Giorgia Meloni in Abruzzo si gioca molto

Un'altra sconfitta dopo la Sardegna confermerebbe le difficoltà della destra raccontate con enfasi in queste settimane, anche perché stavolta il candidato è particolarmente vicino alla presidente del Consiglio

Giorgia Meloni durante il comizio conclusivo della campagna elettorale abruzzese della destra, a Pescara, il 5 marzo 2024 (Elena Vizzoca/Ansa)
Giorgia Meloni durante il comizio conclusivo della campagna elettorale abruzzese della destra, a Pescara, il 5 marzo 2024 (Elena Vizzoca/Ansa)
Caricamento player

Le elezioni regionali in Abruzzo di domenica 10 marzo si sono andate caricando di un valore politico che va oltre alla scelta – comunque importante – del nuovo presidente della regione. Il voto arriva due settimane dopo le regionali della Sardegna, in cui ha vinto la candidata di centrosinistra Alessandra Todde e che sono state raccontate con grande enfasi come un primo segnale di difficoltà per la coalizione di governo e la sua leader, Giorgia Meloni. Una vittoria della destra in Abruzzo consentirebbe alla presidente del Consiglio di smentire questa lettura e consolidare il proprio consenso in vista delle elezioni europee di inizio giugno. In caso contrario, verrebbe alimentata ulteriormente la narrativa della destra in difficoltà, e probabilmente le ostilità sempre meno sotterranee tra Fratelli d’Italia e la Lega di Matteo Salvini finirebbero per esasperarsi.

Il voto in Abruzzo ha alcune analogie con quello sardo. Anche in questo caso, la regione viene da cinque anni di governo della destra, e anche in questo caso il candidato presidente è un esponente di Fratelli d’Italia che ha come avversario un candidato espressione di un’ampia coalizione di centrosinistra. Anche l’Abruzzo, come la Sardegna, è inoltre una regione che premia l’alternanza: da quando è stata introdotta l’elezione diretta del presidente, nel 1993, nessuno è mai stato riconfermato alla guida della regione.

Se in Sardegna la scelta del candidato di Fratelli d’Italia Paolo Truzzu era stata di fatto imposta da Meloni a seguito di un lungo scontro con i suoi alleati, in Abruzzo invece la ricandidatura di Marco Marsilio, presidente della regione uscente eletto nel 2019, è stata decisa senza grossi problemi, anche sulla base del vantaggio di 4-5 punti percentuali che gli davano alcuni sondaggi fino a poche settimane fa (la legge italiana impedisce di pubblicare sondaggi nei 15 giorni precedenti al voto). Proprio questo scenario, però, renderebbe più difficile ridurre un’eventuale sconfitta della destra alla sola dimensione locale: soprattutto per Meloni, visto che Marsilio ha un ruolo rilevante e storico in Fratelli d’Italia, ed è uno dei dirigenti a cui Meloni è stata per anni particolarmente legata, molto più di Truzzu. Perciò se Marsilio dovesse andare male ne risentirebbero di conseguenza anche Fratelli d’Italia e la sua leader.

Tanto più che l’Abruzzo è considerato da alcuni anni un “feudo” della destra di Meloni, un territorio dove il suo partito ha molta influenza e larghi consensi. L’Aquila, nel 2017, è stata il primo capoluogo di regione a eleggere un sindaco di Fratelli d’Italia, Pierluigi Biondi, rieletto nel 2022. Marsilio è stato il primo presidente di regione del partito. E non a caso Meloni alle elezioni politiche del 25 settembre 2022 ha scelto di candidarsi alla Camera nel collegio uninominale di L’Aquila e Teramo, risultando eletta con oltre 104mila voti.

Anche per questo la mobilitazione del governo in vista delle elezioni di domenica prossima è stata cospicua. È consuetudine che i membri del governo s’impegnino anche nelle elezioni locali importanti, e nelle ultime settimane diversi ministri sono andati in Abruzzo, in questo caso però accompagnati da annunci altisonanti. Il ministro della Sanità Orazio Schillaci ha firmato un accordo col presidente Marsilio per destinare nel complesso 60 milioni di euro alla ristrutturazione dell’ospedale di Chieti. Il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha anticipato un annuncio che la Commissione Europea potrebbe fare nei prossimi giorni, promettendo un investimento di 50 milioni per il Centro spaziale del Fucino, all’Aquila, della società Telespazio.

C’è poi il potenziamento della linea ferroviaria Roma-Pescara, un progetto di cui si parla da decenni e che ha l’obiettivo di ridurre i tempi di percorrenza da oltre tre ore e mezza a circa due ore. Nel PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza con cui l’Italia si è impegnata a realizzare investimenti e riforme per ricevere dall’Unione Europea quasi 200 miliardi entro giugno 2026, erano previsti 620 milioni per quest’opera. Il governo aveva poi deciso di rimuoverli, per via di lentezze che rischiavano di non far centrare l’obiettivo entro la scadenza concordata con la Commissione Europea.

