della stazione di Brandizzo dove nell'agosto del 2023 sono morti cinque operai (ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)
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Come dopo ogni grave incidente sul lavoro, anche dopo la morte di cinque operai investiti da un treno a Brandizzo, vicino a Torino, sindacati e politici chiesero un aumento delle misure di sicurezza, norme più severe, strumenti tecnologici e più controlli per evitare nuove stragi in un settore piuttosto rischioso: la manutenzione delle infrastrutture ferroviarie. Nonostante gli appelli, sette mesi dopo l’incidente avvenuto nella notte tra il 30 e il 31 agosto sia i sindacati che diversi manutentori dicono che i cambiamenti sperati non ci sono stati: le procedure di sicurezza sono identiche così come l’organizzazione del lavoro e la pressione nei confronti dei lavoratori.

A Brandizzo gli operai della ditta esterna Si.Gi.Fer iniziarono a lavorare sui binari prima dell’inizio dell’interruzione programmata, ovvero senza la sospensione del passaggio dei treni sulla linea ferroviaria. L’inchiesta è ancora in corso. La procura di Ivrea ha indagato Andrea Girardin Gibin, caposquadra della Si.Gi.Fer, e Antonio Massa, il tecnico di Rete Ferroviaria Italiana (RFI) addetto al cantiere in cui lavoravano gli operai. Massa è accusato di omicidio plurimo e disastro ferroviario. Secondo la procura sarebbe stato lui a consentire alla squadra di operai di iniziare a lavorare sui binari prima di ricevere la conferma dell’interruzione della circolazione dalla responsabile della sala operativa di Chivasso (Torino).

Lo scorso ottobre RFI ha licenziato Massa. Il sindacato Filt-Cgil ha impugnato il licenziamento. Alla fine di novembre la procura ha esteso le indagini non solo a chi era presente la notte tra il 30 e il 31 agosto 2023, ma anche a due dirigenti di RFI: sono stati perquisiti gli uffici di Torino e Roma alla ricerca di documenti riguardanti più in generale le modalità di lavoro e le misure di sicurezza adottate nei cantieri ferroviari.

Le norme di sicurezza previste dall’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (ANSFISA) prevedono che le squadre di manutentori debbano comunicare la loro presenza almeno un’ora prima dell’inizio dei lavori a chi regola la circolazione, cioè al dirigente di movimento o al dirigente della centrale operativa. I dirigenti prendono in carico la richiesta e successivamente comunicano alla squadra di operai l’inizio dell’interruzione che dà il via ai lavori.

La comunicazione avviene con una telefonata registrata in cui chi regola la circolazione legge e detta le informazioni alla cosiddetta scorta, un manutentore di RFI che sorveglia i lavori. Nel caso di Brandizzo la scorta era Antonio Massa. La scorta compila sotto dettatura il modulo (identificato con la sigla M. 40) e successivamente rilegge tutto al dirigente da cui ha ricevuto le informazioni. Infine i due si scambiano l’orario di trasmissione e il codice di registrazione del messaggio. In questo modo tutte le comunicazioni non possono perdersi.

L’inchiesta dovrà accertare se l’incidente di Brandizzo sia riconducibile a una specifica responsabilità delle persone indagate o se parte della colpa sia di come è organizzato il sistema delle manutenzioni e quindi del contesto in cui gli operai lavorano. Molti manutentori sentiti dal Post sostengono che lo stesso incidente sarebbe potuto capitare ovunque e a chiunque, perché il comportamento della scorta e della squadra di operai – comunque ancora da accertare – è il risultato di pressioni che non favoriscono il rispetto delle misure di sicurezza.

Uno dei problemi più sentiti riguarda lo scarso tempo a disposizione per portare a termine i cantieri dovuto al traffico ferroviario. Anche nel caso delle interruzioni programmate con largo anticipo, infatti, la rete ferroviaria è satura e spesso le squadre devono affrontare imprevisti.

Capita per esempio che ci siano treni in ritardo o esigenze improvvise che limitano il tempo di intervento. I lavori più semplici sono anche quelli più a rischio di sottovalutazioni. «Il comportamento dei colleghi al lavoro a Brandizzo non viene dalla luna, ma è la conseguenza delle richieste di produzione», dice Alberto Russo del sindacato di base Cobas. «Se lavori in una situazione in cui devi preparare i binari prima dell’interruzione programmata perché c’è poco tempo vengono meno le condizioni di sicurezza. È un rischio. In questo settore non esistono comportamenti che non siano generati da un contesto».

