La polemica per i discorsi pro Palestina alla Berlinale

Diversi politici tedeschi si sono lamentati col festival del cinema di Berlino dopo che alcuni vincitori avevano condannato le violenze di Israele nella Striscia di Gaza

I giornalisti Yuval Abraham e Basel Adra durante il loro discorso di accettazione del premio per il miglior documentario (EPA/CLEMENS BILAN)
I giornalisti Yuval Abraham e Basel Adra durante il loro discorso di accettazione del premio per il miglior documentario (EPA/CLEMENS BILAN)

Da qualche giorno il Festival del cinema di Berlino, la Berlinale, è al centro di una polemica in Germania, dopo che diversi politici tedeschi, tra cui il sindaco della città Kai Wegner e la ministra per la Cultura Claudia Roth, hanno criticato duramente autori e registi per essersi espressi contro Israele.

Durante la premiazione che si è svolta sabato, infatti, diversi attori e registi hanno usato i loro discorsi di accettazione dei premi per esprimere sostegno alla popolazione palestinese, che da ottobre è assediata dall’esercito israeliano nella Striscia di Gaza, e altri hanno accusato Israele, che in quattro mesi ha ucciso circa 30mila palestinesi, in gran parte civili, di star compiendo un genocidio.

Nonostante non siano stati gli unici a farlo, si è parlato in particolare dei discorsi fatti da due giornalisti, il palestinese Basel Adra e l’israeliano Yuval Abraham, che hanno vinto il premio per il miglior documentario per No Other Land, un film sull’espulsione dei palestinesi dalla Cisgiordania da parte dei coloni israeliani, girato insieme ad altri registi palestinesi e israeliani. Nel suo discorso Adra ha detto che Israele sta «massacrando» la popolazione palestinese e ha esortato la Germania a smettere di fornire armi a Israele. Parlando subito dopo, Abraham ha denunciato la «situazione di apartheid» del popolo palestinese, ricordando come il collega, Adra, non goda degli stessi diritti di voto e della stessa libertà di movimento, nonostante i due vivano a 30 minuti di distanza. Ha poi fatto un appello per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e per una «soluzione politica per porre fine all’occupazione». Il loro discorso è stato applaudito in modo entusiasta solo da una parte della sala.

Un altro caso è stato quello del regista statunitense Ben Russell, premiato per il film Direct Action insieme al francese Guillaume Cailleau, che è salito sul palco indossando una kefiah, il copricapo usato anche come sciarpa e considerato un simbolo della Palestina, e ha accusato Israele di genocidio.

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Molti politici, sia dell’opposizione che della maggioranza, hanno duramente criticato questi discorsi e hanno accusato le giurie di aver voluto dare un’impronta politica al festival. Il sindaco conservatore di Berlino, Kai Wegner, che fa parte del principale partito di centrodestra, l’Unione Cristiano-Democratica (CDU), ha scritto su X (Twitter): «Quello che è successo ieri alla Berlinale è una relativizzazione intollerabile. L’antisemitismo non ha posto a Berlino, e questo vale anche per la scena artistica. Mi aspetto che la nuova direzione della Berlinale faccia in modo che tali incidenti non si ripetano». Nei tweet successivi, Wegner ha aggiunto che «la piena responsabilità per le profonde sofferenze in Israele e nella Striscia di Gaza è di Hamas».

Per via della sua storia e della rielaborazione collettiva fatta sulla Shoah, il dibattito su Israele e Palestina in Germania è per molti versi diverso da quello che si è sviluppato in Italia o in altri paesi occidentali: la difesa di Israele è più trasversale e condivisa anche da alcuni esponenti della sinistra. Il governo tedesco, composto dal Partito Socialdemocratico (SPD) di centrosinistra, dai Verdi e dal Partito Liberale Democratico (FDP), è ancora fortemente schierato con Israele, a differenza dei governi di altri paesi che, chi prima e chi dopo, hanno avanzato critiche per la violenza con cui sta conducendo l’invasione nella Striscia.

Guillaume Cailleau (a destra) e Ben Russell (a sinistra) con addosso una kefiah ricevono il premio di miglior film per la giuria Encounters (Monika Skolimowska/dpa)

Guillaume Cailleau (a destra) e Ben Russell (a sinistra) ricevono il premio come miglior film per la giuria Encounters (Monika Skolimowska/dpa)

Alcuni politici dell’opposizione hanno chiesto le dimissioni della ministra per la Cultura Claudia Roth, del partito dei Verdi, sostenendo che sia responsabile dei commenti fatti sul palco, nonostante i premi siano assegnati da giurie indipendenti e internazionali.

Lunedì Roth ha risposto alle critiche definendo le affermazioni dei vincitori «scioccamente unilaterali e caratterizzate da un profondo odio nei confronti di Israele» e aggiungendo che la mancanza di una menzione dell’attacco terroristico di Hamas sia stata «inaccettabile». Altri esponenti del governo hanno fatto dichiarazioni simili. Helge Lindh, deputato dell’SPD, ha detto al quotidiano Die Welt di «vergognarsi di vedere persone nel mio paese che applaudono alle accuse di genocidio contro Israele». Il deputato dei Verdi Konstantin von Notz ha detto che alla Berlinale c’è stata una «perfida inversione» del popolo ebraico «dallo status di vittime a quello di carnefici». Un politico dell’FDP, che fa parte della coalizione di governo, ha proposto di ritirare i finanziamenti statali al festival, che rappresentano circa un terzo del suo budget totale.

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In una dichiarazione inviata all’Agence France-Presse, la direzione della Berlinale ha detto che quelle dei registi erano «opinioni individuali e indipendenti» e che «non rappresentano in alcun modo» quelle del festival, ma che dovrebbero essere «accettate» purché «rispettino il quadro legale». Ha però aggiunto che «comprende l’indignazione» suscitata dalle osservazioni «ritenute troppo di parte» fatte durante la cerimonia di premiazione.