Giovedì scorso il governo, tramite il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS), ha approvato l’assegnazione di 720 milioni per avviare i lavori di potenziamento della linea su alcune tratte. Sono soldi  prelevati dal Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), cioè lo strumento con cui il governo italiano utilizza risorse proprie e dell’Unione Europea per finanziare progetti nelle aree più svantaggiate del Paese. Marsilio era presente alla riunione del CIPESS, e ha subito rivendicato il risultato dicendo che quelli per la Roma-Pescara, sommati ad altri finanziamenti approvati contestualmente dal governo per la sua regione, «sono 950 milioni che piovono sull’Abruzzo per realizzare un’infrastruttura che da almeno mezzo secolo aspettava di essere messa in campo». In realtà è un passaggio molto preliminare dell’opera che riguarda due brevi tratti della linea.

Anche se di poca sostanza, Salvini e Meloni hanno bisticciato un po’ per rivendicare l’annuncio come una propria iniziativa, nel tentativo di usarlo in chiave elettorale. Salvini è direttamente coinvolto, essendo ministro dei Trasporti. Già nei giorni prima della riunione del CIPESS si era impegnato pubblicamente per trovare finanziamenti alternativi per la Roma-Pescara, dopo che proprio i ritardi generati da alcune strutture del suo ministero avevano contribuito all’esclusione dell’opera dal PNRR. E così, subito dopo la conclusione della riunione del CIPESS e prima ancora che Meloni desse l’annuncio ufficiale, lo staff di Salvini ha scritto in un comunicato che la delibera adottata dal Comitato era «un passo fondamentale per il celere avvio dei lavori sulla direttrice così come auspicato dal vicepremier e ministro Matteo Salvini».

Giorgia Meloni con il presidente della Regione Abruzzo e candidato, Marco Marsilio, durante il comizio di chiusura della campagna elettorale per le elezioni regionale in Abruzzo, Pescara, il 5 marzo 2024 (Filippo Attili/ANSA)

È un sintomo di una tensione tra i due che riflette, così come era accaduto in Sardegna, i conflitti tra gli esponenti locali dei loro partiti. La Lega, e in parte anche Forza Italia, si lamentano infatti della scarsa collegialità con cui Marsilio governa fin dai primi mesi del suo mandato, soprattutto per quanto riguarda le nomine nel settore sanitario e nei posti di maggior rilievo delle società partecipate della regione.

Dal 2021 la Lega ha perso voti e compattezza, in Abruzzo: dei 10 consiglieri eletti nel 2019, in sei hanno abbandonato il partito, aderendo a Forza Italia e Fratelli d’Italia. Due defezioni hanno fatto più rumore delle altre, quelle dei due assessori indicati dalla Lega (erano quattro in totale): l’assessore all’Urbanistica, Nicola Campitelli, nell’agosto scorso lasciò la Lega e ora è candidato con Fratelli d’Italia; l’assessora alla Salute, Nicoletta Verì, ha annunciato l’uscita dal partito a gennaio per poi candidarsi nella lista “Marsilio presidente”.

Tutto ciò preoccupa molto i dirigenti locali della Lega, che adesso temono che il partito finisca non solo dietro a Fratelli d’Italia, ma anche a Forza Italia, risultato che sarebbe per loro disastroso. Insomma, i rapporti tra i leghisti abruzzesi e Marsilio non sono buoni, così come non lo erano quelli tra i leghisti sardi e Truzzu.

Truzzu di fatto si era candidato al posto del presidente uscente Christian Solinas, espresso dalla Lega, e questo aveva reso i dirigenti locali della Lega piuttosto freddi nei suoi confronti, cosa che probabilmente ha influenzato in qualche modo l’elettorato leghista: non è un caso che il voto disgiunto (cioè la possibilità di esprimere preferenze per un partito e il candidato presidente dell’altro schieramento) sia risultato decisivo nel determinare la sconfitta di Truzzu (arrivata alla fine per pochissimi voti, circa 1.600).

A differenza della Sardegna in Abruzzo non è consentito il voto disgiunto, ma è anche vero che in Abruzzo il centrosinistra si presenta ancor più compatto di quanto non fosse in Sardegna. L’avversario di Marsilio sarà infatti Luciano D’Amico, ex rettore dell’Università di Teramo, sostenuto da Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e anche dai partiti centristi di Carlo Calenda e Matteo Renzi, Azione e Italia Viva. In Sardegna Azione e Italia Viva avevano appoggiato la candidatura di Renato Soru, che era stato presidente della regione con il Partito Democratico, e rischiava di far perdere Todde sottraendole voti.