Russo dice che già poche ore dopo l’incidente di Brandizzo i manutentori di RFI avevano discusso e individuato le cause senza conoscere i dettagli dell’accaduto perché molti di loro si erano ritrovati nella stessa situazione di Massa. «È brutto dirlo, ma è una lotteria», continua. «Purtroppo da diversi anni si fa poca manutenzione preventiva e bisogna intervenire in emergenza. La priorità è far passare i treni, serve essere soprattutto veloci e la situazione continua a peggiorare».

Negli ultimi mesi non sono state introdotte nuove tecnologie per garantire più sicurezza: i manutentori non hanno ancora a disposizione strumenti per conoscere in tempo reale la circolazione dei treni. In passato erano stati fatti alcuni esperimenti, tuttavia le comunicazioni avvengono ancora con moduli scritti e dettati al telefono, con una conseguente perdita di tempo.

Soprattutto, non c’è stata una riduzione del traffico ferroviario e quindi una maggiore possibilità di interrompere la circolazione. In alcune regioni, in particolare nelle regioni del Nord-Est, c’è stato un significativo aumento del traffico merci. «L’infrastruttura è al limite, non ce la fa più a sopportare questa pressione», dice un manutentore che ha chiesto di rimanere anonimo per evitare ripercussioni.

Secondo Giuseppe Santomauro, segretario regionale della Filt-Cgil del Piemonte, la situazione continuerà a peggiorare se la rete continuerà a essere sempre più carica di treni, come avvenuto negli ultimi mesi. «Così diventa complicato trovare spazi per la manutenzione, con meno garanzie di sicurezza», dice. «Le modalità usate finora si sono dimostrate non troppo sicure: l’integrazione di nuovi strumenti tecnologici sarebbe sicuramente gradita. Finora non è successo».

Durante un’audizione della commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia di fine febbraio, l’amministratore delegato di RFI Gianpiero Strisciuglio ha dato alcuni numeri interessanti sull’attività di manutenzione, sulla sicurezza e sui controlli. Negli ultimi due anni ci sono stati in media oltre mille cantieri attivi ogni giorno di cui molti programmati con molto anticipo per limitare l’impatto sulla circolazione e garantire più sicurezza. Nel 2023 l’indice di frequenza degli infortuni (il numero di infortuni rapportato alle ore lavorate) è stato il più basso dal 2014 escluso il 2020, anno condizionato dalle restrizioni dovute alla pandemia. Anche l’andamento degli infortuni dei lavoratori delle imprese appaltatrici è in calo.

I controlli sono stati 2.200 di cui circa 588 a sorpresa, la modalità che consente di individuare comportamenti scorretti come l’inizio dei lavori prima dell’interruzione. I controlli degli ispettori del lavoro e degli operatori delle aziende sanitarie sono stati invece solo 60 in tutta Italia. Stefano Malorgio, segretario nazionale della Filt Cgil, riconosce una maggiore attenzione al tema della sicurezza in RFI. «Dopo l’incidente di Brandizzo l’impressione è che sia cresciuta», dice. «È soltanto una nostra impressione perché per poter avere delle certezze bisogna avere dati concreti che si possono valutare solo dopo un certo periodo di tempo: noi potremo farlo grazie al nostro osservatorio sulla sicurezza. Il punto critico, però, è che continua a esserci una forte pressione sul sistema infrastrutturale italiano».

Una delle novità introdotte è l’accordo tra RFI e i sindacati confederali sui nuovi orari di lavoro dei manutentori. La modifica prevede un’estensione dei turni per coprire tutte le 24 ore per tutti i giorni della settimana: in questo modo l’azienda potrà organizzare più interventi di manutenzione durante le 24 ore e coordinare meglio il lavoro tra il personale di RFI e quello delle aziende esterne a cui vengono affidati i cantieri più complessi. Attualmente il personale interno viene impiegato in orari e turni non convenzionali, comunicati con scarso preavviso, ma con vantaggi economici per i dipendenti. Oltre a estendere l’orario degli interventi, la nuova organizzazione consente a RFI di contenere i costi.

Il nuovo accordo è stato firmato dai sindacati confederali – Cgil, Cisl e Uil – e contestato dai sindacati di base che si sono mobilitati attraverso un’assemblea permanente per opporsi alle nuove regole. Mercoledì 13 marzo è stato organizzato uno sciopero e una manifestazione a Roma a cui hanno partecipato 500 persone, una delle mobilitazioni più significative degli ultimi anni. Oltre 2.500 ferrovieri hanno scritto una lettera per denunciare le conseguenze dell’accordo, che secondo loro «smantella tutte le tutele contrattuali su orari, nastri di lavoro e riposi giornalieri e settimanali ed erode le tutele normative su salute e sicurezza incidendo pesantemente sulla gestione della vita privata e sociale dei lavoratori». L’accordo è stato firmato a livello nazionale, ma per diventare operativo deve essere condiviso anche dalle organizzazioni sindacali in ogni regione.